L'anima cos'e?
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L’anima cos’è?

Ogni anima incarnata non può non essersi posta una fondamentale e semplice domanda: Cosa sei?

Sulla base di questo interrogativo, intorno alla domanda «L’anima cos’è?», ho costruito questo articolo. Il fine è quello di fornire al nostro lettore, alla sua anima, una mappa che lo conduca verso altre e profonde riflessioni.

Citazioni introduttive sulla questione della psiche collettiva e individuale

Carl Gustav Jung

«Nulla vieta alla speculazione intellettuale di considerare la psiche come un fattore biochimico complesso e perciò, in un’ultima analisi, come un gioco di elettroni, oppure di spiegare l’indeterminazione a livello atomico con l’ipotesi di una vita spirituale»

Jung, 1931[1]

Jung utilizza il termine anima per indicare la realtà psichica riguardante tutto quello che non può essere percepito attraverso i nostri cinque sensi, realtà immateriale di un mondo interiore costituito da immagini in continuo movimento.

«[…] L’essere psichico è, in verità, l’unica categoria dell’essere di cui abbiamo conoscenza diretta, poiché nulla può essere conosciuto se non appare come immagine psichica […] Se il mondo non assume la forma di un’immagine psichica è praticamente inesistente (Jung ope., 1954, p. 496). Immagine e senso sono identici, e come la prima si forma, così il secondo si chiarisce. Alla forma non occorre propriamente nessuna interpretazione, essa rappresenta il suo proprio significato».

Jung, 1947/1954[2]

James Hillman

Per anima James Hillman intende

«La possibilità immaginativa insita nella nostra natura, il fare esperienza attraverso la speculazione riflessiva, il sogno, l’immagine e la fantasia – in breve, quella modalità che riconosce ogni realtà come primariamente simbolica o metaforica».[3]

Anima come espressione della potenza all’esistere, frutto del movimento originario (spiritus) che la filosofia greca, a partire da Artistotele (384-322 a.C.) e poi con Democrito (470-380 a.C., circa), insigniva come principale causa cosmogonica.

Con Aristotele ogni movimento vede nel suo fine la sua stessa causa, mentre con Democrito il movimento non ha un fine, ma è la condizione di tutti i corpi a livello originario: «Non ha bisogno di cause iniziali, non ha bisogno di finalità, è il primum di tutti i primi, da sempre c’è, sempre ci sarà eternamente» (Sini, 2021).

Anima (il fare esperienza) e spirito (il movimento fecondante, il vento) come due principi inscindibili dell’universale animazione all’essere in vita.

Robert Avens

Secondo Robert Avens:

«L’anima non è mai identica ai termini che connette. Come il Cavaliere Errante, la cui dimora è lo spirito che soffia senza posa, l’anima non può trovare una collocazione o una forma stabile perché é spinta a riformare, riformulare e destabilizzare tutte le forme»[4]

L’intendere nascosto e il nascondersi

«Ciò che può essere sa di essere» e ancora «Ogni ente, potendo essere, ha la potenza di essere» con queste parole il filosofo Tommaso Campanella (1568-1639) introduce il Sensus sui: l’autopresenza construtturale di quell’ente che è l’anima, la quale si pensa in quanto intendere nascosto (Sini, 2021).

E ad essere nascosta è proprio la sua intima natura, da sempre celata dalla cultura, dalle parole che nel voler disvelare gettano un altro velo:

«L’anima, come la natura ama nascondersi […]»

Mario Mengheri[5]

Nel vivere facciamo esperienza entro quei confini che già Eraclito (535-475 a.C.) ci dice «[…] non potrai mai raggiungere […]; così profondo è il suo logos», confini che la psicologia junghiana individua essere sia personali che collettivi.

É solo con l’anima che facciamo esperienza del significato e del senso della realtà, cui sentiamo di appartenere per via di quell’intendere nascosto che cerca di intendersi (Sensus sui) nel luogo della psiche che è essa stessa la realtà.

1 Humanitas

Humanitas – Matteo Mannucci 2019

La struttura della psiche

La psiche è costituita dalla Coscienza (parte di cui siamo consapevoli) e dall’Inconscio (parte di cui non siamo consapevoli).

«Le due parti di cui la psiche è costituita, pur apparendo in opposizione nella loro specificità, tendono in realtà ad una integrazione»

Mengheri[6]

L’inconscio a sua volta si suddivide in Inconscio personale (sedimentazione della storia personale) e Inconscio collettivo (struttura universale appartenente al genere umano). Per Jung nell’inconscio agiscono delle forze primarie (Archetipi) che forgiano le immagini interiori della psiche, da cui traggono origine le azioni espresse dal comportamento, “forme a priori del conoscere”, sono: Ombra, Persona, Anima, Animus e .

L’Ombra è ciò che l’essere umano tende a non vedere perché depositaria di aspetti che si vogliono evitare, o aspetti di sé lasciati nel corso dello sviluppo.

Persona è un termine che proviene dal mondo latino a indicare la “maschera” della presunta individualità umana, cui l’Io spesso tende a identificarsi sviluppando un atteggiamento unilaterale verso la coscienza a scapito del mondo interiore dell’Anima o Animus.

Il Sé è l’archetipo primario, «Inizialmente, l’Io è fuso con il Sè, ma successivamente se ne differenzia.» (Ibidem, p. 103), il Sé rappresenta il centro e la totalità della psiche inconscia, mentre l’Io rappresenta il centro della coscienza.

Secondo Jung tendenzialmente è nella seconda metà della vita che è possibile instaurare un dialogo interiore con il Sé.

Nel dialogo tra Io e Sé si struttura quell’asse (Io-Sé) che diviene il ponte per un’esperienza psichica totalizzante in grado di mettere in sintonia psiche conscia e inconscia.

L’Inconscio

Nel 1703 il filosofo Gottfried Wilhelm Leibniz fu uno dei primi intellettuali a riflettere su l’importanza delle:

«”Piccole percezioni (petites perceptions)” che formano quel non so che, quei gusti, quelle immagini delle qualità sensibili, chiare nell’insieme, ma confuse nelle parti; quelle impressioni che i corpi che ci circondano fanno su di noi che involgono l’infinito; quel legame che ciascun essere ha con tutto il resto dell’universo.»

Umberto Galimberti[7]

Seguiranno Immanuel Kant e Friedrich Schelling che nel 1800 scrive:

«l’inconscio è la radice invisibile di cui tutte le intelligenze non sono che le potenze; è l’eterno intermediario tra il soggetto che si autodetermina in noi e l’oggettivo intuente»

Schelling[8]

Il termine “inconscio” fu introdotto da Karl Robert Eduard von Hartmann, inconscio di cui spirito e materia non sarebbero che due diverse rappresentazioni.

Sarà poi Freud a porre l’inconscio al centro della propria teoria psicoanalitica.

Nella Prima topica freudiana l’inconscio è pensato come un sistema differenziato, un luogo della psiche, sede dei contenuti che non possono accedere alla coscienza, e nell’inconscio posti tramite il meccanismo della rimozione.

Nella Seconda topica Freud utilizza “inconscio” non più come sostantivo, ma come aggettivo, attribuendo le qualità della prima topica dall’inconscio all’Es.[9]

Nelle profondità della psiche inconscia, oltre l’inconscio personale indagato da Freud, troviamo l’inconscio collettivo pilastro fondamentale della “psicologia del profondo” di Jung.

L’inconscio collettivo è una parte della psiche che condividiamo con tutti gli esseri umani «È costituito da forme (potenziali) strutturali ereditarie (archetipi).» (Mengheri, 1991, p. 104).

Nell’inconscio collettivo Jung ravvisa una forza dinamica, istintuale, che assieme agli archetipi (forme strutturanti a priori del conoscere) rappresenta quella condizione che può spingere l’essere umano verso la realizzazione del Sé, quindi di Sé.

Ricordiamo che la realizzazione di Sé (autorealizzazione), nella piramide dei bisogni di Maslow, è indicato come il bisogno più alto, al vertice della vita umana.

Lettura consigliata

L'uomo moderno secondo Carl Gustav Jung

stone bollingen

Si riporta questo frammento della conferenza che, lo psichiatra e psicoanalista, Carl Gustav Jung tenne nell’ottobre del 1928, in occasione del Convegno dell’Associazione per la cooperazione intellettuale di Praga. [caption

Bibliografia

1 – Jung C. G., Jung opere, Edizione Digitale Completa, Bollati Boringhieri, 2015, p. 2513.
2 - Ibidem, p. 2417.
3 - Avens R., L'immaginazione è realtà, Edizioni di Comunità, 1980, p. 37.
4 - Ibidem, p. 38.
5 - Mengheri M., The Smell of the Soul and the Smelling Soul, Vol 12, N° 2: International Journal of Psychoanalysis and Education (IJPE), 2020, p. 12.
6 - Mengheri M., Il gioco della sabbia, ETS, 1991, p. 38.
7 - Galimberti U., Nuovo dizionario di psicologia, Feltrinelli Editore, 2018, p. 621.
8 - Ibidem
9 - Ibidem, p. 622.

Pubblicato il
5 Giugno 2021
Ultima modifica
27 Maggio 2022 - ora: 14:00

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