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Il sembiante tra verità e discorso
Il sembiante (apparenza esteriore) si presenta come la funzione primaria della verità, questa verità la quale è all’origine di tutta una serie di difficoltà logiche, nella sua essenza primaria è qualcosa che si presenta come “io parlo”.
Nello sviluppo della logica occidentale la questione della verità si presenta connessa non con il sembiante, ma con il discorso.
La Logica è scienza del discorso che presume di arrivare a stabilire se quanto si pronuncia sia portatore di verità, oppure sia falso.
Il filosofo avrebbe detto che è il discorso che si presenta come funzione primaria della verità, dire con Lacan che invece è il sembiante, significa fare un passo indietro, scendere di un gradino rispetto al livello del discorso e situarsi su un piano per cui andiamo a considerare la verità nella sua fase antecedente dall’essere catturata dentro il logos, a valle del quale deve scaturire la verità o la non verità.
Il sembiante va preso dentro una coppia primordiale vero/falso, in un livello in cui si cerca di catturare la verità poco prima che essa venga immessa nel montaggio del discorso per ottenerla, riprenderla a valle confermata o smentita dal discorso.
Quello che la psicanalisi aggiunge è che questa verità nella sua essenza primaria è qualcosa che risiede, che è un tutt’uno con la parola; la verità che si pone come parola.
La dimensione propria del sintomo è che ciò parla, che ciò parla anche a coloro che non lo sanno intendere, ancorché a coloro che sanno intenderlo non dica comunque tutto.
La conoscenza diventa desueta a partire dai processi in cui si sviluppa il sapere scientifico moderno, sullo sfondo di un certo declino della conoscenza si profilano i modelli scientifici da una parte e dell’altra la verità perseguita dalla psicoanalisi.
Il sapere scientifico produce un resto
Dopo l’emergenza del soggetto cartesiano il tema stesso della conoscenza viene messa in crisi perché avanzano piuttosto dei modelli di articolazione del sapere, di razionalizzazione, che procedono secondo un certo automatismo meccanico, avanzano gli algoritmi (Leibniz), un sapere che si dispiega secondo una razionalità tutta sua.
Siamo di fronte all’elevazione alla potenza del modello del discorso che gli antichi avevano elaborato in cui attraverso i passaggi del ragionamento si arrivava ad una verità finale, ma adesso che siamo davanti a un meccanismo semovente (meccanico), la logica e il ragionamento procedono in modo automatico e acefalo (calcolatore automatico), la verità, quella verità che fino ad Aristotele e i logici medioevali era si a monte, ma la si poteva trovare a valle corroborata dal ragionamento; adesso invece abbiamo una biforcazione.
Da una parte i modelli scientifici procedono sempre più in modo sofisticato e rigoroso, dall’altra la verità viene come a sganciarsi a flottare in una certa deriva, ed è di questa verità si fa carico la psicoanalisi.
L’insegnamento di Lacan si sforza di mostrare la sottile coerenza che intercorre fra i due (procedere acefalo/ verità del resto), coerenza nient’affatto immediata da cogliere, salvo prendere in considerazione e studiare a fondo lo statuto del sembiante.
La dimensione della verità costituisce di tale sembiante il supporto, la psicoanalisi valorizza il sembiante in questa opposizione primitiva antecedente il discorso.
Dal momento in cui abbiamo superato l’orizzonte della conoscenza per rimpiazzarlo con il raggiungere qualcosa attraverso i mezzi del discorso, da quel momento non potremo più parlare di “idea”.
Il discorso della scienza incontra il reale nella misura in cui questo dipende dalla funzione del sembiante, dall’articolazione algebrica del sembiante, ridotto a lettere.
Gli psicoanalisti perseguono qualcosa di alquanto differente da quel che è il reale nella Fisica, tale reale della Fisica è un punto di approdo a cui si perviene attraverso una concatenazione serrata che vede in gioco il sembiante. Essi perseguono il campo della verità da una parte, ma anche qualcosa che resiste, che non è permeabile a qualsiasi senso, che è conseguenza del discorso analitico e che si chiama fantasma.
Da una parte la scienza procede sganciando gli ormeggi della verità che viene lasciata alla deriva, dall’altra gli psicoanalisti lanciano una ciambella di salvataggio a soccorso della verità rimasta orfana di un logos scientifico sempre più serrato e sofisticato e inseguono tale verità, ma non disgiunta da qualcosa di duro, come la Fisica con la sua relatività: il fantasma.
Tale fantasma nel discorso del padrone si presenta nella forma di una relazione interrotta fra $ (soggetto cartesiano) e a (piccolo a): $ <> a: il posto da cui è interrogato il fantasma è mediante un discorso di padronanza.
Rapporto fra i sessi
Se Freud può parlare di sessualità è perché egli in realtà parla del rapporto sessuale dentro il quale la sessualità trova innegabilmente il suo posto.
Un uomo non può essere definito in se stesso, ma soltanto nel suo rapporto con la donna e reciprocamente: fare l’uomo significa essenzialmente far segno alla donna che è un uomo (lo stesso vale per la donna).
La sessualità la cui chiave risiede nel sembiante, può essere colta al livello della parata, ovvero di quella tipologia di comportamento animale in cui il maschio dell’animale fa segno alla femmina: il segno è dunque l’obiettivo della parata destinato a sfociare nella copulazione sessuale.
Nell’umano questo sembiante (far segno) è veicolato all’interno di un discorso. Il discorso permette la posta in gioco del più-di-godere (oggetto a), nella misura in cui esso ha a che fare con quel che è interdetto al discorso sessuale, ovvero la realizzazione dell’atto sessuale.
Il più-di-godere (oggetto a) è una scoria, un residuo, una sfasatura, un irrisolto, il quale resto viene a essere messo in rapporto con la beanza (rendere beato). La beanza c’è perché il discorso impedisce la realizzazione dell’atto sessuale, dall’altro genera il resto che viene a occupare il posto della faglia che rimane aperta.
A rivelare questo, cioè il rapporto singolare tra il buco del non rapporto sessuale dovuto al discorso e la scoria residua che il discorso stesso produce, è il sintomo.
Il fantasma
Freud partendo dal sintomo si è spinto fino in fondo sul piano della verità, ma sempre con l’intento di pervenire a qualcosa di reale. Gli ormeggi della verità come detto sono mollati alla deriva e qualcosa se ne deve fare carico, in questo caso il primo è stato Freud che arriva a ricostruire una verità non disgiunta da qualcosa di reale (il fantasma).
Freud arriva a elaborare questo iper-mito (totem/tabù) del padre che gode di tutte le donne: un modo per dire che il reale si incarna nel godimento sessuale in quanto impossibile.
Il cosiddetto oggetto (a) non è altro che qualcosa che, per una serie di circostanze organiche propizie (seno, escremento, lo sguardo e la voce), viene a colmare il posto del più-di-godere; oggetto (a) e più-di-godere hanno qualcosa di omogeneo, il primo è qualcosa che si incarna rispetto al secondo.
Tale rapporto con il più-di-godere arriva a normalizzarsi grazie al rapporto che si stabilisce con il godimento sessuale, il quale si formula a partire dal fallo come suo significante.
L’esplorazione che Freud fa a partire dal sintomo lo conduce a dei punti di reale, di verità in quanto collegata al sembiante, il punto di verità: tutto parte dalla parata. I maschi che fanno segno alle femmine e viceversa, ma questo sembiante montato nel discorso produce il più-di-godere che è qualcosa che nell’ordine del non rapporto che si normalizza dalla rettifica prodotta da uno speciale sembiante quello del fallo.
Il fallo è al contrario il godimento sessuale in quanto coordinato e solidale ad un sembiante.
Adesso possiamo distinguere tre tempi:
- il segnale della parata
- il segno della parata montato nel discorso produce una deviazione
- intervento del sembiante rettificatore che fa parvenza di godimento sessuale
Quindi per gli esseri umani la legge della parata viene così riformulata: per gli uomini la donna è il fallo e al contempo ciò che li castra, per le donne l’uomo è il fallo e ciò che ugualmente le castra, perché esse ricevono soltanto un pene e ciò costituisce comunque un fallimento.
Il reale del godimento sessuale isolato in quanto tale è il fallo.
Ritrovare a valle la logica della parata (fare segno) condivisa tra tutti gli esseri viventi, ma tale logica è nel secondo tempo deviata dal discorso dentro il quale il sembiante viene comunque montato.
Riepilogando il funzionamento del discorso produce un doppio effetto di impossibilità di realizzazione dell’atto sessuale e produce un resto, più-di-godere all’occorrenza incarnatosi in un oggetto dalla materialità occasionale, questo oggetto va a colmare la beanza del non rapporto che si traduce in un fallimento se non intervenisse in un tempo terzo il sembiante rettificatore artefatto (il fallo) che ripristina la logica della parata che porta dentro di sé la castrazione così come è stata indicata.
Un gesuita caro a Lacan, Mencius:
diceva che ciò che non si trova nel discorso è inutile cercarlo dal lato dello spirito (il geist hegeliano), e ciò che non si trova dal lato dello spirito è inutile cercarlo dal lato della sensibilità.
Una formula per ribadire che tutto ciò che disegna l’esperienza umana dobbiamo poterla ritrovare nel discorso.
Una lezione del Prof. Carmelo Licitra Rosa per Uninettuno
Dottore in Psicologia, Facilitatore in Mindfulness (ric. IPHM), Master DCA (Disturbi del Comportamento Alimentare), Master in Sessuologia Clinica, Master in Linguaggi della Psiche, Conoscitore in psicosomatica, Poeta, Studioso di filosofia e psicologia del profondo