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La cura del desiderio di Massimo Recalcati
Festivalfilosofia 2020

Nell’edizione di Festivalfilosofia 2020 dedicata al rapporto uomo-macchina, Massimo Recalcati ci parla di come prenderci cura del proprio desiderio, al fine di uscire da ogni automatismo.

«Il desiderio è ciò che mi fa essere vivo, ma io non sono padrone del mio desiderio. Non ho un rapporto di padronanza sul mio desiderio, non sono io che ho il desiderio, io sono del desiderio. Il desiderio non è l’esito di una decisione. Io sono trascinato, sospinto, agito dal desiderio, ecco perchè il desiderio è inconscio, l’io non è proprietario del desiderio.

Potremmo dire che il desiderio appare quando l’io vacilla, inciampa, perde governo.
Il desiderio comporta sempre lo sconfinamento dal territorio conosciuto dell’io. Un’esperienza che porta con sé una certa quota di angoscia.

Il desiderio è un’intrusione nel campo identitario dell’io

Il desiderio mi oltrepassa. Disarciona il governo dell’io, ma al tempo stesso il desiderio, essendo mio, è sempre rivolto all’altro.
Il desiderio mi porta fuori dal mio io verso l’altro, spinge ad un’apertura, punta a possedere il desiderio dell’altro.
Il desiderio è desiderio di desiderio, non è desiderio di qualcosa.

Il desiderio è desiderio del segno del desiderio che io possa percepire nell’altro il segno del suo desiderio, che io possa essere per l’altro una mancanza.

Il bambino rispetto ai genitori chiede:
“Mi puoi perdere?”
“Puoi vivere senza di me?”.

Riconoscere significa dare valore all’altro, questo accade quando qualcuno parla e viene ascoltato. La parola acquista valore solo nella misura in cui è onorata dal silenzio, è l’ascolto che onora la parola, questa è la dialettica umana del desiderio.

Distinguere la soddisfazione del bisogno dalla soddisfazione del desiderio

Il desiderio viene dall’altro, non c’è desiderio se non attraverso la trasmissione del desiderio, il desiderio sorge sempre per contaminazione, la vita di un bambino è vita viva se è vita desiderata dal desiderio dell’altro.
Se la vita è stata vita attesa.

Quando la ricerca del riconoscimento del mio desiderio prevale sul mio desiderio proprio

Quando ho rincorso tutto la mia vita il riconoscimento del mio desiderio, ho fatto dipendere il mio desiderio dal riconoscimento dell’altro e ho perso di vista il mio vero desiderio.

Qual è il mio desiderio al di là del riconoscimento dell’altro?

Un adolescente non si soddisfa più nel riconoscimento del desiderio dell’altro che soddisfa il bambino. L’adolescente vuole un proprio modo di stare al mondo che non è più modello del desiderio dell’altro.
Esige il desiderio proprio, arrivare ad avere un proprio odore da ado-lescenza.

La nevrosi è una malattia del desiderio

Il desiderio proprio che si è sacrificato al desiderio dell’altro. C’è nevrosi ogni volta che la singolarità del nostro desiderio viene offerta in sacrificio al desiderio dell’altro.
Quello che Lacan chiama “l’altruismo permanente del nevrotico“.

La dimensione permanente sacrificale del desiderio della nevrosi, si offre come oggetto sacrificale del desiderio dell’altro.
Impegnarsi nella soddisfazione del desiderio proprio, senza incorrere nel riconoscimento del desiderio dell’altro non è perseguire una vita egoistica, è perseguire una via etica.
L’egoismo secondo Lacan è quando noi vogliamo che la misura del nostro desiderio, diventi la misura del desiderio dell’altro.

Il desiderio porta con sé un inquietudine

Dove c’è il desiderio l’equilibrio è rotto, il desiderio è la spinta che ci porta costantemente verso un nuovo oggetto che non abbiamo, manifestazione della nostra inquietudine che esige un continuo ricambio dei suoi oggetti.

Non c’è pace nel desiderio, lo scorrere da un oggetto all’altro alla ricerca dell’oggetto che renderebbe possibile un appagamento completo (metonimia della mancanza).
Un “cattivo infinito” direbbe Hegel, una maledizione senza mai arrivare a un punto di autentica realizzazione, una frustrazione perpetua.
Il desiderio diventa desiderio d’altro da ciò che ha, la versione nichilistica del desiderio, del desiderio che genera permanentemente insoddisfazione.
L’oggetto provoca la mancanza non la calma, il capitalismo ha sfruttato questo meccanismo.

Il desiderio non è solo metonomia, la metonomia del desiderio svuota la vita.
Si potrebbe contrapporre a questa rappresentazione una formula di Agostino:

La felicità in un essere umano consiste nel desiderare quello che si ha

Questa visione sgonfia il mito del nuovo, amare quello che si ha può avvenire ad una condizione: che quello che si ha resti nuovo.
Fare del nuovo una piega dello stesso, quello che ho deve apparire ogni volta nuovo.
Questo accade solo se al primo sguardo si ripete un altro primo sguardo. Questo è il miracolo dell’amore.

La trasgressione

Il desiderio pensiamo che abbia bisogno della legge per godere di sé.
La trasgressione della legge, raggiungere l’oggetto proibito dalla legge incendia il desiderio.
Il limite di ogni proibizionismo.
La legge che interdice l’accesso all’oggetto scatena il desiderio dell’oggetto interdetto.
Dovremmo capovolgere le cose, il desiderio non si nutre nella trasgressione non è antagonista alla legge.

Fare il bene significa fare del nostro desiderio una legge, essere coerente con questa legge è fare il bene.
Il desiderio è una legge.
Quando vengo meno a queste legge, mi ammalo, divengo nevrotico, mi separo dalla verità del mio desiderio.»

Massimo Recalcati

 

 

Pubblicato il
1 Ottobre 2020
Ultima modifica
1 Febbraio 2022 - ora: 06:03

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