Le premesse storiche ed epistemologiche
La storia delle neuroscienze contemporanee è una storia che va in qualche modo a mettere a dialogo due aspetti differenti nella ricerca occidentale:
- la ricerca scientifica di base
- la ricerca applicata di soluzioni tecnologiche
Si deve proprio all’incontro tra questi due mondi che lo sviluppo di questa nuova scienza. Il pioniere di questo tipo di approccio fu Jacques Loeb (1859-1924) – biologo tedesco naturalizzato statunitense in seguito al matrimonio con una sua collega. Quando all’inizio del Novecento Loeb si trasferisce negli Stati Uniti d’America, insegna all’università di Chicago, avendo tra i suoi allievi una grandissima maggioranza di coloro che diventeranno i protagonisti della neuropsicologia e della psicologia americana del Novecento; tra essi ricordiamo John Wotson, il padre del comportamentismo.
L’approccio di Loeb è tipicamente ispirato a una concezione meccanicista e fisicochimica dello studio dell’organismo, in altre parole Loeb è interessato a ridurre al livello più basso dell’analisi scientifica e dell’indagine scientifica e sperimentale, lo studio delle funzioni fisiologiche delle cellule degli animali in maniera tale da poter ridurre ad un quadro epistemico chiaro, elegante, preciso e trasparente anche le funzioni più complesse che rimanevano ancora ammantate da un’aria di vitalismo propriamente tradizionale all’interno di una certa concezione sviluppatasi in Europa.
Il contributo di Loeb permette quel passaggio da un’impostazione che è tipicamente ancorata allo studio della neuroanatomia sia strutturale che funzionale ad un interesse per neurofisiologia.
Dopo l’arrivo di Loeb negli Stati Uniti d’America gli scienziati interessati al sistema nervoso passano da un’indagine volta ad elucidare quali siano le strutture o le microstrutture del sistema nervoso, al funzionamento di specifici tessuti o di singole cellule.
Loeb introduce dei termini specifici che egli prende in prestito dal vocabolario ingegneristico e tecnologico. Concetti come codice, segnale, soglia, normalmente impiegati nell’ambito dell’ingegneria elettrica ed elettronica, trovano asilo all’interno della ricerca neuroscientifica, proprio grazie al lavoro di Loeb anche come traduttore e divulgatore di specifici pensieri o filosofie come quella di Ernst Mach.
Loeb è il primo esponente di quello che lo storico della scienza della tecnica Roberto Cordeschi chiamo il metodo sintetico.
Per metodo sintetico si intende quell’approccio allo studio del vivente che cerca di convalidare specifiche ipotesi funzionali e comportamentali attraverso l’impiego di modelli artificiali.
Qualcosa che supera il tradizionale meccanicismo del ‘600, non si tratta di portare su un piano di analogia la forma e la funzione del vivente come organismo in generale, con una macchina che simuli o emuli in qualche modo alcune delle sue funzioni. Il metodo sintetico vuole effettivamente concepire il vivente almeno nelle sue componenti elementari, per esempio le componenti cellulari come delle vere e proprie macchine.
Il metodo sintetico influenzerà fortemente non soltanto gli psicologi ma anche i neurofisiologi e i biologi in tutti gli Stati Uniti d’America del Novecento. In questo senso possiamo considerare Loeb come uno dei padri nobili dell’approccio tecnico scientifico negli Stati Uniti alla ricerca di un sistema nervoso.
Questa impostazione risulta estremamente evidente nella citazione dello storico Hackenberg che scrive (1995, p. 231):
per Loeb e Skinner (altro padre nobile del comportamentismo americano) la tecnologia era qualcosa di più di una semplice estrapolazione dei risultati di laboratorio nella vita reale, essa infatti caratterizzava un approccio aperto alla scienza che si basava sulla sperimentazione, la trasformazione e il cambiamento.
Utilizzando proprio i concetti fortemente intrisi di una prospettiva di applicazione, quindi, in fin dei conti di una prospettiva utilitaristica che dalla scienza prometteva di poter portare immediatamente dei risultati, dei benefici per l’intera società, la Rockfeller Foundation e diverse altre famiglie di filantropi danno vita a importanti fondamentali centri di ricerca che saranno destinati a cambiare i luoghi e non soltanto le idee delle neuroscienze contemporanee, delle neuroscienze del XX secolo negli Stati Uniti.
In particolare:
- nel 1888 viene fondato il Marine Biological Laboratory a Woods Hole nel Massachusetts
- nel 1890 a New York aprirà i battenti il Cold Spring Harbor Laboratory
In entrambi in questi laboratori lo studio di specifici animali, in particolare animali marini, darà modo a moltissimi biologi, ma come vedremo più avanti anche a moltissimi fisici e chimici di studiare le componenti cellulari di questi animali già dotati di un sistema nervoso e in particolare si studierà il potenziale di membrana e le caratteristiche elettriche, dunque per l’appunto biofisica della membrana cellulare, il che sarà prodromatico allo studio della membrana del neurone.
La Neurofisiologia anglo-americana del XX secolo
Charles Sherrington, medico e neurofisiologo inglese, fu il primo ad introdurre un concetto fondamentale all’interno della psicologia e delle neuroscienze: il concetto di sinapsi, ma anche introduttore di concetti come l’inibizione e l’eccitazione dell’impulso motorio che ci hanno portato all’attuale conoscenza dei potenziali graduati nel sistema nervoso.
Nel 1904 su invito della comunità statunitense Sherrington viaggia a Yale per discutere all’interno di una celebre serie di conferenze quello che poi prenderà corpo ma a livello teorico e sperimentale nella sua opera più famosa: l’azione integrata del sistema nervoso.
All’interno di quest’opera Sherrington si occupa di spiegare come proprio attraverso il meccanismo sinaptico i singoli neuroni che compongono il sistema nervoso sono in grado di agire in maniera integrata per dar vita a tutta quella immensa e meravigliosa pletora di fenomeni comportamentali e cognitivi che il sistema nervoso permette e rende possibile all’interno degli animali e della nostra specie, per l’appunto attraverso un complesso delicato e sofisticato sistema di uscite, rientri e feedback tra le diverse azioni di comunicazione, trasmissione dell’impulso effettuato dai neuroni.
Proprio a tale proposito insieme a Sherrington la scuola inglese ha il suo massimo esponente in Lord Edgard Douglas Adrian – anche lui medico e fisiologo allievo di Kick Lucas, studia i meccanismi di conduzione nervosa concentrandosi dapprima sui meccanismi di conduzione neuromotorie e poi più in generale sulle proprietà fisiche, chimiche ed elettriche dell’impulso nervoso, cioè del potenziale d’azione.
Adrian sviluppa anche con un suo collega Herbert Gasser nuove tecnologie per la misurazione dell’impulso nervoso, ricordiamo a tal proposito che l’opera di Adrian è nota, la ricordiamo per il fatto di avere elucidato quella famosa legge del “tutto o nulla” secondo cui un neurone è in grado di emettere un potenziale d’azione o non emetterlo, ma non può in alcun modo cambiare l’ampiezza del segnale che viene trasmesso ogni volta che il neurone scarica.
Il neurone può eventualmente aumentare la frequenza di scarica del potenziale d’azione ma non può in alcun modo modificare l’ampiezza di questo segnale, il che diede vita ad un rinforzo, a una convalida di quell’idea per cui il neurone poteva essere visto come una componente elettrica dell’organismo umano in grado di emettere un segnale per l’appunto digitale di acceso o spento.
Adrian e Sherrington verranno insigniti con il premio Nobel per la fisiologia e la medicina nel 1932 proprio per le loro ricerche sulle funzioni dei neuroni.
È difficile quantificare l’impatto del premio Nobel del 1932 dato ad Adrian e Sherrington su quelle che diventeranno le neuroscienze del XX secolo, possiamo soltanto dire che a partire da quell’anno, dopo già un importante opera di cattura dell’attenzione della comunità scientifica internazionale dopo i grandi risultati insigniti dal Nobel di Pavlov sul condizionamento negli animali, in qualche modo il Nobel dato ad Adrian e Sherrington catalizza l’attenzione soprattutto dei giovani ricercatori, in particolare al di là dell’oceano, cioè gli studenti che avevano partecipato alle tante conferenze di Sherrington e Adrian negli Stati Uniti.
Catalizza l’attenzione nei confronti di questo nuovo oggetto di studio: il sistema nervoso e nello specifico attraverso la lente di un approccio che andava a considerare la fisiologia come un campo specifico di applicazione di una serie di regole che oggi chiameremmo biochimiche e biofisiche.
Un altro importante esponente della neurofisiologia inglese di quegli anni fu John Zachary Young (1907-1997) – di formazione originariamente zoologo e poi prestatosi completamente in età più adulta alla neurofisiologia.
Nel 1936 Young descrive il neurone del calamaro gigante, particolarità di questo animale è quello di possedere dei neuroni così grandi da poter essere osservabili ad occhio nudo.
La diffusione dei lavori di Young, non soltanto in Inghilterra, ma anche ad esempio in Italia nella stazione zoologica di Napoli e nei laboratori in cui lui lavorerà fanno sì che questa nuova generazione di fisiologi statunitensi abbiano per la prima volta tra le mani un organismo modello su cui studiare esattamente e nel dettaglio tutte le funzioni di eccitabilità elettrica di una cellula nervosa.
Questo farà sì che autori come Kenneth Stewart Cole daranno vita a degli sviluppi tecnologici ancor prima che scientifici che risulteranno cruciali per l’avanzamento delle neuroscienze del XX secolo.
Cole è fisiologo, biofisico e ingegnere, statunitense di nascita, all’inizio si interessa come tutti allo studio dei potenziali di membrana, ispirato al lavoro di Loeb, ma anche e soprattutto da quello di Young sul calamaro gigante. Proprio operando sulle cellule nervose del calamaro gigante nel 1948 Cole inventa con George Marmont la tecnica del Voltage Clamp.
La tecnica delle Voltage Clamp ideata da Cole e Marmont fu destinata in qualche modo a rivoluzionare radicalmente la possibilità di studiare le proprietà elettriche del neurone.
Si tratta semplicemente di applicare un piccolo amplificatore attraverso un ponte, alla membrana della cellula nervosa, di modo che questo amplificatore possa contemporaneamente stabilizzare il segnale su un voltaggio, meglio su un micro-voltaggio deciso a priori dagli sperimentatori, e amplificarlo in maniera tale da avere un’immagine dell’andamento delle funzionalità elettriche del neurone che sia in qualche modo al riparo dal rumore di fondo dei fenomeni per esempio elettrostatici.
Attraverso questa misurazione fu possibile ideare tutti gli altri strumenti tecnologici che nel XX secolo saranno destinati a elucidare ogni singolo aspetto di quello che noi oggi chiamiamo il meccanismo del potenziale d’azione, misurandone quindi precisamente l’ampiezza, precisamente il fire rating e tutta un’altra serie di proprietà che sono oggi alla base delle nostre conoscenze fondamentali dell’attività nervosa.
Inoltre, il voltage clamp fu alla base e al cuore di una controversia internazionale tra Cole e Marmont e due fisiologi e biofisici inglesi che verranno anch’essi insigniti delle più alte onorificenze scientifiche: Alan Lloyd Hodgking e Andrew Fielding Huxley.
Nel 1952 Hodgking e Huxley descrissero ed elaborarono il primo modello matematico del funzionamento del neurone dando un’equazione particolarmente complessa, ma assolutamente formalizzata in ogni sua parte del meccanismo che permetteva alla membrana del neurone di scaricare il potenziale d’azione.
Nel 1963 per i loro studi, in particolare sul chiarimento rispetto ai meccanismi ionici che intervengono all’interno della membrana nervosa nel momento in cui il neurone spara, vengono insigniti del premio Nobel della fisiologia e della medicina. È assolutamente importante ricordare che il lavoro di Hodgking e Huxley non permise soltanto di ottenere una formulazione matematica del funzionamento neurofisiologico di base del neurone, ma in qualche modo aprì la possibilità all’idea che si potesse in qualche modo simulare, o comunque calcolare attraverso dei meccanismi computazionali o tecnologici, esattamente un comportamento fisiologico del vivente.
Il Neurosciene Research Program
Il Neuroscience Research Program fu il programma di ricerca avviato negli anni ’60 negli Stati Uniti d’America a cui dobbiamo il nome della disciplina neuroscienze che prima di questo periodo, prima di questa impresa scientifica aveva diversi nomi: neurologia, neurofisiologia, neuropsicologia, ma non trovava un termine unitario per descrivere ed etichettare la comune impresa scientifica.
Autore e padre del Neuroscience Research Program fu Francis Otto Schmitt (1903-1995) – biologo e biofisico statunitense.
Nel 1941 su chiamata da Bannever Bush, cioè il consigliere alla ricerca scientifica di tutti i presidenti degli Stati Uniti durante la Seconda guerra mondiale e nell’immediato dopoguerra, al MIT di Boston con l’obiettivo esplicito di creare una nuova biologia.
La creazione di questa nuova biologia ebbe luogo nel momento in cui, nel 1962 Francis Otto Schmitt diede il via al Neuroscience Research Program.
Il Neuroscience Research Program aveva un obiettivo importante in linea con l’impostazione tecno-scientifica degli Stati Uniti d’America di quegli anni.
Grazie agli importanti progressi, alle importanti acquisizioni sperimentali e tecnologiche della fisica, l’intera comunità scientifica americana cercava di utilizzare e trovare dei modi per utilizzare le tecnologie sviluppate all’interno della ricerca fisica, in particolare nella ricerca nucleare per poter raggiungere nuovi risultati nelle altre scienze, non solo la chimica però. In questo caso anche la biologia e nello specifico la neurobiologia.
Come racconta Schmitt nella sua autobiografia: divenne chiaro che la questione fondamentale fosse la possibilità di applicare allo studio del sistema nervoso nuovi concetti formulati nel campo della chimica biofisica.
Il Neuroscience Research Program si determina quindi come una comunità di ricerca basata in America, ma internazionale dedita ad un approccio interdisciplinare e transdisciplinare allo studio del sistema nervoso. Il focus è ovviamente rivolto sul livello molecolare, in particolare del funzionamento delle singole molecole, dei singoli enzimi, e delle singole proteine che interagiscono a livello della membrana nervosa, e una particolare enfasi fu data alle applicazioni tecnologiche che la fisica poteva fornire alla biologia.
In copertina Foto di DeepMind su Unsplash.
fonte uninettuno
Dottore in Psicologia, Facilitatore in Mindfulness (ric. IPHM), Master DCA (Disturbi del Comportamento Alimentare), Master in Sessuologia Clinica, Master in Linguaggi della Psiche, Conoscitore in psicosomatica, Poeta, Studioso di filosofia e psicologia del profondo