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Metodi neurofisiologici

I metodi neurofisiologici di registrazione

Il corpo umano può essere fonte di diversi tipi di segnale che possono essere studiati per avere delle informazioni riguardo il funzionamento di specifiche aree cerebrali o determinate funzioni cognitive.

Sicuramente i segnali più noti sono quelli registrati con tecniche come l’elettroencefalogramma, la magneto-encefalografia, che permettono di studiare direttamente l’attività elettromagnetica prodotta dai neuroni. 

I tipi di segnali che possiamo registrare sono di tipo anche molto diverso, vedete in questa diapositiva, nell’immagine in basso a sinistra, una tecnica definita della conduttanza cutanea, consiste nello studio dell’attività elettro-dermica della cute che è influenzata dall’attività delle ghiandole sudoripare.

Queste sono fortemente innervate dal sistema nervoso simpatico e possiamo quindi studiare l’effetto della presentazione di uno stimolo inatteso o a contenuto emotivo, e quindi avere un’idea dello stato di attivazione e di reattività emotiva dell’individuo. 

Un altro tipo di segnale che possiamo studiare ad esempio è lo studio dei movimenti oculari. I movimenti oculari hanno lo scopo di portare l’oggetto di interesse al centro del campo visivo per assicurarne una visione dettagliata. Pertanto, studiando il pattern di questi movimenti possiamo avere delle indicazioni importanti sulle funzioni attentive oltre che sulla capacità di esplorare lo spazio in maniera adeguata.

L’elettroencefalografia consiste nella registrazione dell’attività elettrica cerebrale attraverso elettrodi applicati sullo scalpo. Il segnale EEG è la rappresentazione grafica delle variazioni di potenziale elettrico generate da milioni di neuroni. Gli elettrodi sono indicati da una sigla che indica la loro posizione, ad esempio Sistema 10-20:

  • FP per gli elettrodi fronto-polari,
  • F per gli elettrodi posti sulla linea frontale
  • C per gli elettrodi posti sulla linea mediana
  • T per gli elettrodi posti al di sopra delle regioni occipitali
  • P ed O per gli elettrodi più posteriori situati sulle regioni parietali e occipitali

Con l’elettroencefalogramma non possiamo solo studiare l’attività elettrica spontanea, ma possiamo anche studiare l’attività elettrica evocata da stimoli sensoriali o per esempio associata a determinati processi cognitivi.

I potenziali evocati, sono componenti del segnale EEG che si presentano in risposta ad uno stimolo sensoriale o ad un’attività specifica.

Sono di piccola ampiezza e pertanto devono essere evidenziate tramite procedure averaging.

La normalità di queste componenti ancora una volta può essere utile per distinguere e soprattutto per escludere quindi la presenza di disturbi primari sensoriali.

Abbiamo detto però che possiamo registrare anche componenti associati a fenomeni cognitivi.

Tecniche di stimolazione cerebrale non invasiva

Alcune tecniche in particolare la stimolazione magnetica transcranica (TMS) permettono direttamente di stimolare il cervello.

Il principio della stimolazione magnetica transcranica sfrutta la legge di induzione tra campo magnetico e campo elettrico.

Se utilizziamo per esempio un coil, quindi una bobina in cui viene fatta scorrere della corrente, questa sarà in grado di indurre in un secondo conduttore, quindi il cervello, un campo elettrico e quindi di provocare una depolarizzazione sopra soglia dei neuroni.

Se questo stimolo viene applicato a livello della corteccia motoria primaria e in particolare conoscendone la somatotopia a livello dell’area della mano come in questo esempio, possiamo registrare dei potenziali evocati motori che sono delle risposte muscolari registrabili a livello del muscolo bersaglio con l’elettromiografia. Queste risposte saranno caratterizzate da un’ampiezza in funzione dell’intensità con cui abbiamo stimolato la corteccia oltre che varia in funzione dallo stato di eccitabilità del sistema cortico-spinale e avranno anche una latenza.

Queste tecniche possono essere utilizzate anche per studiare la connettività cerebrale ovvero, il grado in cui due aree diverse comunicano tra di loro. Possiamo studiare:

  • sia la connettività intra-emisferica, quindi quella fra due arie dello stesso emisfero, ad esempio la corteccia parietale posteriore e la corteccia motoria,
  • la connettività interemisferica – come mostrato nella figura in basso a sinistra e al centro possiamo utilizzare la TMS per studiare la connettività fra le due aree motorie dei due emisferi

Abbiamo visto che se stimoliamo l’area motoria di un emisfero possiamo ottenere una risposta a un potenziale evocato motorio registrabile dall’arto superiore controlaterale ad esempio.

Si sa che le aree omologhe dei due emisferi sono dotate di connessioni inibitorie reciproche, pertanto se noi somministriamo un primo stimolo, 10-40 ms prima della stimolazione della corteccia sinistra, sulla corteccia destra si ottiene un’inibizione e quindi come vedete una riduzione dell’ampiezza del potenziale motorio. Questo fenomeno è dovuto alla presenza di fibre inibitorie fra le due aree motorie primarie che decorrono nel corpo calloso e quindi, l’esistenza di questo fenomeno di inibizione interemisferica conferma l’integrità di queste fibre.

Abbiamo detto però, che la TMS permette di studiare l’eccitabilità stimolando il cervello, abbiamo tuttavia un importante limite: se stimoliamo l’area motoria abbiamo infatti una risposta misurabile in termine di potenziale evocato motorio, tuttavia se stimoliamo altre aree cerebrali non abbiamo un output misurabile, fatta eccezione forse per la stimolazione delle cortecce visive che possono evocare in alcuni casi dei fosfeni. Quindi, il limite della TMS che possiamo si studiare la connettività ma dobbiamo sempre avere come output finale l’area motoria. 

Questo limite può essere superato grazie alla combinazione della TMS con l’elettroencefalogramma, quindi con una co-registrazione, vediamo come nella figura in basso a destra che possiamo in questo caso stimolare l’area motoria e analizzare come il segnale diffonde in tutto lo scalpo utilizzando l’elettroencefalogramma. Questa tecnica ha permesso di studiare con la TMS la connettività anche al di fuori delle regioni motorie.

La TMS può essere utilizzata per studiare le funzioni cognitive e la loro relazione con l’attività di specifiche aree cerebrali. 

La TMS è importante perché permette un approccio causale, al contrario l’elettroencefalogramma e come vedremo dopo anche gli studi con risonanza magnetica funzionale permettono unicamente un approccio di tipo correllazionale.

La TMS può essere utilizzata per studiare le funzioni cognitive grazie alla sua abilità di influenzare transitoriamente l’attività neuronale in una determinata area creando quindi un’interferenza.

Se quindi riteniamo che un’area cerebrale sia coinvolta in un compito, si può stimolare quest’area durante l’esecuzione del compito creando un’interferenza.

Cosa si intende? Stimolando l’area creiamo all’interno di questa un’attività che però non è relata al compito in corso, e che quindi si caratterizza come rumore. In buona sostanza, così facendo possiamo dimostrare che quell’area era coinvolta nel compito, ovviamente sarà importante fare degli esperimenti di controllo in cui la stimolazione di quell’area non influenza un compito di controllo oppure in cui stimolando un’altra area dimostriamo la specificità dell’effetto.

La TMS può essere utilizzata anche con approcci offline sfruttando il principio per cui stimolazioni ripetitive hanno la proprietà, la capacità, di influenzare l’eccitabilità in una determinata area per un tempo più lungo che dura oltre la fine della stimolazione. 

Stimolazione elettrica transcranica

Un altro metodo che può essere utilizzato per gli studi off line è quello della stimolazione elettrica transcranica – Transcrainal Direct Current Stimolation TDCS – questa consiste nell’applicazione sullo scalpo di correnti elettriche a bassa intensità, per esempio 1 o 2 mA per una durata di 20-30 minuti. La TDCS anodica induce un aumento della frequenza di scarica nei neuroni dell’area stimolata e pertanto un aumento dell’eccitabilità, al contrario la TDCS catodica sia soci ad una riduzione della frequenza di scarica e dell’eccitabilità dell’area stimolata.

La TMS e la TDCS sono in grado di indurre dei fenomeni di aumento o di riduzione dell’eccitabilità corticale a lungo termine. Questi processi sono dovuti a fenomeni di plasticità sinaptica – la plasticità sinaptica è la proprietà del sistema nervoso centrale, in particolare dei neuroni, di andare incontro a modificazioni a lungo termine della forza delle loro connessioni. Questo è importante per i fenomeni di apprendimento e di memoria, in generale per il rimodellamento dei network cerebrali. 

Se ad esempio abbiamo una via per cui il neurone A eccita il neurone C, e il neurone B eccita il neurone D, vediamo che in seguito a un danno cerebrale con morte del neurone B l’effetto acuto sarà una completa ineccitabilità del neurone D che ha perso il suo input. Il recupero clinico avverrà grazie al ripristino dell’eccitabilità di questo neurone in seguito a dei fenomeni di plasticità che sono avvenuti a livello dei neuroni residui.

Appare pertanto chiaro, che le tecniche di stimolazione come la rTMS o la TBS (Theta Burst Stimulazion) e la TDCS possono essere utilizzate per promuovere il recupero di deficit cognitivi e motori.

Neuroimmagini

L’introduzione di tecniche, come la tomografia computerizzata TC, hanno rivoluzionato lo studio delle funzioni cognitive. La TC utilizza raggi X e permette di valutare la densità dei vari tessuti cerebrali misurando i valori di assorbimento. Questa tecnica ha aperto la possibilità quindi di fare delle correlazioni anatomo-cliniche in vivo senza dover aspettare l’esame autoptico. 

Le applicazioni cliniche delle immagini sono notevolmente aumentate con l’introduzione della risonanza magnetica.

Questa tecnica utilizza un campo magnetico e permettendo di variare i parametri di acquisizione fornisce una gamma di immagini molto più informative.

La risonanza magnetica permette anche di studiare nel dettaglio l’organizzazione della sostanza bianca, questo grazie a una tecnica definita anisotropia frazionaria. Questa tecnica analizza la direzione di diffusione nei tre assi dello spazio delle molecole d’acqua, confrontandolo nei diversi tipi di tessuto cerebrale.

Abbiamo detto fin qui che la risonanza magnetica permette di avere delle immagini strutturali, tuttavia non abbiamo nessuna indicazione sul funzionamento delle aree studiate.

Tecniche come la SPECT, la tomografia computerizzata ad emissione di singoli fotoni, o la tomografia a emissioni di positroni PET permettono di studiare la distribuzione di un tracciante radioattivo.

Questo permette per esempio:

  • se utilizziamo dei traccianti di perfusione o metabolici, di avere un’indicazione sull’attività delle aree cerebrali e quindi ci permette ad esempio di evidenziare l’effetto di una lesione cerebrale anche a distanza, evidenziando per esempio gli effetti di una disconnessione
  • di condurre degli studi di attivazione in cui il soggetto svolge un compito e noi studiamo quali aree si attivano
  • un’applicazione molto importante che è quella di identificare delle iniziali riduzioni di metabolismo che possono spesso, quasi sempre, precedere le alterazioni strutturali e quindi l’atrofia

L’applicazione dei principi della teoria dei grafi ha permesso di avere delle informazioni molto interessanti riguardo al funzionamento dei network cerebrali. Innanzitutto, immaginiamo di descrivere una proprietà fondamentale di ogni nodo, ovvero il numero di connessioni che chiameremo “il grado”.

Gli studi condotti con risonanza magnetica funzionali ed altri metodi hanno mostrato che i network reali, come i network cerebrali hanno un’organizzazione molto differente dal network random, in particolare, una caratteristica di questi network è la presenza di un numero molto limitato di nodi con un grado molto alto, questi sono stati definiti HUB mentre come vedete la maggior parte dei nodi a un grado molto basso e quindi appare relativamente poco connessa con il resto del network.

Questo introduce ad una proprietà fondamentale delle reti reali e dei network cerebrali. La presenza, infatti, di un numero molto limitato di nodi con alte connessioni e quindi ai quali è affidata tutta l’efficienza della rete crea due effetti particolari:

  • da una parte queste reti saranno estremamente resistenti al danno di tipo random, perché questo andrà interessare soprattutto la maggior parte, la stragrande maggioranza dei nodi estremamente poco connessi
  • tuttavia, queste reti saranno estremamente vulnerabili al danno mirato degli hub, in questo caso anche una singola lesione potrà avere degli effetti devastanti

In copertina Foto di Amir Kalhor su Unsplash

fonte unintettuno

Pubblicato il
5 Marzo 2023

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