Dal 16 al 18 aprile 2025 ho avuto l’opportunità di partecipare, presso l’Istituto Lama Tzong Khapa (ILTK), ad un ritiro di meditazione Vipassana. Questo ritiro ha anche rappresentato una tappa significativa del percorso iniziato nel 2024 con la scuola di formazione per istruttori di meditazione, fondata da Mario Thanavaro.
Il tema centrale del ritiro è stato “Andare oltre la sofferenza”, un argomento che abbiamo esplorato intensamente attraverso circa sei-sette ore di pratica quotidiana, alternando momenti di meditazione seduta con quelli di meditazione camminata (tradizione Theravāda).
È nell’ordinarietà dei gesti e nelle sfide di ogni giorno, che si misura la profondità di ciò che coltiviamo.
Tra gli insegnamenti ricevuti, alcuni passaggi mi hanno colpito profondamente e desidero condividerli:
- La coscienza come accesso all’interiorità
È proprio grazie alla coscienza che possiamo entrare in contatto con il nostro mondo interiore, una dimensione spesso sconosciuta a molti, tanto è forte – e spesso inconsapevole – la sofferenza. Tuttavia, anche nei momenti più oscuri, può emergere potente il “gancio” della fede e della fiducia, che ci sostiene e ci orienta. - La responsabilità dei nostri limiti
L’unico vero potere che possediamo è quello di assumerci la responsabilità dei nostri limiti. Solo attraverso questa presa di coscienza possiamo imparare dalla nostra stessa sofferenza, trasformandola in uno strumento di crescita. - La connessione alla sorgente
La coscienza individuale ritrova, attraverso la pratica, il corpo unitario collettivo: la sorgente, l’Essere (Dharmakaya). Pur incarnati in un corpo individuale (Nirmanakaya), è il legame profondo con l’origine che ci permette di vedere ogni esperienza – anche quelle dolorose – come funzionale a una consapevolezza più ampia ed evoluta. - Tutto è perfetto così com’è
In un mondo in continua lotta per la sopravvivenza, impariamo a vedere la perfezione insita in ogni cosa, pur riconoscendo che esistono aspetti della nostra vita e della società che necessitano di evolvere. Contestualizzare i conflitti che viviamo ci aiuta a non perderci nella sofferenza, ma a coltivare un atteggiamento di presenza attiva e trasformativa.
Attraverso il silenzio della meditazione ho potuto riconoscere come ogni sofferenza, se osservata con gentilezza e responsabilità, possa diventare un ponte verso una consapevolezza più ampia e autentica.
I frutti di questa pratica non sono immediati, ma maturano nel tempo, silenziosamente, nella vita quotidiana.
Porto con me una rinnovata fiducia nella possibilità di vivere in connessione con la sorgente interiore, da cui ogni passo, anche il più difficile, può essere parte di un autentico cammino di risveglio.

Dottore in Psicologia, Facilitatore in Mindfulness (ric. IPHM), Master DCA (Disturbi del Comportamento Alimentare), Master in Sessuologia Clinica, Master in Linguaggi della Psiche, Conoscitore in psicosomatica, Poeta, Studioso di filosofia e psicologia del profondo