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Disgrafia cosa significa e come si interviene

Disgrafia cosa significa

Per comprendere cosa significa e come si interviene in tema di disgrafia, dobbiamo prima di tutto fornire una definizione di questo disturbo:

Il disturbo della realizzazione grafo-motoria dei segni della scrittura (lettere e parole) è chiamato disgrafia e rientra nei disturbi specifici dell’apprendimento (DSA).

Intendiamo esplorare la natura della disgrafia e degli altri disturbi specifici dell’apprendimento, all’interno di una prospettiva ecologica. Dove diagnosi, intervento e cura, sono pensati a partire dall’essere umano, non dalla patologia.
Abbracciare l’etica umanistica è approcciarsi all’individuo inteso come soggetto attivo e interagente in un preciso ambiente.

La persona, in altri termini, non deve essere medicalizzata e i DSA non sono una malattia, ma un disagio.

La disgrafia come ostacolo all’espressione di sé

Ex-sistere da: ĕx: fuori, sistĕre: porsi, stare, fermarsi.
L’uscire, il levarsi (dalla terra)

Esistere è il gesto che ci colloca al di fuori, premessa inderogabile della vita vivente nella quale siamo gettati e che costruiamo a partire dalle relazioni primarie con l’altro e gli altri significativi; rappresentanti di quell’ambiente del possibile come forma ed espressione per «l’essere che abbia da essere»[1]

Possibilità del vivere che si concretizzano sin dalla prima infanzia, quando il sé del bambino, già presente alla nascita, struttura insieme al care giver un certo tipo di relazione, volta a costellare rappresentazioni positive di sé.
Se l’altro però non accoglie le premesse, se non vede, sente, incoraggia e sostiene il gesto da cui la vita, il bambino automaticamente non vivrà le proprie possibilità come tali, andando a recidere e scartare le sue stesse modalità di espressione.

«Di tutte le cose peggiori che mi sono capitate la corona reale ce l’ha questa fastidiosa incomprensione che mi circonda. Così mi faccio invisibile e li ignoro. Per loro sono strampalato, figurati loro per me!»

Giorgio, 12 anni e 140 di quoziente intellettivo[2]

La realizzazione di sé, il gesto più alto che un individuo possa compiere nel corso di una vita, è il configurarsi di una particolare gestalt (rappresentazione) che nasce dall’incatenarsi di tanti altri gesti altrettanto particolari, unici, che chiedono accoglienza e amore.

Transitando nelle varie fasi della vita ognuno di noi, come parte di un collettivo, è chiamato ad assumere precise responsabilità. Doveri sociali che richiedono competenze per vivere all’interno di quella «costruzione bio-politica che l’essere umano ha sviluppato strutturando, mediando, la natura che siamo»[3].

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Quindi proprio perché la natura, il sé, l’inconscio, vengono prima di ogni mediazione dell’io, la specie anche chiede implicitamente a se stessa come compito del vivere, di potersi esprimere per essere tramandata, divenire, evolvere.

Il gesto dello scrivere

Creiamo, trasformiamo il tramandato, per mezzo del potente strumento esosomatico del linguaggio sorto almeno 400.000 anni fa (Wikipedia) a segnalare la presenza, la comparsa, il ritorno della figura, indicata prima dal suono, poi dalla voce, dalla parola, infine dal segno scritto e iscritto nei tanti artefatti conservanti il transito dei discorsi nostri.

Figura è dunque ogni punto o tratto inciso su un supporto, che è qualsivoglia materia “segnata”. In questo senso figura è ogni cosa. Non solo, come si suole ritenere, un’immagine o un disegno, ma anche un semplice gesto, un grido, una parola, una frase pronunciata o scritta, un giudizio, una macchia di colore, un segno dell’alfabeto, un pittogramma, un inciso musicale, un passo di danza, una fotografia, una moneta, un documento, un numero, un simbolo algebrico, insomma: qualsiasi resto o testimonianza del passaggio del mondo, che vi ha impresso i segni, la sua aura.[4]

Carlo Sini

L’arte dello scrivere appare oggi così naturale, semplice, scontata, che rischia di esser percepita come un’operazione assolutamente banale, eppure richiede abilità psicomotorie che sono il frutto di una millenaria evoluzione e che ogni essere umano è chiamato a risvegliare in sé per prendere parte alla vita.

la scrittura storia

La scrittura e i processi collettivi dello scrivere che ci accomunano

Da piccolissimi quando iniziamo a esplorare il mondo, toccare le cose, capita di incontrare l’oggetto matita, pennarello o penna, il corpo lo afferra e scopre che questo particolare strumento, anch’esso frutto della nostra evoluzione, lascia un segno su un altro corpo deponendo un resto. Se il bambino troverà il giusto ambiente in cui esprimersi, tornerà a cercare la matita per ripetere quello che altri prima di lui e in lui, nel suo DNA, hanno fatto.

Appaiono tratti, scarabocchi, disegni, parole, frasi, testi, volumi, scritti, resti, dove le immagini transitano verso altre immagini, altri lidi, sponde di un possibile esistere del passato, tra presente e futuro.

Nel bambino, l’abilità della scrittura, alle volte può non esprimersi al meglio causando un disturbo fonte di disagio emotivo e sociale.

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Disgrafia come si interviene

Adesso che abbiamo stabilito cosa significa disgrafia, possiamo passare all’affrontare il secondo punto, ovvero alla modalità di intervento.

Premessa ai punti di vista sulla disgrafia

In termini di disturbi specifici dell’apprendimento (DSA), il campo di studio è oggi diviso in due principali correnti di pensiero: da una parte abbiamo l’indagine degli aspetti cognitivi legati ai processi di letto-scrittura e dall’altra l’analisi della corretta maturazione affettiva fondamentale al sentirsi sicuri nell’esplorazione del mondo.

Entrambi gli approcci hanno aspetti complementari che dovrebbero integrarsi per un’efficace trattamento del disturbo.

La psicologa e analista junghiana Magda Di Renzo, responsabile del Servizio di Psicoterapia dell’età evolutiva dell’IdO (Istituto di Ortofonologia), scrive: «La presenza o meno di tematiche di ansia o di insicurezza e la definizione di un sano sviluppo emotivo, non può essere assolutamente lasciata all’improvvisazione del singolo operatore […] Si tratta cioè quasi sempre di descrizioni basate esclusivamente su criteri soggettivi e non suffragate, come invece avviene per l’ambito cognitivo, da valutazioni scientifiche».

Verso l’integrazione di prospettive diverse

L’ideale che spinge all’integrazione di prospettive diverse trova oggi un fervido input proprio dalle scienze dure, dalla biologia e dalla fisica.

É il caso del biologo Carlo Alberto Redi, docente di Zoologia presso l’Università di Pavia, che propone l’impiego di un nuovo termine a definire l’essere umano: “con-dividuo”.

Secondo Redi le evidenze scientifiche della ricerca mostrano come l’individuo non possa più essere visto come “entità data”, ma come “con-dividuo” determinato dalle innumerevoli relazioni che intesse con l’ambiente, legami che influenzano e modificano i tratti epi-genetici, dove il corpo è esso stesso una relazione ecologica in atto, costituita dall’interazione dei diversi organismi che lo partecipano.

Basti pensare ai batteri dell’intestino che hanno la capacità di modulare le nostre capacità immunologiche oppure, sempre nell’intestino, troviamo la presenza di neuroni che dialogano con il sistema nervoso centrale (un secondo cervello). Ecco che il corpo vivente individuale ci appare come corpo vivente con-dividuale.[5]

Carlo Alberto Redi

Anche la fisica quantistica con la teoria della “Interpretazione relazionale della meccanica quantistica” illustra che il mondo non è costituito da entità con proprietà date, ma da una rete di interazioni il cui aspetto fondamentale è dato da come le cose si mettono in relazione.

Le cose in sé non hanno proprietà di per sé, hanno proprietà rispetto alle altre cose con cui sono in relazione. Noi stessi pensiamo il mondo in termini di relazioni, io non sono un’entità, sono un insieme di relazioni.[6]

Carlo Rovelli

Alla luce di queste premesse si fa sempre più chiara e definita l’idea di un’efficacia del “sapere” che si costituisce dalla compartecipazione di diverse prospettive per natura complementari; il “Sommo bene” che il filosofo Benedetto Spinoza auspicava nei suoi scritti.

Lo sviluppo cognitivo e lo sviluppo affettivo

Elena Simonetta, psicoterapeuta e presidente del CEDA Onlus (Centro Europeo Disturbi dell’Apprendimento) nel suo volume: “Trauma e disturbi dell’apprendimento”, sottolinea come le funzioni mentali siano di due tipi: psicoaffettive e cognitive.

Lo sviluppo cognitivo e quello affettivo-sociale si influenzano reciprocamente durante l’apprendimento stesso, escludere o anche solo affrontare con superficialità una di queste due aree significa trascurare dettagli fondamentali che in ogni caso influenzano il bambino.

Lo sviluppo cognitivo permette la percezione dello spazio, del ritmo, del tempo, l’apprendimento del linguaggio, le capacità psicomotorie e memoria. Sull’altro estremo lo sviluppo affettivo e sociale, consente la strutturazione del sé, l’autonomia individuale, le capacità relazionali, il passaggio dal gioco al lavoro. Infine lo sviluppo cognitivo come guida al pensiero logico, unito a un sano sviluppo affettivo e sociale, consente di portare a maturazione quella forma di pensiero creativo e divergente, fondamentale all’empowerment dell’individuo verso espressioni originali di problem solving.

Winnicott e Racamier ricordano come l’ambiguità (che non è contraddizione, né conflitto) non chieda di prendere le parti, né di stabilire una gerarchia, ma di volgerci e da una parte e dall’altra[7]: e aspetto cognitivo e aspetto affettivo.

La valutazione

Il termine disgrafia deriva da «dis», compromesso, danneggiato, e «grafia» dal greco è la capacità di realizzare lettere scritte a mano.

La disgrafia rientra nei disturbi specifici dell’apprendimento e indica, in modo specifico, una carenza nella realizzazione del tratto grafico della scrittura.

Caratteristiche della disgrafia

La disgrafia non coinvolge altri aspetti dell’apprendimento della scrittura come l’ortografia e la composizione di un testo, anche se scarse competenze grafo-motorie possono incidere sull’acquisizione delle regole ortografiche.

difficolta della scrittura dsa

Comprendere cosa significa disgrafia è capire prima di tutto che non è una malattia

Un bambino mostra disgrafia quando scrive in maniera poco leggibile e troppo lenta rispetto alla media della classe, modalità che tende a sovraccaricare le risorse attenzionali e mnemoniche sottraendole agli altri processi cognitivi coinvolti nella composizione e nell’apprendimento (Berninger e Graham, 1998; Jones e Christensen, 1999). Un deficit che anche conduce a un affaticamento dell’azione di trasferimento su carta dei propri pensieri e idee[8].

Il manuale DSM-5 (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) (APA, 2013) nella sezione dei disturbi neuroelettivi, identifica la disgrafia come riscontrabile all’interno dello sviluppo della coordinazione (315.4; corrispondente codice IC-10: F82.0).

Oltre alla disgrafia il manuale riconosce un altro disturbo a interesse della scrittura, quello “dell’espressione scritta” che non è però collegato a componenti grafo-motorie, piuttosto localizzato alla sola ortografia o calligrafia. All’interno del disturbo “dell’espressione scritta è contemplata una grafia carente, se considerata accessoria alla primaria difficoltà nella composizione di testi scritti che esibiscono errori grammaticali, errori di ortografia e scorretto uso della punteggiatura.

Viceversa, quando non ci sono problemi di realizzazione di un testo scritto, allora la grafia carente è diagnosticata come manifestazione di una compromissione della coordinazione motoria fine-manuale (DCD, Developmental Coordination Disorder) e rientra nella disgrafia.

Disgrafia e DSA

Tra gli specialisti non è ancora chiaro se la disgrafia sia da considerarsi un sintomo oppure un disturbo, se è da considerare correlata come sintomo a un DCD, oppure come disturbo isolato con caratteristiche indipendenti.[9]

Bambini con deficit attentivo con e senza iperattività (ADHD, Attention Deficit Hyperactivity Disorder) evidenziano sovente difficoltà di scrittura.[10]

Anche bambini dislessici, con disturbo specifico del linguaggio o disortografia possono manifestare disgrafia, associata ad altri disturbi viene definita “in associazione”, mentre come fenomeno a sé stante è chiamata “pura” (AID, 2007; PARCC, 2011).

In Italia, secondo una ricerca del MIUR 2017/2018, è emerso che su 276.109 alunni DSA (pari al 3,2% del totale) 177.212 presentavano dislessia, 79.261 disgrafia, 92.134 disortografia, 86.645 discalculia (MIUR, 2019).

Dislessia, disgrafia, disortografia e discalculia fanno parte dei disturbi specifici dell’apprendimento (DSA) che manuali diagnostici come il DSM-IV-TR, hanno individuato essere disturbi non derivanti da: ritardo mentale, disturbi sensoriali percettivi, disturbo della simbolizzazione, disturbi del linguaggio, patologie psicologiche primarie, patologie neurologiche gravi, patologie neuro-motorie, forte diversità culturale, scarsa scolarizzazione.[11]

Un soggetto può essere dislessico-disgrafico e presentare un mancato coordinamento dell’azione mentale di leggere e scrivere con fluidità, sia nel tempo (ritmo, sequenza), sia nello spazio (da sinistra a destra, il ritorno a capo, alto basso, etc…).

Dislessia e disgrafia spesso si accompagnano a discalculia, la difficoltà nel calcolo orale e nella comprensione del testo dei problemi.

Nell’ambito clinico quando si procede alla valutazione di una produzione scritta poco efficiente sul piano grafo-motorio (leggibilità e fluenza), si presenta sempre il problema di comprendere se il deficit è legato al normale ritardo o a un disturbo specifico.

L’intervento

Adesso che abbiamo introdotto cosa significa disgrafia, possiamo passare alle caratteristiche dell’intervento risolutivo alla riabilitazione alla scrittura.

Nel 1991 gli psicologi Jones e Christensen hanno condotto uno studio i cui risultati dimostrano come sia importante intervenire puntualmente sulle difficoltà grafo-motorie della scrittura e come questi interventi possano migliorare la quantità e la qualità del testo scritto.[12]

Le difficoltà grafo-motorie nella scrittura includono:

  •  scarso controllo fino-motorio e dei singoli movimenti del corpo, con ritmo e fluidità (Exner, 1989)
  •  difficoltà nell’esecuzione di programmi motori come riscontrato nei bambini con DCD (Developmental Coordination Disorder) (Hamstra-Bletz e Blöte, 1993)
  •  criticità nell’impugnatura e nella manipolazione degli oggetti all’interno della mano (Exner, 1989)
  •  non completa integrazione bilaterale tra la mano scrivente dominante e quella non scrivente o di supporto (Exner, 1989)
  •  disagio nella pianificazione di sequenze motorie (Amundson, 1992)
  •  difficoltà visuo-percettive e nell’integrazione visuo-motoria (Cornhill e Case-Smith, 1996)
  •  difficoltà propriocettive e cinestetiche legate alla consapevolezza delle posizioni delle parti del corpo e dell’ampiezza e direzione dei movimenti (Fisher, Murray e Bundy, 1991)
  •  scarsa consapevolezza sensoriale delle singole dita, come descritto nei nati prematuri (Feder et al., 2005)
  •  deficit di attenzione (Schoemaker et al. 2005)

Gli studi sulla plasticità neurale condotti da Doidge (2007) che dimostrano come il cervello umano sia flessibile a tutte le età, rendono significativo l’intervento mirato al miglioramento della prestazione anche in età avanzata.

La tempestività dell’intervento è fondamentale per evitare il consolidarsi, nella memoria motoria, di strategie e comportamenti motori non efficaci. L’intervento precoce inoltre favorisce l’autoefficacia e l’autostima, la motivazione a scrivere e il rendimento scolastico.

Sullo sfondo di ogni intervento efficace troviamo sempre un ambiente sereno e di fiducia: il bambino è coinvolto nelle decisioni e nelle scelte, mentre lo specialista svolge anche la funzione di mediatore tra le richieste del bambino, quelle della famiglia e della scuola.

Modello operativo per intervento diretto nella disgrafia

Il modello operativo proposto da Laura Bravar, neurologa e neuropsichiatra infantile, illustra una modalità di intervento suddivisa in 6 fasi.[13]

disgrafia dsa intervento

Modello operativo per intervento su disgrafia (DSA) proposto da Laura Bravar, neurologa e neuropsichiatra infantile

TEP RED – Trattamento Educativo Personalizzato Risolutivo Efficace DSA

Un’altra modalità di intervento è quella del TEP RED, ideata dalla psicologa e psicoterapeuta Elena Simonetta, che si ispira alla metodologia della psicocinetica di Le Boulch.

Il TEP RED si concentra su aspetti quali l’equilibrio posturale, l’aspetto fonetico, fonologico, motorio, la coordinazione oculo-manuale, l’orientamento spaziale e dell’attenzione.

I bambini sono coinvolti in esperienze che hanno l’obiettivo di attivare la funzione di aggiustamento, come modalità di integrazione sensoriale situata alla base della risposta intenzionale.

Il metodo prevede una stimolazione del corpo attraverso il movimento per attivare il funzionamento adattativo del sistema vestibolare e di tutte le funzioni corporee e fonetiche coinvolte nell’apprendere. Il soggetto impara a farsi carico della propria motricità, gestendola e modulandola in relazione alla organizzazione fonetica del linguaggio, prassica della scrittura, spazio-temporale del calcolo numerico, cognitiva della regolamentazione ortografica, dalle emozioni e tensioni.

L’olofonia come strumento educativo nei DSA

L’olofonia come progetto terapeutico prevede un doppio ambito di intervento, psicologico e funzionale, il cui punto di forza deriva dalla facile adattabilità alle esigenze di ogni soggetto.

Il canale che si va a promuovere e stimolare in questo approccio è quello uditivo, rispetto a quello visivo, come via preferenziale per la scoperta prioritaria. L’ascolto è visto come una forma di conoscenza per spezzare la catena di insuccessi e feedback negativi che ogni bambino con difficoltà ha fatto propri, rispetto alle singole prestazioni.[14]

Nonostante sia nato per compensare le difficoltà tecniche di lettura e scrittura nei soggetti con disturbo specifico dell’apprendimento, il progetto ha consentito di raggiungere il “triplice obiettivo” (a breve termine) anche in casi di disturbo a-specifico dell’apprendimento.

Libro: Disgrafia e dintorni: una prospettiva ecologica delle difficoltà connesse allo scrivere

Indice dei contenuti

I – L’IN-DIVIDUO, DIVIDUO
Polarità del pensiero
Verso l’integrazione

II – DALLO SCARABOCCHIO AL SEGNO
Scarabocchiare
Il modello psicolinguistico di Uta Frith

III – LO SCRIVERE
Il periodo pre-scolastico della scrittura
Il modello evolutivo della scrittura di Ferreiro e Teberosky
A scuola “non si sta bene”
Scrittura a mano vs scrittura digitale
Il modello di scrittura italico

IV – DSA: DISGRAFIA E DINTORNI
La valutazione
Diagnosi in crescita
Storia di una non-certificazione DSA
Disgnosia, quale adattamento al trauma
DSA e componenti affettive
La cornice famigliare come corpo di studio

V – INTERVENIRE
Modello operativo per intervento diretto nella disgrafia
Fase 4, in dettaglio: aspetti operativi dei vari obiettivi
TEP RED – Trattamento Educativo Personalizzato Risolutivo Efficace DSA
L’olofonia come strumento educativo nei DSA

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CopertinaKindle

Bibliografia

1 – E. Severino, La struttura originaria, Adelphi, 1981, p. 517.
2 – D. Lucangeli, Cinque lezioni sull’emozione di apprendere, Erickson, 2019, p. 80.
3 – R. Ronchi, Materia e memoria di Henri Bergson, Youtube, 2015.
4 – C. Sini, Il sapere dei segni, Jaca Book, 2012, p. 12.
5 – C. Sini, C.A. Redi, Lo specchio di Dioniso – quando un corpo può dirsi umano, Jaca Book, 2018, p. 18.
6 – C. Rovelli, Lezione di Carlo Rovelli, Youtube, 2015.
7 – V. Cigoli, L’albero della discendenza – clinica dei corpi famigliari, Franco Angeli, 2013, p.25.
8 – L. Bravar, M. Gortana, M. Dengo, M. Borean, M. Biancotto, S. Zoia, Le difficoltà grafo-motorie nella scrittura – Proposte operative dalla prevenzione all’intervento, Erickson, 2014, p.38.
9 – Ibidem, p.16-17.
10 – Ibidem, p.19.
11 – P. Crispiani, C. Giaconi, Dislessia – Disgrafia – La Grafo-motricità, Edizioni junior, 2015, p. 19.
12 – L. Bravar, M. Gortana, M. Dengo, M. Borean, M. Biancotto, S. Zoia, Le difficoltà grafo-motorie nella scrittura – Proposte operative dalla prevenzione all’intervento, Erickson, 2014, p.159.
13 – Ibidem, p.13.
14 – M. Di Renzo , F. Bianchi di Castelbianco, Le dislessie – conoscere la complessità per non medicalizzare, Magi, 2013, p. 41

Pubblicato il
15 Marzo 2021

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