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Come sviluppare compassione e vacuità

Candrakīrti, nel “Supplemento alla via di mezzo”, disse che la compassione, la mente non dualistica, e la bodhicitta, o mente della illuminazione, sono le cause del bodhisattva. Significa che per divenire bodhisattva occorre sviluppare la grande compassione, rivolta agli esseri senzienti come oggetto di osservazione, cioè il desiderio che tutti gli esseri siano liberi da sofferenza e dalle cause della sofferenza. La non dualità si riferisce al fatto che tutti i fenomeni sono vuoti di esistenza intrinseca. Dal punto di vista della vacuità, la mente degli esseri ordinari e degli esseri illuminati sono di un’unica entità. L’oggetto di negazione è l’esistere intrinseco e a sé stante della mente. Anche la mente convenzionale di bodhicitta, il desiderio di ottenere l’illuminazione per il beneficio degli esseri, è importante per ottenere l’illuminazione. Ma per ottenere l’illuminazione abbiamo due ostacoli principali: l’egoismo e l’auto affermazione che si aggrappa a un io. Si parla in questo secondo caso della visione della raccolta del transitorio. L’oggetto di questa visione è il senso dell’io e del mio che vengono colti come esistenti intrinsecamente, come qualcosa di a sé stante. Questo, che è l’ostacolo principale per ottenere il nirvana, è la radice dell’esistenza ciclica. Tutti i difetti e gli svantaggi del samsara provengono da questa radice, la collezione della visione del transitorio che va eliminata. Per questo abbiamo bisogno di comprendere e realizzare. Prima dobbiamo ottenere una comprensione intellettuale della vacuità e poi la dobbiamo trasformare in una effettiva realizzazione diretta della vacuità. Quindi inizialmente si avrà una cognizione valida deduttiva della vacuità. La successiva realizzazione è la percezione diretta della vacuità“. – Ghesce Ciampa Ghiatso (Nalanda Edizioni)

La compassione, la vacuità e la bodhicitta nel cammino del Bodhisattva

Candrakīrti, nel suo Supplemento alla via di mezzo, ha delineato con chiarezza gli elementi fondamentali che conducono al cammino del bodhisattva: la grande compassione, la mente non dualistica e la bodhicitta, la mente dell’illuminazione.

Questi tre aspetti rappresentano le cause primarie per intraprendere e avanzare lungo il sentiero spirituale che porta alla completa illuminazione.

Come sviluppare compassione e vacuità

Che cosa significa sviluppare la grande compassione?

La grande compassione è una condizione imprescindibile per diventare bodhisattva.

Essa implica un profondo desiderio che tutti gli esseri senzienti siano liberi dalla sofferenza e dalle cause che la generano.

Questa compassione universale non è un semplice sentimento, ma una consapevolezza attiva e trasformativa che guida le azioni del praticante.

L’importanza dell’oggetto di osservazione

La grande compassione si rivolge agli esseri senzienti come oggetto di osservazione.

Questo significa che il bodhisattva non si limita a contemplare la sofferenza in modo astratto, ma la riconosce concretamente negli esseri viventi, impegnandosi a liberare ogni essere da questa condizione.

La mente non dualistica e la vacuità

La non dualità si riferisce alla comprensione che tutti i fenomeni sono privi di un’esistenza intrinseca. Secondo Candrakīrti, la distinzione tra la mente degli esseri ordinari e quella degli esseri illuminati si dissolve quando si realizza la vacuità. Questo concetto implica che:

  • La mente, sia convenzionale che illuminata, è priva di una realtà autonoma.
  • L’oggetto di negazione è l’idea che la mente stessa possieda un’esistenza intrinseca e indipendente.

La vacuità come chiave del cammino spirituale

Per ottenere l’illuminazione, il praticante deve sviluppare una comprensione intellettuale della vacuità, trasformandola successivamente in una realizzazione diretta. Questo processo avviene in due fasi:

  1. Cognizione valida deduttiva: una comprensione logica che deriva dall’analisi e dal ragionamento.
  2. Percezione diretta: uno stato di realizzazione che va oltre il pensiero concettuale.

Gli ostacoli principali: egoismo e visione del transitorio

Due ostacoli fondamentali impediscono il raggiungimento dell’illuminazione:

  1. Egoismo: un attaccamento all’idea di sé come entità separata.
  2. Visione della raccolta del transitorio: una percezione erronea che attribuisce al senso dell’io e del mio un’esistenza intrinseca.

Questa visione errata è la radice dell’esistenza ciclica (samsara), da cui derivano tutti i difetti e le sofferenze. Eliminare questa visione è essenziale per spezzare il ciclo del samsara e accedere al nirvana.

Come superare la visione del transitorio?

La comprensione della vacuità è la via maestra per superare gli ostacoli. Per giungere a questa realizzazione, il praticante deve:

  1. Acquisire una chiara comprensione teorica della vacuità attraverso lo studio e l’analisi.
  2. Integrare questa conoscenza nella pratica meditativa, trasformandola in una percezione intuitiva e diretta.
Pubblicato il
9 Gennaio 2025

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