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Neuroimaging

Luci nel cervello

Le luci nel cervello sono considerate indice del fatto che quelle specifiche zone del cervello funzionano in una maniera particolarmente attiva, in questa prospettiva un compito o una classe di compiti corrisponde a una zona di attivazione, quell’area del cervello che appare luminosa è la zona cerebrale che si sta attivando mentre realizza un compito, ma potrebbe anche essere una classe di compiti.

Le zone di attivazione sono zone cerebrali che si illuminano come effetto della risonanza magnetica funzionale, un modo di leggerle è quello basato sul metodo sottrattivo. 

Le zone illuminate sono le zone maggiormente attive, sottoponendo una persona allo scanner della risonanza magnetica e chiedendogli di svolgere una certa mansione, realizzare un certo compito, il presupposto teorico il cambiare delle zone luminose corrisponde all’attivazione di circuiti dentro l’organo cerebrale in funzione della peculiarità e dell’articolazione del compito che deve svolgere.

Il metodo sottrattivo

In base al quale sottraendo lo stato iniziale è possibile dedurre che le nuove aree attive, quindi le nuove aree illuminate o colorate nella resa grafica, sono esattamente quelle parti del cervello che abbiamo bisogno di attivare nella realizzazione di quel compito specifico.

All’immagine di un pattern di attivazione si sottrae l’immagine trasmessa da un passaggio precedente del compito cognitivo esaminato.

Il riconoscimento delle facce

Abbiamo implementata nel cervello, un’area preposta al riconoscimento dei volti dei nostri co-specifici è di un rilievo particolare per tanti motivi legati alla nostra evoluzione come specie.

È la cosiddetta FFA (Fusiform Face Area), la neuropsicologia cognitiva l’ha individuata nel nostro emisfero destro, nella regione temporale, e l’ha interpretata nei termini di un modulo, un componente funzionale, un elemento del sistema complessivo specializzato effettivamente e propriamente per il riconoscimento dei volti.

I volti non sono uno stimolo qualsiasi per noi umani, siamo una specie neo-tenica, una specie che nasce particolarmente immatura, un puledro nasce e può mettersi in piedi, una giraffa nasce e può andare, e così un vitello, un cucciolo di uomo appena nato è del tutto impossibilitato a sopravvivere. Abbiamo bisogno dell’altro, abbiamo bisogno di un simile che ci accudisca e che ci nutra e che in realtà ci educhi, cioè ci faccia da “scaffolding” (un’impalcatura) come l’impalcatura che si erige quando bisogna costruire un palazzo appoggiandosi all’impalcatura il palazzo va crescendo.

Lo scaffolding rispetto al cucciolo di uomo è esattamente questa funzione di sostegno e di contenimento e di orientamento, non sono limiti, ma vincoli posti dalla peculiarità del nostro essere umani.

Percepire il volto dell’altro ha una valenza adattativa come potete immaginare fondamentale.

Le ricerche neuropsicologicHe hanno individuato, studiando il riconoscimento dei volti, una doppia dissociazione che ha consentito di capire che siamo specializzati per riconoscere i volti, ma anche questa specializzazione, per quanto apparentemente ultra-settoriale, in realtà prevede al suo interno una differenza.

Un esempio di doppia dissociazione: prosopoagnosia versus sindrome di Capgras

La prosopoagnosia – prosopon in greco è la maschera, la faccia, quindi il volto – è quel disturbo neuropsicologico di cui parla Oliver Sachs nel libro “l’uomo che scambiò sua moglie per un cappello”: una persona comunque capace di riconoscere gli oggetti, e tuttavia non distingue il volto, una testa.

Nella sindrome di Capgras la persona che ne è affetta riconosce un volto, riconosce che quel volto corrisponde al volto di una persona che conosce, tuttavia percepisce chiaramente che non si tratta esattamente della stessa persona. Come se esteriormente quello fosse il volto di una persona conosciuta ma in realtà nell’atto percettivo manca l’attivazione emotiva, la risonanza emozionale, il background che consiste nel fatto che io quella persona la conosco.

La doppia dissociazione si verifica nel momento in cui due pazienti mostrano di avere prestazioni contrastanti ai compiti cognitivi A e B.

  • l’uno normale in A e patologico in B
  • l’altro viceversa

Sembrava già peculiare immaginare di avere un modulo, un sistema funzionale, comunque un’area del nostro cervello preposta al riconoscimento dei volti, era già un’intuizione molto forte e anche foriera di una grande necessità di riflettere sul perché dal punto di vista evolutivo noi ci ritroviamo cablati come specie in questi termini. La cosa interessante è che abbiamo scoperto a proposito del riconoscimento dei volti una doppia dissociazione. Non è soltanto che è possibile essere in grado o non essere in grado di riconoscere volti, ma può accadere che io riconosca i volti ma non li riconosca come effettivamente appartenenti alle persone che conosco davvero.

Quindi c’è la doppia dissociazione fra

prosopoagnosia, sindrome nella quale semplicemente non riconosco i volti

sindrome di Capgras caratterizzata dalla sensazione di non familiarità, vedere che da fuori c’è indecitià con la persona che si conosce e tuttavia non si sente un altra persona.

Le immagini del funzionamento del cervello mostrano che il cervello di un soggetto mentre ascolta la radio e guarda un susseguirsi di forme geometriche si attiva differentemente.

Abbiamo un funzionamento globale e tuttavia differenziato, specializzato funzionalmente, ci sono i luoghi di elaborazione della visione e abbiamo l’attivazione delle aree legati al linguaggio con una evidente preferenza per l’emisfero sinistro.

La specializzazione emisferica

Le difficoltà teoriche sono molte – una funzione complessa come insieme di molti processi specializzati non tutti ugualmente lateralizzati.

Le funzioni cognitive sono funzioni complesse e una funzione complessa molto probabilmente dobbiamo considerarla il prodotto di molti diversi processi specializzati, non tutti ugualmente lateralizzati.

Il linguaggio si pone come la funzione più lateralizzata, eppure In tempi recenti si è riconosciuto che un elemento fondamentale per la nostra capacità di utilizzare il linguaggio verbale va al di là della grammatica, va al di là della sintassi, va al di là dell’ordine seriale, sequenziale degli elementi e invece investe per esempio la prosodia. Un andamento ascendente quando faccio una domanda, oppure discendente quando faccio un’asserzione, l’intonazione emotiva, la coloritura che noi diamo alle cose che diciamo, questo è un tipico apporto dell’emisfero destro e anche guardare al linguaggio come funzione “sinistra”, alla luce di questa nuova consapevolezza, come potete immaginare, complica abbastanza le cose perché appunto una funzione complessa può non essere, in tutte le sue componenti essere localizzata in maniera omogenea.

In copertina Foto di Tim Gouw su Unsplash

fonte uninettuno

Pubblicato il
1 Marzo 2023

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