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Desiderio, Compassione: Un Viaggio di Riparazione e Crescita
La vita quotidiana è spesso vissuta come un flusso continuo di desideri, attese e azioni che sembrano a volte frammentarsi in mille pezzi. Ma come possiamo vivere questi frammenti in modo autentico, accogliendoli come parte di un percorso che ci spinga verso l’integrazione, la cura e la compassione?
Questo cammino di crescita si radica nei desideri che ci abitano, nella capacità di prendersi cura di noi stessi e degli altri, e nella consapevolezza che ogni giorno ci offre una nuova opportunità di riparare il mondo.
Il Desiderio: Energia e Tensione tra Possibilità e Mancanze
Ogni desiderio che proviamo è un seme di possibilità, un’intenzione che può spingerci a esplorare nuove direzioni, o a rimanere incastrati in dinamiche che ci imprigionano.
Luce Irigaray, una delle pensatrici più significative del pensiero femminista e filosofico contemporaneo, scrive che “il desiderio è un possibile, non ancora del nostro essere”.
Il desiderio non deve essere visto come un vuoto da riempire, ma come uno spazio di disponibilità ad accogliere la verità, la bellezza e la gioia. È un desiderio che ci spinge a diventare ciò che non siamo ancora, ad aprirci all’ignoto con coraggio e compassione.
Nel contesto buddhista tibetano, il termine per desiderio, chanda, possiede diverse sfumature:
- una neutra, che rappresenta una tensione etica
- una negativa, legata al desiderio sensoriale che ci tiene prigionieri
- una positiva, che si riferisce al desiderio per il Dharma, ovvero un impegno verso la verità e la virtù
Per il Buddhismo tibetano, coltivare il desiderio etico è essenziale per muoversi verso una vita più piena e autentica, perché solo così possiamo sviluppare una relazione sana con noi stessi e con il mondo.
Il Quotidiano: Il Tempo della Cura e della Ripetizione
Vivere nel quotidiano è una delle chiavi per realizzare i nostri desideri più autentici. Il quotidiano non è solo un flusso meccanico di azioni ripetitive, ma è il terreno fertile dove possiamo mettere in pratica la nostra crescita.
Come dice la filosofia tibetana, vivere quotidianamente implica essere devoti alla terra, come piedi ben piantati sulla terra che ci ospita, accogliendo ogni singolo momento con una mentalità di cura e attenzione. Ogni gesto, anche il più semplice, è un atto di creazione che ripara e nutre.
La ripetizione di gesti quotidiani, come quelli dei mantra o delle preghiere, è un’altra dimensione importante di questo cammino.
La ripetizione non è un atto vuoto, ma un invito a entrare in una dimensione profonda di noi stessi.
Le preghiere, i mantra, ma anche i semplici gesti quotidiani, come girare i grani del rosario o della mala, ci permettono di andare oltre il livello superficiale della nostra esistenza e di accedere a una dimensione spirituale e compassionevole, in cui ogni atto diventa una possibilità di crescita.
La Compassione: Riparare il Cuore e Accogliere la Frammentazione
Se il desiderio è la forza che ci spinge a cambiare, la compassione è la qualità che ci permette di guarire e riparare. La compassione, come scrive la tradizione tibetana, è “cuore superiore”, ovvero quella forza che va oltre il dualismo di “me” e “altro”, di “io” e “l’altro”. La compassione è l’atto di desiderare che la sofferenza nostra e di tutti gli esseri possa cessare, ma non è solo una speranza passiva: è un’azione che deve trasformarsi in un’attitudine del cuore.
La figura di Avalokitesvara, il bodhisattva della compassione, è un simbolo potente di questo desiderio di cura e di riparazione. La compassione è l’energia che ci fa diventare interi, che ci permette di riconoscere la sofferenza in noi stessi e negli altri, e di affrontarla con amorevole accettazione.
La Riparazione: Nutrire e Curare ogni giorno
In tibetano, il verbo per “riparare” è so qua, che significa anche nutrire, allevare e curare. Questo verbo ha una valenza materna e profonda, che implica non solo il ripristino materiale di ciò che è rotto, ma anche un’azione di cura e attenzione che ripara il cuore e nutre l’anima.
Questa riparazione, infatti, è quotidiana: ogni giorno dobbiamo fare i conti con la nostra separazione, con la nostra frammentazione interiore, e cercare di ricomporre i pezzi della nostra esistenza.
Questa riparazione è simbolicamente un koan, un paradosso che ci invita a comprendere che, pur cercando di “riparare” ogni giorno il mondo, dobbiamo riconoscere che “la tazza è già rotta”.
Questo insegnamento ci ricorda che la perfezione non è nel mondo esterno, ma nella capacità di vivere con consapevolezza l’imperfezione stessa.
Ogni volta che affrontiamo la sofferenza, il dolore, la perdita, siamo chiamati a guardare oltre, a percepire che, nonostante la rottura, tutto è comunque parte di un grande ciclo che ci rende interi.
La Vita come atto di Riparazione e Compassione
Ogni giorno è un atto di riparazione, di nutrimento e di cura.
Vivere il quotidiano con una consapevolezza profonda del nostro desiderio e della nostra compassione è la chiave per diventare persone più autentiche, più connesse con noi stessi e con il mondo.
Il desiderio etico e la compassione ci invitano a superare la separazione e a integrare la frammentazione, facendo di ogni pezzo del nostro cammino un’opportunità di crescita.
In questo processo, ogni giorno diventa un viaggio di riparazione e di ritorno all’interezza, un viaggio che si compie nei piccoli atti quotidiani, nella ripetizione di gesti che portano il cuore a scoprire il mondo intero.
Dottore in Psicologia, Facilitatore in Mindfulness (ric. IPHM), Master DCA (Disturbi del Comportamento Alimentare), Master in Sessuologia Clinica, Master in Linguaggi della Psiche, Conoscitore in psicosomatica, Poeta, Studioso di filosofia e psicologia del profondo