Transfert & controtransfert
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Il transfert secondo Glen O. Gabbard

Alcuni spunti tratti dalla pubblicazione “Psichiatria Psicodinamica” (Quinta edizione basata sul DSM 5) di Gabbard.

Il transfert

Il ripetersi di schemi infantili di organizzazione mentale si può ripetere anche nella vita adulta, un esempio su tutti verificabile in psicoanalisi è il transfert, secondo il quale un paziente vive lo psicoanalista come una figura significativa del proprio passato.

Il soggetto anziché ricordare la sua relazione passata, la agisce durante la seduta, portando con sé molte informazioni del suo passato.

Il transfert è sempre in atto come ricorda Brenner (1982):

Ogni relazione oggettuale è una nuova aggiunta ai primi, definitivi attaccamenti dell’infanzia […]. Il transfert è ubiquitario, si sviluppa in ogni situazione nella quale un’altra persona è importante nella propria vita.

Tuttavia nonostante il transfert abbia origine in schemi mentali dell’infanzia è influenzato anche dal comportamento terapeutico, un terapeuta freddo e distaccato causerà nel paziente un atteggiamento superficiale.

Alcuni psicoanalisti sostengono che il transfert abbia due dimensioni:

  • la prima nella quale il soggetto teme l’accadere di una situazione d’angoscia vissuta con il genitore
  • la seconda che desideri avvenga qualcosa che è mancato durante l’infanzia sempre nel rapporto con il genitore

Il materiale del transfert deve quindi essere compreso, un terapeuta non deve lasciarsi influenzare dal transfert e agire di conseguenza a quanto gli capita di assistere, ma cercare di comprenderlo per cogliere quanto sta accadendo nel paziente.

Lettura consigliata

Da un punto di vista neuroscientifico si ritiene che la corteccia orbitale destra giochi un ruolo importante nello sviluppo delle rappresentazioni interne di sé e degli altri collegate a stati affettivi (Schore, 1997). Se l’emisfero sinistro media le funzioni linguistiche, l’emisfero destro è coinvolto nell’intuizione e negli aspetti relazionali dell’inconscio.

È proprio sulla base della sintonizzazione degli emisferi destri tra paziente e terapeuta che la comunicazione può passare a piani non verbali, di intuizioni e sensazioni viscerali.

Il controtransfert

Paziente e terapeuta sono entrambi esseri umani, così come il paziente ha il transfert il terapeuta ha il controtransfert. Ciascuno percepisce l’altro come qualcuno del proprio passato, il controtransfert diventa per il terapeuta uno strumento diagnostico per comprendere il mondo interno del paziente, di fronte a gravi disturbi di personalità Winnicott ha proposto il termine di “odio obiettivo” che solleva il terapeuta dal fatto di provare sentimenti di non accoglienza di fronte a pazienti con gravi disturbi.

La resistenza

Il paziente può desiderare di non voler cambiare, guarire, stare meglio, e resiste ai tentativi del terapeuta di produrre insight e cambiamenti. Già Freud nel 1912 scriveva:

La resistenza accompagna il trattamento a ogni passo; ogni singola associazione, ogni atto della persona in trattamento deve fare i conti con la resistenza, e rappresenta un compromesso tra le forze tendenti alla guarigione e quelle che si oppongono a essa.

La resistenza può essere agita in varie forme: arrivare tardi all’appuntamento, sviare la conversazione su argomenti non rilevanti, dimenticarsi di pagare la seduta, tutti aspetti che hanno in comune l’evitare sentimenti spiacevoli o ira da parte del paziente verso lo psicoterapeuta. La resistenza rispetto ai meccanismi di difesa è qualcosa che si osserva direttamente mentre i secondi vanno dedotti; per molti pazienti la terapia stessa è comprendere la resistenza.

Pubblicato il
3 Novembre 2022

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