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Plasticità e memoria
Le sinapsi, le auotostrade dei nostri ricordi

Come la plasticità cerebrale struttura la memoria

La plasticità cerebrale è la capacità del cervello di modificare in modo irreversibile le proprie strutture per renderle virtualmente più efficienti. Capacità è resa possibile grazie alle sinapsi, i collegamenti tra i neuroni.

Uno dei più noti e importanti fenomeni di plasticità sinaptica è la Long Term Potentiantion (LTP), ovvero un potenziamento del segnale sinaptico grazie all’azione sincrona di due neuroni che scaricano insieme. Neuroni che sono pertanto stimolati in simultanea e in modo persistente.

Lettura consigliata

Nell’Area ventrale tegmentale del cervello (VTA) una particolare forma di LTP sarebbe responsabile della codifica della memoria implicita che lega un determinato comportamento al meccanismo della gratificazione.

area ventrale tegmentale

Area Ventrale Tegmentale – © it.sainte-anastasie.org

Questo fenomeno potrebbe spiegare la dipendenza da sostanze. Condizione nella quale l’individuo ha appreso (memorizzato) che con un determinato comportamento (es: la ricerca di droga) ottiene una determinata gratificazione.

Lo stesso Freud aveva visto come cruciale il ruolo delle memoria nelle malattie mentali. Ruolo che oggi le neuroscienze stanno mettendo in evidenza, grazie anche ad aspetti come la Metaplasticità: la plasticità della plasticità.

Le sinapsi tengono traccia della plasticità passata. Se una sinapsi è stata sottoposta a LTP, difficilmente potrà presente un effetto rispondente a fenomeni opposti come la LTD (Long Term Depression).

Forme di memoria patologica

La memoria implicita, la memoria associativa, è stata indagata anche da Hebb che, nella teorizzazione della plasticità sinaptica, aveva illustrato come essa possa nascere come conseguenza di due neuroni che scaricano insieme.

Altri fenomeni di memoria implicita li possiamo riscontrare nella forma della memoria avversativa il cui centro principale è l’amigdala (sistema limbico).

sistema limbico

Sistema limbico – © treccani

La memoria avversativa è una particolare memoria legata al principio di conservazione che tende a proteggere l’individuo. Si attiva quando ad esempio scappiamo da un insetto per paura di essere punti. L’informazione del dolore conseguente alla puntura dell’insetto è conservata come memoria implicita da parte dell’amigdala.

La memoria avversativa può aiutare a comprendere il meccanismo delle fobie, dell’ansia e degli attacchi di panico, ovvero quando stimoli apparentemente neutri fanno scattare nella persona comportamenti di estrema avversione.

Proprio a causa delle Metaplasticità sopra descritta, la memoria associativa quando si struttura sulla base di un trauma ha come conseguenza funzionalità disfunzionali e patologiche.

I meccanismi disfunzionali legati alla memoria potrebbero essere alla base di:

  • disturbi associativi
  • degli attacchi di panico
  • del disturbo post traumatico da stress
  • dipendenze da sostanze

Le sinapsi e la plasticità giocano quindi un ruolo fondamentale nella memoria e nei comportamenti che ne conseguono.

Le aree cerebrali dove la plasticità struttura la memoria

Riepilogando, le strutture cerebrali nelle quali la Long Term Potentiation struttura forme di memoria, sia funzionale che patologica, sono:

  • Area Tegmentale Ventrale (VTA) o area del Reward, dove sulla base di LTP si consolidano comportamenti legati alla ricerca di gratificazione. In patologia troviamo la dipendenza da sostanze.
  • Area Cortico striatale, centro di controllo dei movimenti automatici, centro di acquisizione funzionale di skills (abilità motorie) e habits (abitudini comportamentali). Circa l’aspetto patologico di questa sede qui originano Tic, e comportamenti ossessivo compulsivi
  • Area Limbica, soprattutto l’amigdala è responsabile della memoria avversativa, memoria che stimola il comportamento di fuga di fronte a una minaccia. Memoria fondamentale alla conservazione della specie, ma che diventa patologica negli attacchi di panico, nei disturbi d’ansia e nelle fobie, quando cioè uno stimolo è visto in modo altamente minaccioso da provocare comportamenti di estrema avversione

Come la psicoterapia interviene sanando la memoria patologica

La psicoterapia è in grado di risolvere e rimuovere gli aspetti deficitari e patologici legati alla memoria traumatica.

Intervenendo nei meccanismi con cui il cervello memorizza le informazioni. Nello specifico andando a inibire il meccanismo del consolidamento e riconsolidamento fino a giungere all’estinzione della memoria disfunzionale.

La memoria ricordiamo essere composta da Memoria a breve termine (MBT, basata su segnali elettrici e più labile) e Memoria a lungo termine (MLT, più duratura, basata sulla sintesi proteica).

La psicoterapia interviene innestandosi nel meccanismo del passaggio delle informazioni dalla Memoria di lavoro alla memoria a lungo termine, quindi nel momento di passaggio del consolidamento e riconsolidamento mnestico. Inibendolo grazie alla rievocazione dell’evento traumatico, per poi ricodificarlo in modo sempre meno disfunzionale.

La persona, rievocando il trauma, mediante memoria di lavoro richiama le informazioni dalla memoria a lungo termine. La rievocazione permette di ristrutturare le informazioni fino all’estinzione delle memoria patologica.

Quando lo stimolo non avrà più alcun effetto, quando non ci saranno più attacchi fobici, compulsioni e altri meccanismi patologici allora la memoria disfunzionale potrà considerarsi definitivamente cancellata.

Grazie all’intervento della psicoterapia si strutturano nuove e funzionali forma di plasticità che codificano la memoria di lavoro e, per trasferimento di informazione, bonificano la Memoria a lungo termine.

Dimenticare diventa quindi un processo attivo.

Pubblicato il
5 Giugno 2021

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