In questo articolo
Introduzione
Henri Bergson è uno di quei filosofi che, pur avendo scritto solo quattro opere fondamentali, ha lasciato un’impronta profonda su tutto il pensiero del Novecento. L’intera costruzione teorica di Bergson ruota attorno a una sola idea, che lui stesso ha chiamato in modi differenti nel corso della sua vita, ma che sempre rimanda a un’unica sostanza concettuale.
Il primo nome che ha dato a questa idea, il nome originario, è anche il più famoso: durata.
In questo articolo approfondiremo il concetto di durata in Bergson, seguendone le declinazioni nei suoi quattro grandi libri e nel pensiero che li anima. Vedremo come questa nozione filosofica diventi la chiave di lettura per comprendere la psicologia, la neurologia, la biologia evoluzionistica e la sociologia morale.
La Visione di Henri Bergson sul tempo e la simultaneità

La differenza tra tempo e spazio, esiste davvero? Henri Bergson, filosofo francese del tardo XIX e inizio XX secolo, ha offerto una visione del tempo profondamente differente rispetto a quella
Il concetto di durata in Bergson: punto di partenza della sua filosofia
Bergson esordisce nel 1889 con Saggio sui dati immediati della coscienza (“Essai sur les données immédiates de la conscience”), la sua tesi di dottorato.
In questa opera fondativa, introduce il concetto di durata come intuizione originaria dell’esperienza temporale soggettiva.
Secondo Bergson, il tempo della coscienza non è misurabile né segmentabile come quello dell’orologio. È un fluire continuo, non scomponibile in unità discrete, come vorrebbero le scienze tradizionali.
«Sentiamo nel tempo, ma pensiamo nello spazio»
Questa affermazione sintetizza l’intero problema: la realtà interiore è continua, ma il pensiero la traduce in stati, la “spazializza”, rendendola oggetto, immobilizzandola. Pensare il tempo come durata significa dunque recuperare una visione dinamica e interiore del divenire, contro l’ipostatizzazione del linguaggio e del giudizio.
Molteplicità qualitative vs quantitative
Bergson distingue tra due tipi di molteplicità:
- Quantitativa: fatta di elementi separabili (partes extra partes), rappresentazione spaziale della realtà.
- Qualitativa: compenetrazione degli stati di coscienza, esperienza vissuta nella durata.
Questa distinzione sarà la base di tutto il suo pensiero successivo.
Materia e memoria (1896): la durata come immagine
Nel suo secondo capolavoro, Materia e memoria (Matière et Mémoire), Bergson riprende il concetto di durata e lo ridefinisce in termini di immagine. Qui la sua riflessione si intreccia con la neurologia e con l’ontologia.
La materia non è un insieme di atomi, ma un campo di immagini, di differenze in atto, in cui ogni percezione è anche già memoria.
L’esempio del carbonato di calcio
Celebre è il suo esempio dell’acido cloridrico che cade su un blocco di gesso contenente carbonato di calcio. Solo quella porzione della materia che “riconosce” l’acido reagisce: una metafora efficace per indicare che ogni cosa è un’immagine tra immagini, ogni evento un differenziale che entra in risonanza con altri.
La materia è già memoria
Non esistono due sostanze (materia e spirito), ma due modalità di una stessa realtà: lo spirito è la materia colta nella sua tendenza, nel suo richiamo alla memoria. La durata qui si manifesta come immagine-tempo, dove ogni presente contiene il passato, come una melodia in cui ogni nota suona insieme alla precedente.
L’evoluzione creatrice (1907): la durata come slancio vitale
Nel suo libro più influente, L’evoluzione creatrice (L’Évolution créatrice), Bergson applica il concetto di durata alla biologia. In polemica con il meccanicismo darwiniano, Bergson elabora la nozione di élan vital, lo slancio vitale che dà origine a forme di vita nuove, imprevedibili e irriducibili alla sola variazione ambientale.
L’evoluzione non è l’attuazione di una potenza, ma la creazione di una forma
Bergson denuncia l’idea che il vivente si adatti passivamente all’ambiente. Piuttosto, è il vivente che co-crea il proprio ambiente, in un gioco di reciproca influenza e novità. La durata qui si esprime come creazione pura, non come esecuzione di un programma.
Le due fonti della morale e della religione (1932): la durata come coesione sociale
Nel suo ultimo grande libro, Le due fonti della morale e della religione, Bergson si avventura nel campo della sociologia e dell’antropologia. Qui la durata si manifesta nella dimensione collettiva dell’esperienza, nel modo in cui una società si struttura nel tempo.
Socievole insocievolezza
Riprendendo l’espressione kantiana, Bergson esplora come gli uomini si tengano insieme pur restando separati. La morale chiusa e quella aperta, la religione statica e quella dinamica, sono le due modalità temporali con cui l’umanità organizza il suo vivere associato.
Il concetto di durata in Bergson diventa allora anche criterio interpretativo della società, capace di leggere la continuità e la variazione nella storia collettiva.
Perché la durata è il cuore del pensiero di Bergson
Se volessimo tracciare un filo rosso tra le sue opere, vedremmo che:
- Nel Saggio sui dati immediati della coscienza, la durata è la forma dell’esperienza interiore.
- In Materia e memoria, è l’immagine che tiene insieme corpo e spirito.
- Nell’Evoluzione creatrice, è lo slancio vitale che anima la biologia.
- Ne Le due fonti, è il ritmo della coesione sociale e del sentimento religioso.
In tutti questi ambiti, Bergson non smette mai di interrogare il rapporto tra tempo reale e rappresentazione spazializzante, e il suo appello è sempre lo stesso: pensare secondo il divenire.
Un pensiero ancora attuale
Oggi il concetto di durata in Bergson trova nuovi sviluppi nella filosofia della mente, nelle neuroscienze, nella fisica contemporanea e nella teoria dei sistemi complessi. Pensatori come Deleuze, Merleau-Ponty, Morin e Whitehead ne hanno raccolto l’eredità, reinterpretandola in chiave contemporanea.
Conclusione
Bergson ha scritto solo pochi libri, ma in ognuno ha pensato una sola cosa, ogni volta portandola in un nuovo ambito del sapere. Questo concetto unico è la durata, declinata come immagine, virtuale, élance vitale, memoria, flusso e differenza continua.
Capire il concetto di durata in Bergson significa entrare nel cuore di una filosofia che ha fatto della continuità, del divenire e della creatività le sue cifre fondamentali.
Una filosofia che ci invita a guardare al tempo non come sequenza di istanti, ma come vita che scorre, e che nel suo scorrere crea.
I contenuti dell ‘articolo sono stati tratti da questo video

Psicologo clinico, Guida in pratiche Meditative, Facilitatore in Mindfulness (ric. IPHM), Master DCA (Disturbi del Comportamento Alimentare), Master in Sessuologia Clinica, Master in Linguaggi della Psiche, Conoscitore in psicosomatica