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La psicanalisi come funziona: l’importanza dell’im-memorabile

Il passato nostro è importante e la psiche lo ricorda

Sempre più spesso sento psicologi asserire che la psicoanalisi si sta spegnendo, si sta eclissando, che il tornare a rivivere certi eventi del passato non serve, per molti la psicoanalisi è una grande perdita di tempo e di denaro.

La psicanalisi: un dispositivo culturale per ricordarsi di sé

In una poesia di Osip Mandel’stam, si legge:

“O gramo ordito del vivere nostro,
che povera è la lingua della gioia!
Tutto fu in altri tempi, tutto sarà di nuovo;
solo ci è dolce l’attimo del riconoscimento.”

Riconoscere, riconoscersi, è un atto involontario, un aspetto della memoria che rappresenta una forma di eredità; un’attesa.

La psicanalisi può essere concepita come una “macchina della memoria”, un dispositivo atto a far provare all’umano un’esperienza peculiare di memoria, questo è lo spazio abitato dal daimon (vocazione).

Scrive Hillman ne “Il codice dell’anima” che il daimon (vocazione, voce) può anche creare degli inciampi (sintomi) pur di farsi ascoltare: «I bambini cercano di vivere due vite contemporaneamente, la vita con la quale sono nati, e quella del luogo e delle persone in mezzo a cui sono nati. […] La vocazione si esprime nei capricci e nelle ostinazioni, nelle timidezze e nelle ritrosie che sembrano volgere il bambino contro il nostro mondo, mentre servono forse a proteggere il mondo che egli porta con sé e dal quale proviene.»[1]

Ancora Hillman in un altro passo del volume: «Per Wordsworth e per la sensibilità mitica in generale, la ghianda non è impiantata in me, come se fosse un pace-maker nel mio cuore; piuttosto io sono impiantato in una realtà mitica di cui la ghianda è solo la mia, molto piccola, porzione. Ciò che i romantici chiamavano “anima vivificante”, oggi si chiama realtà psichica. Ed è dappertutto, anche se noi ci ostiniamo a dire che è invisibile.»[2]

Come ricordarsi, come ricordare

Occorre farsi poeti, uomini del fare che lasciano resti
Tommaso Di Dio

In un incontro presso l’associazione Mechrí, lo scrittore Tommaso Di Dio cita alcuni frammenti del filosofo Agamben:

«Il poeta è fedele a cosa? Poiché qui certamente è in questione qualcosa che non può essere fissato in proposizioni o memorizzato in articoli di fede. Ma come si può conservare una fedeltà senza mai formularla nemmeno a se stessi?
Essa dovrebbe ogni volta uscir dalla mente nell’attimo stesso in cui vi si afferma. […] Un glossario medioevale così spiega il neologismo dimenticare, che andava nell’uso sostituendo il letterario oblivisci: dimenticatis: oblivioni tradistis. Il dimenticato non è semplicemente cancellato, lasciato da parte: esso è consegnato all’oblio. […] Holderlin in una nota alla traduzione dell’Edipo sofocleo scrive che il dio e l’uomo, “affinché la memoria dei celesti non scompaia, comunicano nella forma, dimentica di tutto, dell’infedeltà”.
La fedeltà a ciò che non può essere tematizzato, ma nemmeno semplicemente taciuto, è un tradimento di specie sacra, in cui la memoria, volgendosi a un tratto come un remolino di vento, scopre il fronte nevato dell’oblio. Questo gesto, quest’inverso abbraccio di memoria e dimenticanza, che conserva intatta al suo centro l’identità di immemorato e indimenticabile, è la vocazione.»[3]

Lettura consigliata

L'uomo moderno secondo Carl Gustav Jung

stone bollingen

Si riporta questo frammento della conferenza che, lo psichiatra e psicoanalista, Carl Gustav Jung tenne nell’ottobre del 1928, in occasione del Convegno dell’Associazione per la cooperazione intellettuale di Praga. [caption

La psicanalisi: il rimosso

È con la psicanalisi che viene inaugurata la parola “rimozione”, con Freud il rimosso è qualcosa di non dimenticabile, un ricordo indimenticabile e indelebile viene ospitato nella psiche, eppure non si comprende, e proprio perché rimosso non è dimenticabile.

Il rimosso è fattore interno a un totem (sacro, intoccabile). In Freud il rimosso ha a che fare con l’Altro sessuale, l’Altro che non si può conoscere, non potendolo toccare, conoscere, rimuovendolo lo si preserva puro. Così Mosè rompe le tavole della legge e distrugge il vitello d’oro dopo che Dio gli ha parlato.

Con Bowlby e Liotti invece si parla di rimozione “asessuale” che viene chiamata “esclusione difensiva”: a seguito di esperienze di separazione che hanno frustrato eccessivamente e dolorosamente il bisogno del bambino di cure e protezione. Il bambino esclude tutte quelle informazioni che potrebbero attivare il suo bisogno di attaccamento al fine di evitare nuove esperienze angoscianti e frustranti di quel tipo (fonte: psichepedia)

Tale comportamento può rientrare nel concetto di disturbo dissociativo (una sorta di auto-ipnosi). Eppure per essere fedeli occorre tradire, affinché l’Altro esista occorre divergere, altrimenti siamo in rapporto non con l’Altro, ma con il medesimo; questa sterilità della vita sembrano proprio evitare sia la rimozione che l’esclusione difensiva.

Con Bowlby parliamo di “copioni”, di un passato che accade di nuovo nel presente (Modelli Operativi Interni), i fantasmi che riappaiono; il trauma è dato dall’assenza delle cure materne.

Per Freud invece qualsiasi cosa può essere traumatica anche la copula tra due cani. Con Freud si introduce il simbolico: il trauma in questo caso è il simbolico totalmente sganciato dalla realtà; senza più coordinate.

Dunque la psicanalisi non ha niente a che fare con il passato, piuttosto l’inconscio (il rimosso) è il presente che non padroneggiamo. Il passato riguarda la Teoria dell’attaccamento e la psicotraumatologia, non la psicanalisi.

La psicanalisi funziona

Sicuramente un lavoro su di sé di tipo psicanalitico è un investimento importante sotto molti aspetti, eppure per la psiche tornare a rivivere il passato, che comunque si manifesta attraverso i nostri comportamenti, le nostre decisioni e atteggiamenti (vedi la teoria dell’attaccamento di Bowlby).

Così riporto un sogno che la psiche mi ha regalato e che ritengo possa parlare a molti:

Guardo un film in cui un ragazzo può viaggiare indietro nel tempo. Torna indietro nel tempo in una scuola. Entra in una classe, ci sono dei ragazzini, non viene visto perché invisibile. Si avvicina ad uno zaino dove trova alcuni sacchetti vuoti di alcune merendine, sono rimaste solo delle briciole. Il ragazzo tocca quelle briciole e poi va via. Dopo aver toccato quelle briciole queste cominciano a moltiplicarsi e questo fatto viene visto da un ragazzino che era lì.

Il sogno è abbastanza chiaro, tornare con la mente nel passato aiuta a colmare il vuoto, arricchisce, nutre.

Non si tratta di vivere nel passato, il vivere nel passato è un aspetto della depressione, è una fuga. Si tratta invece di tornare là, per colmare, per alimentare, per innaffiare, per bagnare, per apportare nutrimento, per far crescere e lasciar crescere; quindi svegliarsi.

Bibliografia

1 – J. Hillman, Il codice dell’anima, Edizione CDE Milano su licenza di Adelphi, 1997, pp. 29-30.
2 - Ibidem
3 - Giorgio Agamben, Idea della prosa, Quodlibet, 2002, p. 1.

Pubblicato il
27 Agosto 2021
Ultima modifica
27 Maggio 2022 - ora: 13:52

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