Si riporta questo frammento della conferenza che, lo psichiatra e psicoanalista, Carl Gustav Jung tenne nell’ottobre del 1928, in occasione del Convegno dell’Associazione per la cooperazione intellettuale di Praga.
Il problema psichico dell’uomo moderno
«[…] E tanto per cominciare subito con l’immodestia, dirò che l’uomo che noi chiamiamo moderno, che vive dunque nel presente immediato, si trova su un’altura o ai confini del mondo: ha sopra di sé il cielo, e sotto di sé l’intera umanità, la cui storia si perde nella nebbia dei primordi; davanti a lui si apre l’abisso sconfinato del futuro.
Gli uomini moderni o, per meglio dire, gli uomini che vivono nell’immediato presente, sono pochi, poiché la loro esistenza esige la più alta coscienza di sé, coscienza estremamente profonda e vasta con un minimum d’incoscienza; giacché vive del tutto nel presente solo colui che si rende pienamente conto della sua esistenza d’essere umano.
Occorre comprendere chiaramente che non basta vivere attualmente per essere moderni, perché in questo caso ognuno oggi lo sarebbe, ma che lo è soltanto colui che è veramente consapevole del presente in cui vive.
Colui che raggiunge questo grado di coscienza è necessariamente un solitario. Il cosiddetto uomo “moderno” è in ogni tempo un solitario, poiché ogni passo che egli fa verso una conoscenza più alta e più vasta lo allontana sempre più dalla sua originaria e puramente animale participation mystique con la massa, e dall’essere immerso in un inconscio comune.
Ogni passo in avanti rappresenta una lotta per sradicarsi dal seno materno universale della primitiva incoscienza, in cui vive la grande massa del popolo. Perfino tra i popoli civilizzati gli strati psichici più bassi dell’inconscio si differenziano ben poco da quelli delle razze primitive.
Negli strati psichici successivi si raggiunge un livello di coscienza corrispondente agli inizi delle prime civiltà, mentre nei gradini più elevati il livello di coscienza corrisponde a quello degli scorsi secoli.
Solo l’uomo moderno, come noi lo intendiamo, vive nel presente, poiché egli solo possiede una coscienza attuale, e si rende conto che gli strati appartenenti ai precedenti livelli di vita sono superati e svaniscono sempre più; i loro valori e le loro aspirazioni non lo interessano ormai che da un punto di vista storico. Così egli diviene “astorico” nel senso più profondo della parola e si è anche estraniato dalla massa che vive del tutto immersa nella tradizione.
Egli si può considerare veramente moderno solo quando, raggiunto il margine estremo della vita, ha dietro di sé tutto quanto è caduto e superato, e avanti a sé il nulla, da cui tutto può sorgere.
Tali idee possono apparire così esagerate da sembrare banali, perché nulla è più facile che ostentare questa coscienza del presente. Sta di fatto che una moltitudine di persone insignificanti si dà l’aria d’essere moderna, saltando abusivamente i vari stadi di sviluppo, e i propri doveri vitali. Essi appaiono improvvisamente a lato del vero uomo moderno, come individui senza fondamenta, come veri vampiri, e discreditano la sua profonda e poco invidiabile solitudine.
Accade quindi che lo sguardo poco acuto delle masse non riconosca i rari veri uomini moderni del presente e li confonda con gli pseudomoderni. E non v’è nulla da fare; il moderno è in tutti i tempi sospetto e malfamato, come lo fu sempre, anche per l’addietro, cominciando da Socrate e da Gesù.
Il riconoscimento della propria modernità è una dichiarazione volontaria di fallimento, è un nuovo genere di voto di povertà e di continenza, è, cosa ancor più dolorosa ma sicura, la rinunzia all’aureola della santità, che la storia concede sempre, come segno della sua sanzione.
Essere “astorico”: ecco il peccato di Prometeo. L’uomo moderno pecca in questo senso. Il più alto grado di coscienza di sé stessi è quindi una colpa. Alla coscienza del presente può giungere, come ho già detto, solo colui che ha superato gli stadi di coscienza appartenenti al passato, in altri termini, colui che ha adempiuto in maniera dovuta i compiti che incontrò nel suo cammino.
Questi dovrebbe essere, nel vero senso della parola, un individuo virtuoso e “capace”, tanto da uguagliare e superare i suoi simili, il che lo metterebbe poi nelle condizioni di elevarsi al grado di coscienza immediatamente superiore.»
Tratto da: Il problema dell’inconscio nella psicologia moderna, Einaudi, Torino 1959
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Dottore in Psicologia, Facilitatore in Mindfulness (ric. IPHM), Master DCA (Disturbi del Comportamento Alimentare), Master in Sessuologia Clinica, Master in Linguaggi della Psiche, Conoscitore in psicosomatica, Poeta, Studioso di filosofia e psicologia del profondo