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Il sistema visivo
La percezione e il riconoscimento degli oggetti che ci circondano possono avvenire attraverso diverse modalità sensoriali.
Nell’uomo sicuramente la modalità visiva svolge un ruolo predominante, questo è dimostrato dal fatto che gran parte del cervello è deputata all’analisi di stimoli visivi e che questi disturbi sono senza dubbio i più frequenti.
Perché sia possibile il riconoscimento di stimoli visivi sono necessarie una serie di processi differenti, è necessario innanzitutto che siano integre le funzioni visive elementari, ovvero che siamo in grado di percepire ad esempio le forme, i colori di un’immagine.
Inoltre, devono essere intatte le capacità di integrare le caratteristiche fisiche dell’immagine in un’immagine complessa e strutturata. Infine, è necessario l’accesso alle conoscenze strutturali e alle conoscenze semantiche.
L’anatomia del sistema visivo
I segnali luminosi sono trasformati in impulsi nervosi a livello della retina. La retina è una struttura complessa in cui troviamo diversi tipi cellulari fra cui:
- i fotorecettori, i coni e i bastoncelli
- le cellule ganglionari i cui assoni vanno a formare il nervo ottico
All’interno della retina distinguiamo una struttura specializzata che è la fovea, a questo livello vi è la più alta concentrazione di fotorecettori e in particolare di coni. La fovea permette la visione dettagliata, la visione centrale appunto o foveale. Pertanto, quando esploriamo l’ambiente e abbiamo bisogno di studiare l’aspetto o identificare uno stimolo, quello che facciamo e dirigere lo sguardo verso di esso in modo che vada a cadere nel punto di fissazione centrale, ovvero la sua immagine sia posizionata in ogni occhio, in ogni retina a livello della fovea.
Se analizziamo l’organizzazione della retina, in ciascuna retina distinguiamo una porzione nasale e una porzione temporale.
Gli stimoli che vengono presentati ad esempio nella parte destra del campo visivo andranno a cadere pertanto sulla metà nasale dell’occhio omolaterale e su quella temporale dell’occhio controlaterale.
È importante dire questo perché all’interno del nervo ottico le fibre provenienti dalla porzione nasale della retina decorrono medialmente, mentre quelle provenienti dalla porzione temporale decorrono lateralmente.
A livello di una struttura denominata chiasma ottico, abbiamo un incrocio di fibre, e in particolare, abbiamo il passaggio contro-lateralmente delle fibre provenienti dalla mia retina nasale, e quindi continueranno il loro decorso insieme alle fibre della emiretina temporale controlaterale. In questo modo, superato il chiasma ottico abbiamo che tutte le fibre che portano le informazioni provenienti da un intero campo visivo sono riunite da un lato.
Lesione di queste strutture possono determinare un disturbo del campo visivo:
- una lesione a livello della retina o di un nervo ottico determinerà un disturbo monoculare,
- un disturbo a livello del chiasma ottico determinerà invece un fenomeno caratteristico definita emianopsia bi-temporale
In questo caso la lesione si tratta in genere di adenomi dell’ipofisi che determinano una compressione sulla porzione centrale del chiasma ottico andando ad interessare selettivamente le fibre che qui si incrociano, ovvero quelle provenienti dalle emi-retine nasali, il disturbo sarà quindi limitato alle due porzioni temporali del campo visivo.
Le lesioni retro-chiasmatiche daranno invece un disturbo di un emicampo visivo definite emianopsia laterale omonima, o nel caso di lesioni più limitate ad un solo quadrante: quadrantopsia.
Superato il chiasma ottico, le fibre decorrono in ciascun lato e vanno a raggiungere una struttura importante che è il corpo genicolato laterale. Il corpo genicolato laterale è una struttura composta da sei diversi strati e abbiamo detto riceve in ogni lato le fibre provenienti dall’emiretina temporale omolaterale è dall’emiretina nasale controlaterale. Quindi, i neuroni del corpo genicolato sono i primi in cui un intero emicampo visivo è rappresentato insieme.
È importante dire che nel corpo genicolato laterale distinguiamo due regioni una regione magnocellulare e una parvocellulare.
Queste ricevono afferenze diverse dalla retina ed inviano il loro segnale in maniera distinta ai neuroni della corteccia visiva primaria.
È importante anche citare un’altra stazione: il collicolo superiore. Il collicolo superiore è una struttura localizzata nel tetto del mesencefalo ed è importante nel controllo dei movimenti oculari, nei riflessi oculari e anche nei movimenti del tronco del capo. Questa struttura ha delle connessioni a sua volta con le regioni extrastriate della corteccia visiva ed è importante tenere a mente l’esistenza di queste connessioni.
La corteccia visiva primaria
A questo livello giungono le proiezioni provenienti dal corpo genicolato laterale.
Nella corteccia visiva primaria definita corteccia striata, o V1, i neuroni ricevono questi input e in seguito inviano a diverse regioni specializzate localizzate nelle aree limitrofe nelle cortecce extrastriate.
Un disturbo che interessi la corteccia visiva primaria determinerà una sindrome definita: cecità corticale. Definita appunto da presenza di cecità ma con la caratteristica di avere il riflesso alla luce conservato.
Un fenomeno che possiamo riscontrare in pazienti con cecità corticale è il fenomeno del Blindsight o visione cieca. Ovvero, in soggetti con danni in V1 può essere mantenuta la capacità di avvertire uno stimolo compiendo un movimento degli occhi nella direzione dello stimolo anche quando questo venga presentato in una porzione cieca del campo visivo.
Questo fenomeno è interpretato come un effetto possibile grazie alle connessioni che abbiamo citato che esistono fra il collicolo e le aree extrastriate. Quindi, un segnale che giunge alla regione extrastriata in qualche modo by-passando il danno di V1.
Alcuni fenomeni caratteristici che possiamo vedere per danno di regioni specifiche nelle cortecce extrastriate sono il fenomeno della acromatopsia e della akinetopsia.
L’acromatopsia è definita come un disturbo nella visione dei colori non dovuto a un danno delle strutture retiniche, e quindi in particolare dei coni. È associato a un danno di V4 e il danno del disturbo può essere anche mono laterale se il danno è di un solo lato.
Il fenomeno della akinetopsia – sono stati descritti alcuni pazienti che hanno un deficit selettivo nella visione degli oggetti in movimento come il caso famoso di una paziente che aveva difficoltà nell’attraversare la strada, o per esempio nel versare il liquido in una tazza perché riferiva che il liquido gli appariva come congelato, salvo poi ritrovarlo versato fuori.
L’analisi dello stimolo delle vie visive avviene in un certo senso in serie, ovvero abbiamo aree che agiscono in successione analizzando e producendo un’analisi sempre più raffinata dello stimolo, ma viene anche in parallelo.
Aree differenti si occupano di analizzare e di processare contemporaneamente caratteristiche diverse dell’immagine visiva.
È stato proposto che esistano schematizzando due principali vie di analisi dello stimolo visivo:
- una via dorsale, diretta alla corteccia parietale posteriore e deputata principalmente all’analisi delle caratteristiche visuo-spaziali della scena, alla localizzazione degli oggetti e quindi è importante per la programmazione, ad esempio dei movimenti di prensione degli oggetti. Questa è stata definita via dorsale o via del dove
- una via ventrale diretta alle cortecce temporali inferiori e avanti fino al polo temporale. Disturbi di questa via si manifestano con dei deficit nel riconoscimento degli oggetti e saranno l’argomento del prossimo capitolo
Disturbi del riconoscimento di stimoli visivi
Sono stati descritti i dei pazienti che presentano deficit di riconoscimento di stimoli visivi in assenza di disturbi percettivi elementari. In questi pazienti sono stati descritti dei disturbi selettivi che comportano la compromissione del riconoscimento di specifiche categorie di stimoli, si parla pertanto di agnosia per gli oggetti o agnosia per i volti.
Una prima distinzione fra le forme di agnosia prevede una distinzione fra:
- forme di agnosia appercettive
- forme di agnosia associative
Agnosia appercettiva
Nelle forme di agnosia appercettiva vi è un deficit dell’integrazione dei dati elementari in forme visive complesse e strutturate. I pazienti tipicamente hanno un deficit, quindi un’incapacità di creare una rappresentazione complessa e strutturata dello stimolo che hanno percepito. Saranno quindi, incapaci di effettuare:
- una copia di un disegno
- di descrivere accuratamente lo stimolo nelle sue caratteristiche fisiche
- di distinguerlo da altri percettivamente simili
Agnosia associativa
Al contrario, nelle forme di agnosia associativa, il paziente non ha problemi in questi compiti, ma invece ha un’impossibilità di accedere alle conoscenze immagazzinate relative agli oggetti conosciuti:
- non avrà problemi, per esempio a copiare il disegno
- sarà tuttavia incapace di denominare, definire, descrivere ciò che ha copiato
Modelli sequenziali del riconoscimento
La distinzione tra agnosia appercettiva e associativa è sempre valida, tuttavia è stato proposto di descrivere meglio il disturbo tenendo conto del livello di analisi interessato.
Sono stati proposti dei modelli sequenziali che prevedono che il sistema visivo analizzi in sequenza diversi tipi di descrizione dello stimolo prima di arrivare al riconoscimento.
Secondo il modello di Marr (1982), è stato proposto che il sistema visivo analizzi prima uno schema primario, ovvero una rappresentazione delle caratteristiche elementari della immagine visiva, questa viene poi integrata al fine di realizzare delle rappresentazioni più complesse che inizialmente sono delle rappresentazioni legate al punto di vista dell’osservatore, e quindi hanno un’organizzazione retinotopica,
Fino ad arrivare a delle rappresentazioni più complesse, così dette tridimensionali 3D, queste permettono di rappresentare l’oggetto indipendentemente dal punto di vista, di descrivere le associazioni fra le sue componenti e i rapporti tra queste.
Queste descrizioni sono fondamentali per il riconoscimento.
Modelli sequenziali (Riddoch e Humpreys)
Lo step successivo perché avvenga riconoscimento è l’accesso al sistema in cui sono contenute le descrizioni strutturali degli oggetti conosciuti. Perché avvenga, questo confronto è necessario che a livello precedente si sia raggiunta una descrizione dell’oggetto di tipo indipendente dal punto di vista.
Se vi è una corrispondenza tra la descrizione dell’oggetto percepito e una di quelle delle descrizioni degli oggetti conosciuti depositati in questo sistema abbiamo un senso di familiarità, avremo quindi la sensazione di aver visto un oggetto conosciuto.
Tuttavia, perché si possono rievocare le conoscenze semantiche su quell’oggetto, quindi per essere per esempio in grado di definirne l’uso, in quale contesto viene esperito, dovremmo attivare la rete di conoscenze semantiche.
È stato quindi proposto di distinguere le forme di agnosia appercettiva in forme diverse a seconda del livello di analisi interessato, distinguiamo così:
agnosia per la forma, in cui il problema e nel ricostruire le forme elementari, quindi per esempio i contorni dell’oggetto, il soggetto avrà difficoltà nel riconoscere forme semplici, nel copiarle e nell’accoppiare forme uguali
agnosia integrativa quando invece il disturbo e nell’integrare diverse componenti dell’immagine in un’immagine unitaria, i pazienti ad esempio potranno mostrare una prestazione migliore nel riconoscere la silhouette di un oggetto, una prestazione migliore di quando invece presentiamo un oggetto con molti dettagli interni
agnosia trasformazionale, in questi casi il disturbo sarebbe proprio nel processo che permette di creare una rappresentazione dell’oggetto percepito indipendente dal punto di vista dell’osservatore. Questi pazienti mostrano quindi dei disturbi più marcati quando per esempio, presentiamo uno stimolo visto da una prospettiva insolita, come in questi casi.
Abbiamo detto che lo step successivo una volta avvenuti i processi della codifica strutturale, il confronto dell’immagine percepita con le descrizioni strutturali degli oggetti conosciuti. È stato proposto quindi che in alcuni pazienti il disturbo possa essere causato selettivamente da una compromissione di queste descrizioni strutturali. In questi pazienti dobbiamo quindi testare l’integrità di questo magazzino, possiamo farlo chiedendo al paziente di disegnare a memoria, o ancora meglio possiamo chiedere al paziente, come in questo test, di distinguere fra oggetti esistenti e oggetti non esistenti. È evidente che un oggetto che non esiste non potrà trovare una sua descrizione corrispondente in questo magazzino e mancherà il senso di familiarità.
Sono stati descritti pazienti che non hanno nessun disturbo nei test descritti precedentemente, quindi nella fase di codifica strutturale, e presentano invece una compromissione di questo magazzino. È importante anche dire che il magazzino delle descrizioni strutturali degli oggetti e quello delle conoscenze semantiche sono distinti e possono essere interessati separatamente.
In alcuni pazienti è stato evidenziato che nonostante i fenomeni di codifica strutturale, e nonostante le descrizioni strutturali degli oggetti siano integre, il problema sia rappresentato da un accesso al magazzino delle conoscenze semantiche. Alcuni pazienti presentano infatti, una preservata conoscenza della struttura percettiva dell’oggetto, sono integre le conoscenze semantiche testate attraverso altre modalità, quindi confermando che la traccia semantica non è andata persa, ma mostrano un deficit di accesso attraverso la modalità visiva. È stato quindi proposto di chiamare queste forme di agnosia come agnosia semantica di accesso – in questo caso i pazienti hanno un deficit selettivo di accesso alle conoscenze semantiche attraverso la modalità visiva.
Nei casi in cui invece abbiamo una degradazione, una perdita della traccia semantica, questi si associano a un disturbo multimodale del riconoscimento, vuol dire che se la traccia è persa sarà impossibile accedere a quelle informazioni anche attraverso altre modalità, per esempio attraverso il nome dell’oggetto. È stato proposto da alcuni autori di considerare la agnosia associativa di fatto come un disturbo non più limitato al solo canale visivo ma un disturbo multimodale come quello che vediamo in pazienti con demenza semantica.
Disturbi del riconoscimento dei volti
i volti rappresentano per l’uomo una classe di stimoli estremamente importanti. Consideriamo il fatto che le interazioni sociali sono tra le attività più importanti e che quando incontriamo una persona guardiamo naturalmente prima di tutto il volto, proprio perché il volto è la singola parte del corpo in grado di fornirci le informazioni più importanti. Guardando un volto e per esempio analizzando le caratteristiche che cambiano da un momento a un momento come le espressioni o la direzione dello sguardo, possiamo avere infatti delle informazioni estremamente importanti, ad esempio sugli stati d’animo, sulle emozioni e sulle intenzioni degli altri.
Tuttavia, analizzando un volto possiamo anche concentrarci su altre caratteristiche, in particolare su quelle più stabili, ad esempio pensiamo ai rapporti della distanza tra gli occhi, fra gli occhi e la bocca, il rapporto fra gli occhi, il naso e la bocca. L’analisi di queste caratteristiche ci permetterà invece di risalire all’identità e quindi di riconoscere la persona.
Con il termine prosopoagnosia si intende un disturbo in cui pazienti hanno un deficit selettivo nel riconoscere i volti noti.
Secondo alcuni autori la prosopoagnosia non rappresenterebbe un disturbo a parte, sarebbe semplicemente dovuta dal fatto che i volti rappresentano una categoria di stimoli particolarmente difficili. È vero, infatti, che i volti sono estremamente simili tra di loro, ed è vero anche che abbiamo detto che per arrivare al riconoscimento è importante escludere tutti da una serie di caratteristiche variabili del volto che non sono necessarie per il riconoscimento dell’identità.
Tuttavia, alcuni altri autori hanno proposto che invece la prosopoagnosia potrebbe rappresentare proprio un disturbo specifico per i volti, in considerazione dell’alta importanza che hanno questi stimoli per l’uomo e del fatto che sembra esserci una parte del cervello dedicata all’analisi di questi stimoli.
È stato inoltre evidenziato che molti pazienti con prosopoagnosia non sembrano avere nessun disturbo di tipo percettivo e soprattutto sembrano in grado di distinguere degli stimoli altrettanto difficili come quelli dei volti. Un caso paradigmatico è rappresentato nel caso di un paziente che dopo aver sviluppato una forma di prosopoagnosia grave riferiva di non aver difficoltà, ad esempio a distinguere le sue pecore, quindi sicuramente una classe di stimoli altrettanto difficili dei volti.
Sono stati proposti anche per il riconoscimento dei volti dei modelli sequenziali, il modello di Bruce e Young (1986) è molto conosciuto. È simile al modello presentato in precedenza per il riconoscimento degli stimoli visivi che prevede anche questo:
- una fase di codifica strutturale in cui vengono analizzate e ricostruite le caratteristiche del volto percepito,
- una fase in cui dovremmo accedere alle conoscenze sui volti noti, contenute a livello nelle unità di riconoscimento di volti
- infine, dovremmo accedere alle informazioni personali, a livello dei nodi di identità personale
- infine, l’ultimo step sarà il recupero del nome della persona
Un problema a livello della codifica strutturale del volto è stato associato alle forme di prosopoagnosia percettiva, in cui quindi il paziente ha un deficit nell’integrazione delle caratteristiche del volto e nel formare quindi un’immagine complessa e strutturata. Anche per l’analisi del volto vediamo come per la codifica strutturale degli stimoli visivi nel modello di Marr, una serie di processi successivi, in particolare si formeranno dapprima delle rappresentazioni del volto dipendenti dal punto di vista e in seguito delle descrizioni del volto indipendenti dal punto di vista dell’osservatore e dalle espressioni del volto.
Pazienti con il disturbo di tipo appercettivo avranno difficoltà in un test come quello mostrato a destra, il test di Benton e Van Allen (1968), in cui il soggetto deve distinguere fra volti simili, soprattutto in condizioni ad esempio avrà difficoltà quando sono presentati da prospettive diverse.
Una volta avvenuta la fase di codifica del volto, abbiamo detto il volto percepito deve essere confrontato con i volti delle persone conosciute contenute a livello di un’unità di riconoscimento di volti: se avviene una corrispondenza, ovvero quindi il volto percepito riuscirà ad attivare una di queste unità che contiene quindi il volto di persone note, avremo un senso di familiarità per il volto.
Lo step successivo abbiamo detto è l’accesso al nodo di identità personale e al recupero delle informazioni semantiche individuali.
L’ultimo step abbiamo detto è rappresentato dal nome.
Questo modello effettivamente rende conto anche di alcuni fenomeni che succedono nella vita di tutti i giorni, può infatti succedere di avere un senso di familiarità per un volto pur non riuscendo ad accedere all’informazione semantiche e può succedere anche di riuscire di una persona a ricordare diverse informazioni semantiche in assenza della rievocazione del nome, mentre invece non avviene il contrario.
Questo modello è ampiamente accettato, tuttavia sono stati proposti una serie di modifiche successive, queste riguardano soprattutto il livello che emerge il senso di familiarità e il sistema in cui sono contenute le conoscenze semantiche.
Secondo alcuni modelli successivi, infatti che hanno portato alcune modifiche di Bruce e Young è stato proposto che il senso di familiarità emerga livello di nodi di identità personale, i quali sono dei punti a cui si può accedere non solo attraverso il volto ma attraverso altre unità specifiche che per esempio analizzano altre caratteristiche come la voce di una persona. Una volta che si ha l’accesso al nodo di identità personale questo garantisce l’accesso a sua volta ha un sistema semantico unitario che contiene fra le altre le informazioni sulla persona.
Studi in pazienti che una prosopoagnosia, in modelli animali ed anche studi in soggetti sani utilizzando le tecniche di risonanza magnetica funzionale hanno evidenziato che una serie di aree sono responsive alla presentazione dei volti.
Queste comprendono:
- strutture nel solco temporale superiore STS
- strutture che invece si ritrovano a livello della porzione inferiore del lobo occipitale e temporale come la Fusiform Face Area FFA
- Occipital Face Area OFA
Alcune di queste aree come il solco temporale superiore sono maggiormente associate all’analisi di caratteristiche come le espressioni del volto, altre come le ultime due invece sembrano soprattutto deputate all’analisi delle caratteristiche strutturali e quindi all’analisi dell’identità.
Queste due aree sono poste lungo la via ventrale che abbiamo descritto all’inizio, possiamo immaginare che lungo questa via, spostandoci in senso caudale verso le porzioni rostrali, abbiamo un progressivo affinamento dell’analisi visiva.
In copertina Foto di Artyom Korshunov su Unsplash
fonte uninettuno
Dottore in Psicologia, Facilitatore in Mindfulness (ric. IPHM), Master DCA (Disturbi del Comportamento Alimentare), Master in Sessuologia Clinica, Master in Linguaggi della Psiche, Conoscitore in psicosomatica, Poeta, Studioso di filosofia e psicologia del profondo