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Ritorno a San Galgano

Sono passati 23 anni dalla mia prima visita a San Galgano, allora frequentavo la seconda media, era il 1997.

Oggi 8 Novembre 2020 torno con la mia famiglia in queste terre spirituali, allora vivevo la pubertà, oggi l’età adulta, eppure sono tornato qui, come se qualcosa di antico e immutabile (Per C.G. Jung è il Sé) cercasse un rispecchiamento nella pietra immobile e ferma di quest’abbazia.

La maestosità del genio umano che attende di esser scoperto e riscoperto

Raccoglimento, silenzio, pace, semplicità, stare a contatto con la natura, forse sono i tanti volti della motivazione che spinge molte persone a visitare questo luogo, quasi a spogliarsi metaforicamente dell’inutile, a riscoprire che in fondo per stare bene basta poco.

San Galgano fece una scelta analoga, scelta che poi è divenuta simbolo di questo luogo. Nel 1180 decise di abbandonare la vita mondana, era un cavaliere, per praticare la vita dell’eremita.

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Abbazia di San Galgano

Non occorre diventare eremiti, ma concederci un momento di stacco dalla frenesia della vita quotidiana è sicuramente salutare.

L’abbazia si erge in una landa aperta sul cui colle troviamo il monastero chiamato “Rotonda di Montesiepi” dove è presente la spada che San Galgano piantò nella pietra a formare quella croce simbolo del ritiro dalla vita mondana.

San Galgano infigge la spada nella roccia, Artù la estrae.

Radici di una psiche comune

È difficile trovare le parole giuste per descrivere l’emozione che si prova quando si cammina nei pressi dell’abbazia, un’emozione palpabile nei silenzi delle persone che camminano accanto a te; silenzio.

L’abbazia, è attivatore di energia psichica (simbolo), dona quiete, pace, catalizza la mente verso l’interno, interno comune che cerca pace nella gettatezza dell’esistere.

Le parole trasmettono
il segno che lascia
la pietra ferma

Pubblicato il
13 Novembre 2020
Ultima modifica
7 Dicembre 2020 - ora: 13:06
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