Tumori cerebrali, valutazione neuropsicologica
I tumori del sistema nervoso centrale rappresentano una classe di patologie molto vasta, per semplicità possiamo innanzitutto distinguere fra:
- tumori primitivi del sistema nervoso centrale che quindi originano dalle cellule che compongono il sistema nervoso centrale, comprendiamo per questi ad esempio i meningiomi o i gliomi
- tumori secondari che originano in altri organi e si localizzano in forma secondaria al sistema nervoso centrale, abbiamo fra questi ovviamente le metastasi
La classificazione di questi tumori è cambiata negli anni, un tempo era basata soprattutto sull’aspetto istologico, quindi sul tipo cellulare, sul grado di differenziazione, quindi sulla presenza di cellule più o meno indifferenziate, e sul tasso di replicazione, quindi sulla tendenza del tumore a crescere, quindi sul numero di mitosi.
Negli anni il modo di classificare tumori cerebrali è profondamente cambiato, e l’introduzione di nuove tecniche come l’immunoistochimica e soprattutto la diagnostica molecolare, ci permettono oggi di caratterizzare molto meglio il tumore studiando l’espressione di particolari molecole che possono essere oltre che utili per la diagnosi possono essere strumenti e bersagli estremamente importanti per le terapie.
Per quanto riguarda le manifestazioni cliniche associate ai tumori del sistema nervoso centrale, queste possono essere molto variabili.
I sintomi di esordio possono infatti comprendere:
- crisi epilettiche e dovute quindi alla localizzazione del tumore e alla sua proprietà di alterare in qualche modo l’attività elettrica cerebrale, queste potranno essere delle crisi epilettiche parziali, generalizzate sono frequenti per i tumori, ad esempio che si localizzano in sede temporale
- possono essere sintomi aspecifici, dovuti all’effetto massa, all’effetto quindi dell’ipertensione endocranica, e questi sono ad esempio la cefalea, ma anche la confusione e il rallentamento
- può manifestarsi con una serie di segni e sintomi neurologici focali dovuti all’effetto diretto del tumore, quindi ad un effetto massa, una compressione sul parenchima cerebrale sano o ad un’infiltrazione di quest’ultimo, quindi alla penetrazione di cellule della neoplasia all’interno del tessuto sano. o Il tipo di sintomi è però molto variabile, questo dipende dalle dimensioni oltre che dalla sede del tumore, ad esempio un tumore in regione rolandica darà subito un deficit di forza come frequentemente darà segno di sé un tumore, ad esempio nell’emisfero dominante che interessi le aree del linguaggio. Frequenti possono essere ad esempio sintomi visivi per i tumori in sede occipitale, ma anche parietale e temporale. Al contrario altre localizzazioni tendono a dare meno segni di sé, ad esempio i tumori dell’emisfero destro generalmente tendono ad essere diagnosticati e a dare segni e sintomi più tardivamente
- fattori importanti sono ovviamente anche il tasso di crescita e il tipo di tumore.
- la risonanza magnetica è senza dubbio l’esame che meglio di tutti può rappresentare una neoplasia cerebrale mostrandoci bene il suo rapporto con le strutture cerebrali. Sono tuttavia necessarie anche altri esami spesso come
- l’elettroencefalogramma
- una TAC total body per identificare per esempio la natura eventualmente secondaria del tumore,
- esami ematici possono servire per la diagnosi differenziale di masse cerebrali che possono essere di cause diverse, per esempio pensiamo a cause infettive come gli ascessi.
- ultimo step per la diagnosi, fondamentale come abbiamo visto per gli esami di immunoistochimica e di molecolare e la biopsia, comunque l’esame istologico della massa che viene rimossa.
Per la diagnosi quindi insieme al dato clinico bisognerà ricorrere al supporto degli esami strumentali.
Per quanto riguarda la prognosi abbiamo detto che questa è legata a caratteristiche del tumore e a caratteristiche del paziente. Sicuramente, sono importanti:
- gli aspetti istopatologici e molecolari
- l’età del paziente sarà un fattore di rischio
- importante abbiamo detto soprattutto le dimensioni del tumore e la localizzazione. Queste sono estremamente importanti poiché uno dei criteri più importanti che più condizionano la sopravvivenza e l’estensione dell’asportazione cioè la possibilità di rimuovere completamente la massa tumorale. Quindi, dimensione e localizzazione saranno un aspetto estremamente importante che influenza la possibilità di avere una chirurgia radicale
Gli obiettivi devono essere:
- l’allungamento della sopravvivenza
- l’aumento del periodo libero da malattia
- ritardare o di ridurre al minimo la possibilità di una recidiva della patologia
- preservare la qualità della vita
Pertanto, bisogna agire per massimizzare l’asportazione chirurgica, preservando le funzioni neurologiche e cognitive. E vedremo che in questo aspetto il ruolo del neuropsicologo all’interno del team è fondamentale.
Scopo della valutazione neuropsicologica
Questa deve essere innanzitutto condotta in una fase preoperatoria, quindi dobbiamo valutare il paziente sotto il profilo cognitivo e comportamentale.
In questa fase si utilizzeranno dei test neuropsicologici standardizzati e lo scopo è avere una immagine complessiva, soprattutto oggettiva delle difficoltà mostrate dal paziente: valuteremo l’effetto della lesione e servirà per predire e per valutare il rischio di deficit post-operatorio.
Questa valutazione servirà, quindi verrà ripetuta dopo l’intervento per valutare e per avere quindi un confronto con il basale. È importante perché i deficit postoperatori possono essere frequenti, più della metà dei pazienti può avere un deficit cognitivo nuovo post-operatorio, ma nella maggior parte dei casi questi possono essere di disturbi soltanto transitori, che recuperano e in alcuni casi spontaneamente e in altri a seguire di trattamento riabilitativo nei mesi successivi.
Ed è quindi importante nel post-operatorio identificare quei disturbi nuovi, quei disturbi che non migliorano per i quali sarà importante impostare un trattamento riabilitativo.
Questo è estremamente importante perché i dati ci dicono che i sintomi cognitivi sono una fonte importante di compromissione della qualità della vita del paziente e quindi devono essere prontamente affrontati e trattati.
La valutazione sarà anche importante da ripetere durante il follow-up. Purtroppo, infatti, nella maggior parte dei pazienti la diagnosi non termina al momento della rimozione della massa, ma avremo delle necessità di sottoporre il paziente a terapie, ad esempio: chemioterapia, radioterapia e la valutazione cognitiva potrà avere anche il ruolo di valutare eventuali effetti indesiderati e complicanze di queste ultime, così come le complicanze e gli effetti collaterali dovute alla terapia farmacologica che in alcuni pazienti può essere molto corposa.
Vediamo quindi, gli strumenti che vengono utilizzati per la diagnosi, per la valutazione neuropsicologica al baseline. Non bastano in questa fase dei test di screening che assolutamente non sono sensibili abbastanza, non basta somministrare un test di screening per dire che il paziente è integro ma dobbiamo utilizzare un profilo di test che indaghi i diversi ambiti cognitivi, con più di un test possibilmente per ogni funzione.
Lo scopo della valutazione neuropsicologica quindi, preoperatoria ha anche degli obiettivi più precisi. Se ci troviamo di fronte a un paziente, ad esempio con deficit limitato un integro, ma per esempio che presenti una lesione in aree critiche, sarà importante procedere con un ulteriore step. Questo è la pianificazione e l’esecuzione di studi di Brain Mapping – con questo intendiamo degli studi che hanno lo scopo di mostrare il più chiaramente possibile i rapporti fra il tumore e le aree cerebrali che sono attive, necessarie quindi per lo svolgimento di determinati compiti.
Eseguire questo genere di studi prima dell’intervento chirurgico è estremamente importante per minimizzare il rischio di deficit postoperatori. E una volta eseguiti questi studi la scelta successiva sarà quindi quella se procedere o meno ad una chirurgia con il paziente sveglio, quindi intendiamo un intervento che viene condotto con il paziente sveglio, con il supporto del neuropsicologo e durante l’esecuzione di specifici task motori o cognitivi.
Il brain mapping
Il brain mapping può essere fatto in diversi modi con tecniche invasive che consiste quindi o nell’applicare degli elettrodi per la stimolazione subdurale o la registrazione direttamente a contatto con il parenchima cerebrale. E questi elettrodi ci permettono di stimolare, quindi di applicare una corrente in determinate aree cerebrali vedendone gli effetti, o al contrario di registrare, in questo caso di avere una registrazione che è un elettro-corticogramma (ECoG) ottenuto direttamente dalla registrazione della corteccia. Questo sarà soprattutto utile nell’operazione, per esempio negli interventi di pazienti con forme di epilessia.
È importante, tuttavia anche il brain mapping non invasivo, questo può essere fatto principalmente con la risonanza magnetica funzionale che ci permette di studiare l’attivazione in diverse aree cerebrali durante l’esecuzione di compiti.
Brain mapping non invasivo
Il brain mapping non invasivo con risonanza magnetica funzionale ha una serie di vantaggi:
- è una tecnica completamente non invasiva e ripetibile
- ha il vantaggio di mostrarci i pattern di attivazione di diverse aree corticali
- mostrarci la sostanza bianca e le aree sottocorticali
- un’applicazione estremamente utile è quella di ricostruire i fasci della sostanza bianca e di valutare con accuratezza i rapporti fra il tumore e questi fasci di fibre
I limiti di questa tecnica sono principalmente dovuti al fatto che è una tecnica operatore dipendente, quindi è richiesto un team o un neuropsicologo abile in grado di somministrare giusti protocolli durante i test di attivazione e allo stesso tempo un radiologo esperto in grado di analizzare correttamente i dati di trattografia.
Brain mapping invasivo
Se passiamo invece alle tecniche invasive dobbiamo parlare della stimolazione elettrica, questa viene fatta in sala operatoria e dopo aver effettuata una craniotomia che quindi espone direttamente il cervello del paziente.
Questa stimolazione viene applicata in specifiche aree con degli elettrodi durante l’esecuzione di compiti differenti. Quello che si ottiene e un’interferenza o un effetto, quindi durante l’esecuzione del compito. L’introduzione di questa tecnica è stata estremamente importante nella chirurgia dei tumori cerebrali, e infatti ha permesso di estendere le indicazioni chirurgiche a quelle aree che tipicamente erano per il chirurgo molto difficili e molto rischiose da operare, come le aree dell’emisfero dominante critiche per il linguaggio, poiché i rischi di procedere senza la guida della stimolazione elettrica sono estremamente elevati di creare dei deficit postoperatori.
- Proprio l’introduzione di queste tecniche ha permesso:
- rendere operabile neoplasie in queste aree
- massimizzare l’asportazione
- ridurre i deficit è postoperatori
In corso di mapping con stimolazione diretta possiamo avere diversi tipi di errori, sono stati descritti ed è importante riconoscerli poiché durante il monitoraggio del paziente andranno riconosciuti prontamente. Questi possono essere ad esempio:
- la disartria (difficoltà di articolazione) o l’arresto dell’eloquio
- errori fonologici, come ad esempio errori di trasposizione di fonemi, di sostituzione, di inserzione o di omissione
- errori sintattici
- errori semantici
- anomie, conduites d’approche, e circonlocuzioni
I test che vengono utilizzati per mappare il linguaggio sono diversi e comprendono generalmente dei task che valutano gli aspetti di produzione del linguaggio, ad esempio:
- contare, prove di fluenza verbale
- generazione di verbi
- denominazioni di oggetti e di azioni
Altri task valutano invece più gli aspetti di comprensione, ad esempio:
- test di lettura o comprensione di frasi
- ascolto di narrativa o ripetizione di parole e frasi
Gli studi che hanno utilizzato anche questi task durante la stimolazione diretta hanno evidenziato alcuni pattern generali, ad esempio è stato descritto che la stimolazione di regioni dell’opercolo, in generale di regioni frontali si associa più frequentemente alla disartria e all’arresto dell’eloquio. I dati ottenuti con la stimolazione cerebrale diretta sono estremamente interessanti per analizzare i modelli di organizzazione del linguaggio. Classicamente si fa riferimento a un modello che prevede due aree critiche, un’area frontale (area di Broca) e l’area di Wernicke invece è posteriore, queste avrebbero un ruolo diverso negli aspetti di produzione e di comprensione e inoltre è fondamentale un tratto di fibre che le connette che il fascicolo arcuato, importante per le prove di ripetizione.
Questa visione, anche se estremamente utile e largamente accettata risulta in un certo modo troppo semplicistica. I dati, soprattutto con risonanza magnetica, ma anche quelli ottenuti con la stimolazione diretta, hanno mostrato effettivamente che vi è un numero di aree maggiori più ampio che si attivano durante prove di linguaggio con i task che abbiamo visto nella diapositiva precedente. E i dati ottenuti con la risonanza negli ultimi anni e i dati ottenuti stimolando direttamente le aree cerebrali nell’emisfero dominante in pazienti, ad esempio sottoposti a chirurgia hanno fornito una quantità di dati nuovi che ha portato anche un avanzamento di questi modelli, ad esempio recentemente sono stati proposti una serie di modelli che prevedono anche per il linguaggio, ad esempio un’organizzazione a due vie, simile a quella descritta per l’analisi visiva.
E infatti, anche se esistono delle localizzazioni probabilistiche fra alcune aree e alcune funzioni cognitive, un elemento che è stato chiaramente dimostrato dagli studi con stimolazione diretta è che esista tuttavia un’ampia variabilità interindividuale nella localizzazione delle singole componenti.
Questa variabilità ovviamente, stiamo parlando di pazienti con neoplasie cerebrali e anche dovuta agli effetti diretti del tumore che può essere nelle immediate vicinanze di queste aree ed ovviamente a fenomeni di riorganizzazione, quindi di plasticità.
Un aspetto fondamentale che è stato dimostrato dagli studi di stimolazione è che a differenza della risonanza, che mostra abbiamo detto un numero di aree attive durante l’esecuzione di un compito, la stimolazione diretta ha il vantaggio di identificare le aree critiche, ovvero mentre la risonanza mostra tutte le aree attive durante l’esecuzione di un compito, la stimolazione diretta invasiva ci permette invece di valutare effettivamente il ruolo di quelle aree, e quindi di identificare solo soltanto le aree che hanno una funzione essenziale.
Infine, la correttezza di questo punto effettivamente è dimostrato dal fatto che i dati che otteniamo con il brain mapping di stimolazione mostrano una correlazione estremamente maggiore dei dati di risonanza funzionale con i deficit postoperatori, quindi questo per dire che il brain mapping di stimolazione diretta è praticamente quasi sempre indispensabile se vogliamo operare delle lesioni che si trovano in aree critiche.
Un altro aspetto importante è come abbiamo detto la valutazione dei fasci della sostanza bianca, questi possono essere studiati bene con la risonanza magnetica e quindi con le tecniche di DTI che permettono di ricostruire i fasci della sostanza bianca, tuttavia è importante sempre aggiungere ancora una volta il dato funzionale che la risonanza magnetica non è in grado di darci, quindi dovrà essere studiato con la stimolazione intraoperatoria.
fonte uninetuno
Dottore in Psicologia, Facilitatore in Mindfulness (ric. IPHM), Master DCA (Disturbi del Comportamento Alimentare), Master in Sessuologia Clinica, Master in Linguaggi della Psiche, Conoscitore in psicosomatica, Poeta, Studioso di filosofia e psicologia del profondo