In questo articolo
Le componenti dell’attenzione
Con il termine attenzione, nel linguaggio comune anche in neuropsicologia, si intendono funzioni differenti:
- la capacità di rilevare degli stimoli e di reagire ad essi
- la capacità di selezionare gli stimoli e i processi rilevanti per le intenzioni e gli scopi dell’individuo, attribuendo ad essi maggiori risorse in termini cognitivi
L’attenzione comprende componenti funzionalmente e anatomicamente distinte che però interagiscono tra di loro al fine di garantire un’efficiente interazione con l’ambiente.
L’arousal
Con il termine arousal, o allerta tonica, si intende il livello di attivazione dell’individuo ovvero la capacità di rispondere agli stimoli. Queste funzioni variano nel corso della giornata fisiologicamente e quindi mostrano un ritmo circadiano, inoltre possono variare in condizioni patologiche in cui abbiamo un’alterata capacità di interagire con l’ambiente.
Tali funzioni vengono valutate mediante la registrazione di un tempo di reazione semplice. Il soggetto viene posto davanti a un computer, gli viene chiesto di rispondere il più rapidamente possibile non appena uno stimolo compare sullo schermo.
La vigilanza
La capacità di mantenere attivamente un livello di responsività adeguato per un periodo di tempo più o meno lungo.
Anche attenzione sostenuta, come nel caso precedente il test si protrae per un tempo più lungo, possiamo osservare un aumento dei tempi di risposta e la comparsa di errori oltre che delle fluttuazioni della prestazione che compaiono dopo un po’ di tempo come effetto della stanchezza.
Allerta fasica
Se siamo avvisati in anticipo della comparsa dello stimolo, siamo in grado di produrre un momentaneo aumento della capacità di rilevare lo stimolo e di rispondere.
Può essere studiata utilizzando dei tempi di reazione con preallarme in cui lo stimolo bersaglio è preceduto da uno stimolo di avviso, in questo caso da una croce che è mostrata con un certo intervallo prima della comparsa dello stimolo bersaglio. L’effetto di facilitazione sui tempi di risposta, prodotto dal segnale di avviso, è proporzionale al tempo che intercorre, effetto “foreperiod”.
La vigilanza e l’allerta, soprattutto allerta fasica, sono state legate principalmente alle attività dell’emisfero destro.
Studi in pazienti con cervello diviso hanno mostrato una superiorità dell’emisfero destro nel mantenere l’attenzione per un tempo prolungato. Pazienti con lesioni prefrontali destre se confrontati con pazienti con lesioni in altre aree cerebrali, mostrano una selettiva scomparsa dell’effetto “foreperiod”. Inoltre, il ruolo delle cortecce prefrontali laterali destre nel mediare l’allerta fasica è stato confermato da studi che hanno utilizzato la stimolazione magnetica transcranica per produrre un’inibizione in quest’area.
Oltre che all’attività dell’emisfero destro le funzioni dell’attenzione sono modulate fortemente dall’attività di alcuni sistemi di neurotrasmettitore il cui rilascio è regolato da strutture del tronco encefalico.
Il sistema della noradrenalina rilasciata dal locus coereuleus che proietta in maniera diffusa alle cortecce sicuramente quelle frontali, ma in maniera diffusa a tutta la corteccia. La noradrenalina è stata associata alle funzioni attentive, il locus coereuleus mostra un’attività tonica elevata durante le fasi di esplorazione di un ambiente nuovo in cui ad esempio l’animale da esperimento deve esplorare le caratteristiche dell’ambiente.
Questa attività tonica elevata favorisce la distraibilità e quindi la capacità di rispondere agli stimoli ambientali. Al contrario quando siamo ingaggiati in un compito specifico l’attività fasica è ridotta per minimizzare la distraibilità, ma al contrario ricompare un’attività fasica del locus coereuleus a segnalare la violazione delle aspettative che se ripetute segnalano la necessità di tornare alla fase di esplorazione.
Anche altri sistemi di neurotrasmettitori sono stati associati alle funzioni attentive, ed in particolare l’acetilcolina svolge un ruolo nel controllo attentivo e soprattutto agisce contrastando gli effetti della distraibilità e della stanchezza.
Al contrario la dopamina è importante per i segnali motivazionali di rinforzo è quindi ha un’importante funzione nel regolare processi esecutivi ed attentivi.
Attenzione selettiva
Molte volte non siamo in grado di analizzare contemporaneamente due stimoli diversi, pertanto sarebbero necessari dei meccanismi che permettano di concentrare le risorse attentive su una fonte ignorando quelle in rilevanti.
I meccanismi dell’attenzione selettiva visiva, sono quei meccanismi che facilitano la detezione e l’analisi di uno stimolo visivo in base alla sua posizione o a sue caratteristiche intrinseche come la forma e il colore.
Molti test utilizzati nella pratica clinica servono a valutare l’attenzione selettiva visiva, valutano la capacità di rilevare un numero limitato di stimoli bersaglio in mezzo a dei distrattori.
Nel caso del test di cancellazione a sinistra gli stimoli sono rappresentati da dei quadrati con all’interno disposte delle lancette in posizioni molto simili tra di loro. Al contrario, nel test di ricerca visiva gli stimoli sono rappresentati da numeri. In entrambi i casi si valuta il tempo impiegato dal soggetto per riconoscere tutti gli stimoli e gli eventuali errori in termini di omissioni o di falsi rilevamenti.
Il Symbol Digit Modality Test, in cui il soggetto deve trasformare un codice numerico in una serie di simboli trascrivendo il simbolo corrispondente nella casella sotto ogni numero.
Nel Trail Making Test, il soggetto deve unire i numeri in ordine crescente quindi esplorando il foglio su cui questi sono rappresentati e ricercando lo stimolo adatto. Infine nella versione B di questo test il soggetto deve alternare un numero e una lettera e quindi in questo caso è una condizione di attenzione divisa in cui deve fare attenzione contemporaneamente a due compiti.
Emerge subito che questi test non sono specifici per l’attenzione selettiva, ma ovviamente sono richieste numerose altre funzioni a partire da quelle elementari: visive, visuo-spaziali e motorie, ma soprattutto anche funzioni di programmazione, di elaborazione di strategie adeguate che assicurino flessibilità, controllo delle risposte prodotte e quindi fondamentalmente sono molte le funzioni cognitive che sono richieste da questi compiti.
L’attenzione selettiva può essere anche rivolta unicamente a caratteristiche intrinseche dello stimolo, come ad esempio il colore o in condizione di attenzione divisa a due caratteristiche contemporaneamente come, ad esempio il colore dello stimolo e il contorno.
Un test in cui è richiesto di rispondere a una sola caratteristica dello stimolo, è lo Stroop Test, in questo test:
- vengono presentate al soggetto dapprima una lista di parole che indica il nome di alcuni colori
- viene chiesto al soggetto di leggere la lista e misurato il tempo
- in seguito, viene chiesto il soggetto di denominare i colori di alcuni pallini colorati che vengono a lui presentati
- infine, nella terza condizione viene presentata nuovamente la lista di parole, tuttavia in questo caso viene chiesto al soggetto non di leggere la parola ma di indicare il colore dell’inchiostro con cui è stampata. In questa condizione si crea una notevole interferenza fra la tendenza automatica a leggere la parola e invece quanto è richiesto dal compito che richiede di denominare il colore dell’inchiostro
Le funzioni dell’attenzione selettiva comprendono funzioni distinte legate all’analisi delle caratteristiche spaziali o alle caratteristiche intrinseche dello stimolo e inoltre sono strettamente in relazione con le capacità che permettono di gestire l’interferenza, organizzare la prestazione e garantiscono una flessibilità cognitiva.
È stato proposto un modello anatomo-fisiologico delle componenti dell’attenzione, un modello tripartito, il Modello di Posner che comprende tre componenti differenti:
- un sistema della vigilanza, sostanzialmente analogo a quello che abbiamo descritto nella prima parte di questa lezione
- un sistema posteriore dell’attenzione
- un sistema anteriore dell’attenzione
Il sistema posteriore dell’attenzione comprende alcune strutture come la corteccia parietale posteriore: il Collicolo superiore o il Pulvinar talamico, è responsabile dell’orientamento spaziale dell’attenzione e quindi in particolare si occupa dello sganciamento del focus attentivo dal suo oggetto attuale, nello spostamento e nell’agganciamento di un nuovo oggetto, di un nuovo punto di interesse.
Lo scopo di questi movimenti e far sì che l’oggetto di interesse cada al centro del campo visivo e sia quindi frutto di un’analisi dettagliata.
Il sistema anteriore dell’attenzione invece comprende una serie di aree prefrontali mediali come la corteccia cingolata anteriore e l’area supplementare motoria, queste aree sono inoltre in stretta relazione con altre aree prefrontali come quelle disposte sulla superficie laterale del lobo frontale. La corteccia cingolata anteriore è particolarmente attiva in quei casi di attenzione divisa o in test come, ad esempio lo Stroop Test visto precedentemente.
In generale le funzioni del sistema anteriore sono in stretta relazione con le funzioni della memoria di lavoro e del controllo esecutivo e ha quindi una funzione importante nella regolazione dei processi attentivi garantendo ad essi flessibilità e l’aderenza alle esigenze dell’organismo.
Il ruolo delle cortecce prefrontali e parietali nell’orientamento dell’attenzione è stato particolarmente studiato da ricerche che hanno utilizzato la risonanza magnetica funzionale. In particolare, hanno utilizzato diversi test, il più famoso dei quali è il paradigma di Posner per lo studio dell’orientamento dell’attenzione, in particolare dell’orientamento implicito.
L’orientamento dell’attenzione può avvenire secondo una distinzione classica in due (network dorsale e ventrale):
- il modo volontario o endogeno o Top-down e quindi in base alle esigenze e alle intenzioni dell’individuo
- oppure in maniera automatica, in maniera esogena o Bottom-up quando uno stimolo dotato di una elevata salienza compare ad esempio e quindi richiama automaticamente la nostra attenzione
È evidente che un bilanciamento fra questi due sistemi è fondamentale per garantire un’efficace interazione con l’ambiente.
Sono stati identificati due diversi network fronto-parietali implicati nei processi di orientamento dell’attenzione:
- in particolare una rete dorsale che comprende il solco intraparietale, il lobulo parietale superiore, i campi oculari frontali
- una rete attenzionale ventrale che al contrario comprende le regioni della giunzione temporo-parietale e delle cortecce prefrontali dei giri prefrontali inferiore e medio
La rete attenzionale dorsale sarebbe principalmente implicata nell’orientamento volontario dell’attenzione e ha una rappresentazione bilaterale nei due emisferi.
Al contrario, la rete attenzionale ventrale più implicata nell’orientamento automatico avrebbe una lateralizzazione prevalente a livello dell’emisfero di destra.
Abbiamo visto quindi in questa parte due tipi di componenti attentive diverse:
- intensive che gestiscono quindi la capacità di rilevare gli stimoli,
- selettive che permettono la specificità e quindi la capacità di concentrare le nostre risorse limitate sullo stimolo più importante
Questi processi hanno lo scopo di facilitare la detezione degli stimoli in base a specifiche caratteristiche e hanno lo scopo di ridurre l’interferenza da parte degli stimoli distraenti, sono quindi un prerequisito fondamentale per la maggior parte dei test cognitivi che andiamo a presentare nella pratica clinica.
Eminegligenza spaziale
Con eminegligenza spaziale si intende:
- l’incapacità da parte del paziente di riferire la presenza di stimoli presentati nella parte dello spazio controlaterale alla lesione,
- allo stesso modo anche l’impossibilità di eseguire azioni dirette verso lo spazio controlaterale alla lesione
Il disturbo non è dovuto a una compromissione dei meccanismi motori o sensoriali. L’eminegligenza spaziale o Neglet è quasi sempre causata da lesioni dell’emisfero destro, e quindi si riferisce allo spazio sinistro.
Le lesioni possono interessare:
- più frequentemente il lobo parietale in particolare il lobo parietale inferiore e la giunzione tempero-parietale
- oltre che il lobo frontale, in particolare la corteccia dorso-laterale e i giri frontali inferiore e medio
Disturbi di questo tipo possono essere dovuti ad una lesione dei fasci di fibre che connettono fra di loro queste regioni. In particolare il fascicolo longitudinale superiore nelle sue tre branche che connettono fra di loro le regioni prefrontali e parietali e tempero-parietali.
Nella stragrande maggioranza dei casi questi disturbi sono dovuti a lesioni ischemiche dell’emisfero destro, in fase acuta, pertanto il paziente:
- tenderà ad avere la testa e lo sguardo deviati a destra
- non risponde in nessun modo agli stimoli presentati nello spazio di sinistra
- potrà non rispondere all’esaminatore o alle domande di chi si trova alla sua sinistra
- potrebbe reagire cercando il possibile interlocutore girandosi ancora di più verso destra,
- non interagisce con gli oggetti posti davanti a lui come, ad esempio il cibo nel piatto.
- il disturbo dell’eminegligenza può interessare anche la parte del corpo controlaterale, in particolare il soggetto potrebbe ad esempio non infilare la manica del pigiama nella mano di sinistra, o andare a sbattere quando cammina con gli arti di sinistra
Sia in fase acuta, ma ancora di più in fase subacuta e cronica, i disturbi possono essere evidenziati anche con una serie di test carta e matita somministrabili al letto del paziente:
- coppie di figure in cui il soggetto si limita a riprodurre la metà destra della figura
- la metà destra dell’orologio nel test di disegno di un orologio
Il deficit si evidenzia anche in test di bisezione di linee in cui viene chiesto al soggetto di tracciare un segmento che divida a metà questa linea.
Anche nei test in cui è richiesta una ricerca visiva, quindi un’esplorazione del foglio si vede che il soggetto si limita ad identificare seppur correttamente soltanto gli stimoli presentati all’estrema destra e quindi presenta un deficit molto marcato della capacità di esplorare la metà sinistra dello spazio. Questo si evidenzia anche in test come quelli che abbiamo descritti precedentemente per lo studio dell’attenzione selettiva, come il test di ricerca visiva.
In fase subacuta e cronica possono evidenziarsi dei disturbi più sfumati invece in genere quando il paziente ha ormai recuperato dalle lesioni dalla fase clinica acuta. Un fenomeno che si può osservare è tipicamente il fenomeno dell’estinzione ovvero, in soggetti che sono in grado di identificare correttamente uno stimolo presentato sia nello spazio ipsilaterale che in quello controlaterale, questi soggetti possono presentare una selettiva estinzione, una mancata capacità di evocare lo stimolo presentato a sinistra se questo viene presentato contemporaneamente a uno stimolo ipsilaterale.
La presentazione bilaterale di fatto provoca un’estinzione dello stimolo presentato nello spazio di sinistra.
Importante dire però, che l’estinzione può manifestarsi anche per lesioni dell’emisfero sinistro che in genere non danno origine a una vera e propria sindrome da Neglet.
Un altro fenomeno che può essere riscontrato in questi pazienti è il fenomeno della alloestesia, per cui uno stimolo presentato nello spazio di sinistra viene riferito dal soggetto come presente nello spazio di destra.
Sono stati proposti diversi modelli per spiegare i deficit presentati dai pazienti con Neglet , è stato ipotizzato che in questi pazienti vi sia un disturbo percettivo sensoriale, infatti è noto che l’emisfero destro ha una superiorità e una particolare specializzazione nelle abilità visuo-spaziale, è vero anche che questi disturbi possono coesistere in questi pazienti e secondo alcuni autori, quindi sarebbero da imputare ad essi le difficoltà di questi pazienti nella interazione con la metà sinistra dello spazio. Allo stesso modo questo spiegherebbe la superiorità e la maggiore frequenza di lesioni destre.
Tuttavia, è stato chiaramente ormai dimostrato che molto spesso i disturbi delle analisi visuo-spaziali possono anche essere assenti in questi pazienti, ma soprattutto quello che ha dimostrato chiaramente che dobbiamo cercare ipotesi alternative almeno per la maggior parte dei casi è questo famoso esperimento, definito l’esperimento della piazza del Duomo:
– ad un paziente con Neglet veniva chiesto di descrivere la Piazza del Duomo immaginando di trovarsi di fronte al Duomo, il soggetto in questo caso descriveva a memoria soltanto gli edifici presenti nella parte destra della piazza
– in seguito al soggetto veniva chiesto di immaginare di trovarsi invece con le spalle al Duomo e di descrivere nuovamente la piazza. Il soggetto in questo caso descriveva correttamente tutti gli edifici che si trovavano a questo punto alla sua ipotetica destra che prima non erano stati descritti
Questi esperimenti hanno mostrato chiaramente come in questi pazienti vi sia un deficit della rappresentazione dello spazio e quindi il fenomeno del Neglet, dell’eminegligenza può applicarsi anche alle costruzioni interne e allo spazio interno.
Infine, per spiegare i disturbi dei pazienti con Neglet sono state proposte delle ipotesi attentive – Modello di Kinsbourne – ovvero questi pazienti avrebbero un disturbo selettivo della capacità di spostare il focus dell’attenzione verso lo spazio di sinistra. È stato ipotizzato che entrambi gli emisferi siano in possesso della capacità di spostare il focus dell’attenzione verso lo spazio controlaterale, è stato però ipotizzato che l’emisfero sinistro abbia una tendenza più sbilanciata nel portare l’attenzione verso destra, pertanto secondo questo modello vettoriale vediamo come la maggiore prevalenza di lesioni destra della sindrome di Neglet possa essere spiegata con questa ipotesi dei vettori. Quindi:
– mentre una lesione destra abolisce completamente la possibilità di portare l’attenzione verso lo spazio di sinistra
– al contrario una lesione di sinistra non provoca un deficit paragonabile, questo è dovuto al fatto che l’emisfero destro possederebbe una rappresentazione anche dello spazio ipsilaterale e quindi sarebbe dotato anche dei meccanismi per spostare il focus attentivo anche nello spazio controlaterale.
Questo modello ci spiega bene quindi la superiorità delle lesioni destre e della loro maggiore frequenza e sembra anche confermato da alcuni studi sperimentali.
È stato dimostrato che è possibile modificare le manifestazioni cliniche dell’eminegligenza utilizzando la capacità della stimolazione magnetica transcranica di modulare l’eccitabilità delle aree parietali e frontali.
Quello che è molto importante è che è stato dimostrato che possiamo migliorare la clinica dei pazienti anche agendo a livello dell’emisfero sinistro sano.
In particolare, inibendo strutture di questo emisfero possiamo ri-normalizzare, possiamo ridurre lo sbilanciamento fra i vettori e migliorare i deficit clinici.
È importante ricordare quanto numerose osservazioni indicano che la negligenza spaziale non sia un disturbo unitario ma che al contrario possa manifestarsi con deficit assai selettivi e specifici.
Questi dati sembrano indicare una ipotesi modulare dell’organizzazione dello spazio, in particolare è stato proposto che vi siano dissociazioni fra diverse modalità sensoriali e all’interno di queste fra i diversi spazi: come vedete per esempio nell’immagine:
– per la modalità visiva sono state descritte delle distinzioni fra lo spazio vicino e lo spazio lontano, in particolare fra lo spazio personale e lo spazio extra personale
– quello che emerge quindi, sembrerebbe che lo spazio viene rappresentato in molti modi differenti e che la nostra capacità di percepire lo spazio come unico sia dovuto alle interazioni che esistono fra diverse modalità separate
In copertina Foto di Jametlene Reskp su Unsplash
fonte uninettuno
Dottore in Psicologia, Facilitatore in Mindfulness (ric. IPHM), Master DCA (Disturbi del Comportamento Alimentare), Master in Sessuologia Clinica, Master in Linguaggi della Psiche, Conoscitore in psicosomatica, Poeta, Studioso di filosofia e psicologia del profondo