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Il Neiye e la via del Tao

Condivido in questo articolo video testo della conferenza offerta da fondazionesancarlo.it e tenuta da Amina Crisma, sinologa e docente di Filosofie dell’Asia orientale all’Università di Bologna.

Amina Crisma: «Ho offerto per la prima volta in traduzione italiana, questo testo cinese, che appunto appartiene all’età fondativa delle tradizioni cinesi: appartiene all’epoca in cui vede la luce anche il Laos; il Tao Te Jing è l’opera del Taoismo più nota e sicuramente più tradotta in Occidente.

L’assenza di una dimensione teologica e una trascendenza terrena

Partirei da questa idea:  l’assenza di una dimensione teologica e una trascendenza terrena.

Altri l’hanno definita una trascendenza immanente, cioè a costruire un’immagine fortemente unitaria dell’universo e della realtà in cui l’ambito divino e l’ambito umano vengono non contrapposti ma tenuti fortemente connessi.

Come un’ossessione di visione unitaria che percorre tutte le grandi tradizioni religiose di pensiero cinesi.
La relazionalità è l’elemento che viene privilegiato sia dalle tradizioni confuciane che da quelle taoiste, questo elemento relazionale in cui il singolo viene incluso in una realtà più ampia è la sua religio, è riconoscere questa unitarietà e riconoscersi parte integrante, parte connessa da un lato con la comunità umana, e questo è il versante confuciano, dall’altro con quella che è l’insieme del cosmo.

La via del tao

La via del tao

Un termine problematico è quello appunto di taoismo o daoismo, no taoismo, la trascrizione è appunto daoismo, la più invalsa seguendo quello che è stato il sistema di trascrizione adottato ufficialmente dalla Repubblica Popolare Cinese.

Ecco questo termine Taoismo, daoismo, che dir si voglia, è una nozione eminentemente problematica, in quanto innanzitutto non è un sistema.

La scuola taoista

La scuola taoista è un universo composito, plurale, che ha conosciuto sviluppi molto diversi, in particolare il termine taoismo non era invalso quando ha visto la luce il testo di cui vi parlerò e cioè il Neye (età pre-imperiale).

Lao Tzu

Il termine taoismo compare a posteriori nelle biblioteche dell’impero, in cui ci si dà un grande compito di riordinamento del magmatico patrimonio letterario e scritturale trasmesso dall’età pre-imperiale. Quindi è nelle biblioteche imperiali che nasce questa esigenza di classificare in scuole le varie tendenze di pensiero che invece, nell’età pre-imperiale erano molto più interconnesse tra loro e differenziate al loro interno  più di quanto la convenzionale narrazione, appunto delle scuole, non faccia ritenere.

Il Neye pur così venendo ascritto alla tradizione taoista, in realtà presenta molti elementi di sintonia anche con altre scuole di pensiero.

In queste prime premesse occorre guardarsi dal distinguere all’interno del cosiddetto taoismo: un taoismo filosofico da un taoismo religioso. Questa è stata una chiave interpretativa adottata soprattutto nell’800, in particolare da missionari protestanti che in qualche modo si trovavano a disagio nel constatare la distanza ai loro occhi, tra pratiche che erano ritenute superstiziose del cosiddetto taoismo religioso, che sembravano appunto molto distanti dai testi, dalla bellezza poetica e dalla profondità mistica di testi come il Laos, che invece ricevevano grande apprezzamento.

In realtà questa distinzione di un taoismo filosofico e di un taoismo religioso è una distinzione “orientalistica”, per citare un termine che si è già evocato e che in realtà non ha molto a che fare con il periodo di cui stiamo parlando.

Una tesi che si è fatta strada negli studi degli ultimi decenni è stata che il cosiddetto taoismo sia nato proprio da un insieme di pratiche.

Anziché pensare il taoismo come elaborazione filosofica elevata, che poi si scontrava invece con pratiche superstiziose e popolari. Dovremmo invece pensare che i grandi temi del taoismo, proprio rovesciando questa prospettiva, siano nate da un orizzonte di pratiche.

Pratiche meditative condivise da comunità di meditanti. Questi testi sono poetici, ritmati, corrispondono alle esigenze di una recitazione rituale che nasce all’interno di comunità dedite a pratiche di meditazione.

Il grande termine chiave che si trova al centro di questo testo è appunto: Tao. Tao è il procedere, è la via e al contempo è il viandante che la percorre: unità tra la via e colui che la percorre.

Tao ha molti significati

Certamente Tao è il termine che dà il proprio nome alla scuola cosiddetta taoista, però non è solo nel taoismo che ha corso.

Questo termine ha anche un corso in tutte le scuole di pensiero e le tendenze cinesi, è un grande termine tradizionale: significa via in ogni senso, letterale e metaforico.

Il grande corso della realtà che tutti include, ma designa anche ogni modo di procedere, quindi anche gli insegnamenti. Ogni scuola di pensiero ha una sua via, un suo discorso. Sono le vie dei maestri, le vie tracciate nel confucianesimo dagli antichi sovrani.

Nella tradizione cinese la cosiddetta scuola viene concepita come un lignaggio di pensiero, un lignaggio di tradizione che procede da maestro, da maestro a discepolo.

Il discorso confuciano è essenzialmente centrato sulla comunità umana, ma dobbiamo considerare anche che c’è un cosmo-centrismo taoista.

Da un lato il confucianesimo esplicita questa direzione che tematizza soprattutto l’umanità, dall’altro lato invece è da non dimenticare ciò che connette gli esseri umani ai loro simili.

Una prospettiva antropocentrica da un lato, mentre dal altro lato del versante taoista si propone una riflessione in direzione del cosmo-centrismo, quindi di ritrovare l’unità essenziale dell’essere umano con la natura.

La natura è il Tao

La natura è un altro termine con cui possiamo in qualche modo accostarsi al termine prima evocato di Tao. Perché Tao è anche questo grande processo della realtà, anche concepito come grande potenza generatrice; non casualmente si parla del Tao come della Grande Madre dei 10.000 Esseri.

L’idea del Tao rinvia all’idea di una natura, di una physis che genera, di un grembo, di una natura incessantemente feconda. Questa è la dimensione che viene privilegiata dal pensiero taoista.

Una visione dell’essere umano connesso fortemente a una dimensione spirituale, a differenza di altre tendenze di pensiero della Cina antica, confucianesimo e taoismo condividono questa idea di religio, di legame, che connette gli esseri umani alla totalità di cui fanno parte. Un senso profondo del mistero, della società come sacralità di questo legame; una tendenza molto presente nel pensiero dell’Età assiale.

Confucio

L’essere umano è il grande tema della tradizione confuciana, mentre il pensiero che nella cosiddetta scuola taoista si esprime, richiede all’essere umano di ritrovare appunto il contatto con la Grande Madre, tornare al seno della madre da cui ogni essere è nato, cioè in direzione della natura.

I confuciani sul versante della cultura, i taoisti sul versante della natura

Il senso dell’umanità, si esplicita nella relazione con i nostri simili, che da un lato è una realtà e dall’altro è qualcosa che incessantemente dobbiamo perfezionare, custodire, far progredire: questa è la grande parola chiave del magistero confuciano.

L’ampiezza del canone taoista consiste invece di un ricettacolo che contiene qualcosa come 1.500 testi, un insieme molto eterogeneo di opere: scritture alchemiche, agiografiche e mediche, di auto coltivazione, di meditazione e quant’altro; uno sterminato repertorio che solo in anni recenti ha ricevuto studi che hanno cominciato ad esplorarne tutta la sua vastità.

Tra i classici in Cina c’è un classico che appartiene a tutte le tradizioni: il classico dei mutamenti (I Ching). Tutte le tradizioni hanno un riferimento privilegiato verso il classico dei mutamenti, si tratta, nel suo nucleo originario, di un manuale di divinazione, un manuale di divinazione che però è stato nel corso del tempo espanso attraverso dei commentari di carattere filosofico che l’hanno trasformato in qualche modo in una sorta di interpretazione globale della realtà e del ruolo dell’uomo all’interno della realtà.

C’è una nozione di scrittura rivelata, di scrittura sacra che riveste una funzione molto importante all’interno del canone taoista.

Il taoismo nasce tra le comunità dell’età pre-imperiale, da comunità di praticanti, adepti dell’auto coltivazione che condividono un testo fondamentale, probabilmente il primo della tradizione cinese. Tutto ciò trova uno sviluppo istituzionale a partire dai primi secoli dell’era volgare entrando poi in contatto con il buddhismo. Il buddhismo ha strutture monastiche e in riferimento al buddhismo, anche il taoismo sviluppa una propria istituzionalizzazione.

Dal II sec. d.C. si osserva la crescita di strutture organizzate religiose, l’istituzionalizzazione si accompagna alla fioritura di testi fondativi a cui le varie scuole fanno riferimento. Custoditi da queste comunità di adepti che dedicano a questi testi letture ritualizzate, un lavoro di riflessione, di esegesi, di commento.

Una trasmissione dei canoni e dei testi canonici attraverso le comunità di adepti

Mi piace qui sottolineare come, a differenza di quanto avviene in altre tradizioni, come quella confuciana, in cui la trasmissione maestro-discepolo è una trasmissione maschile unicamente maschile, invece, nella tradizione taoista hanno un posto significativo le donne.

Ci sono molteplici lignaggi e tradizioni che nascono appunto nell’ambito sterminato del taoismo.

Ricordiamo ad esempio i “maestri celesti” che sono sorti nel II sec. e che sono stati i primi a dotarsi di una vera e propria struttura istituzionale.

Il Tao è la grande processualità cosmica che include l’essere umano in un flusso incessante di mutamenti e di trasformazioni di cui occorre interpretarne il senso; la direzione per potervi aderire e adeguare il proprio agire.

A questa grande idea unitaria della realtà, si collega inoltre la nozione di due coppie di opposti complementari che struttura proprio il pensiero cinese: yin e yang, che non significa solo maschile e femminile, ma significa anche la testa, luce e buio, secco e umido, duro e molle, etc…; una dualità che si articola in questa coppia di elementi opposti e complementari.

L’idea di trascendenza terrena, di spazio del sacro si vengono a definire in relazione a questa concezione di insieme che è appunto condivisa dalle varie tradizioni.

Il Neiye

È stato riscoperto di recente, è un testo molto antico, probabilmente la prima fonte che abbiamo sulle pratiche di auto coltivazione psicofisica all’interno delle tradizioni cinesi.

Il titolo si può intendere come addestramento interiore o coltivazione interiore, un testo del periodo pre-imperiale e databile sostanzialmente alla metà del IV sec. a.C.. Il Neye è stato a lungo dimenticato, le circostanze della sua scoperta sono determinate dallo sviluppo dei vasti cantieri della senologia degli ultimi decenni.

Archeologia e filologia ci hanno fatto riscoprire una quantità di testi di cui ignoravano l’esistenza. In questo fervore di scoperte si è cominciato a guardare in modo diverso quelle che erano le raccolte che l’antichità ci aveva tramandato: una nuova prospettiva, un nuovo sguardo che si è lanciato sui testi antichi.

Il Neiye era finito in una miscellanea composita che in qualche modo ne aveva occultato la presenza, un testo noto eppure invisibile, perché incluso dai bibliotecari imperiali in una miscellanea composita.

Un rinnovato sguardo ha consentito di decostruire quella collezione e di riscoprirlo come testo autonomo, collegandolo a tutta una serie di altri testi che sono stati scoperti negli ultimi decenni per effetto di nuove ricerche archeologiche.

L’auto coltivazione del taoismo

Il tema centrale del Neye è coltivare se stessi da un punto di vista psicofisico, cercare dentro di sé le risorse per affinare le proprie disposizioni naturali per sviluppare la coscienza di sé e del legame con il mondo esterno.

L’orientamento fondamentale di questo breve testo è di porsi in sintonia con l’armonia del cosmo, cioè mettere all’unisono il proprio respiro con quello del cosmo.

Una disciplina fatta di costanza, concentrazione rivolta anche agli aspetti fisici, come a quelli dietetici. Infatti c’è una serie di prescrizioni che riguardano appunto il corpo. Le pratiche di respirazione sono fondamentali in questo testo, come in altri testi riferiti all’auto coltivazione della medesima epoca.

Il Neiye contiene anche un aspetto introspettivo che porta a una purificazione del cuore, a una purificazione dalle passioni egoistiche, da tutto ciò che è parzialità, egoismo è parzialità.

Una sorta di auto educazione da un lato fisica, e dall’altro è invece spirituale.

Porsi in sintonia, ritrovare la grande armonia, in questo testo è dichiarato: potenziare le facoltà umane a un livello che rende l’essere umano paragonabile al divino.

Attraverso questo esercizio di auto coltivazione, il testo afferma che l’essere umano raggiunge una dimensione oltre umana, una dimensione che appunto col termine cinese viene chiamata shen.

Una prospettiva fortemente unitaria, una ricerca, una saggezza in un orientamento eminentemente unitario: corpo e spirito (cuore mente – shen). Una dimensione dello sviluppo personale che comunque si connette a una dimensione sociale.

In questi testi dell’epoca imperiale la salvezza del singolo è sempre concepita in forte connessione con la salvezza del mondo intero. In altri termini, riordinare sé stessi è la premessa ineludibile per riordinare il mondo.

Taosimo: riordinare sé stessi per riordinare il mondo

Accanto al termine di Tao c’è quello di Qi (pronuncia: ˈt͡ʃi): il soffio, l’energia vitale, l’ideogramma rappresenta il vapore che si dispiega a partire dalla bollitura del riso.

L’idea di un soffio, di un respiro, di un nutrimento vitale nella concezione cosmologica a cui si riferisce il Neye condivisa anche da tanti altri testi.

Il Qi è l’energia vitale che percorre tutti gli esseri e tutti gli esseri sono appunto costituiti da una sua condensazione o rarefazione. Il Qi è l’elemento che unifica tutta la realtà, ancora una volta ci troviamo di fronte a una concezione fortemente unitaria che viene percepita come animata da un unico grande soffio.

La vita del cosmo di cui l’essere umano è parte, appartiene a lui, al suo cuore e alle sue emozioni, al suo complesso psicofisico. Ma tutta questa vita cosmica che si esprime nel suo petto è anche quella che lo accomuna alla grande vita, al grande respiro della totalità della natura.

Quando parliamo di religio per questi testi della Cina antica, in particolare si tratta di riscoprire questa relazione così intima e profonda che lega ciascun essere umano alla totalità, che lo racchiude in quanto generato e rispetto al quale c’è un rapporto di gratitudine.

Gratitudine per la vita che si è ricevuta, un’idea di familiarità anche rispetto alla natura, il riconoscersi figlio prevede un rapporto di riconoscenza, un bene che la natura ci dà nel suo metterci al mondo.

Sia la coltivazione interiore, sia la concezione del cosmo, sono entrambe incentrate sulla nozione di Qi, cioè dell’energia vitale, la finalità dell’auto coltivazione è proprio quella di rimettere all’unisono il proprio respiro con quello del cosmo.
Un altro grande termine chiave intorno al quale si dispiega il Neye, come tutto il pensiero antico cinese, è la nozione di armonia, l’armonia da ritrovare, da costituire attraverso la relazione con la realtà più ampia che ci include, non si tratta della contemplazione di un’armonia immota, immobile: già data, piuttosto si tratta di voler ricostruire e ricercare un’armonia muovendo dalla percezione di una grande disarmonia.

Un aspetto a cui a volte non si fa attenzione è che nell’età assiale in Cina non abbiamo un periodo di pace e prosperità, ma quello degli Stati combattenti: un periodo di feroci conflitti, sanguinari, attraverso i quali si disintegra l’ordine arcaico della società cinese e si pongono le premesse della sanguinosa gestazione per quello che sarà l’Impero centralizzato fondato nel 221 a.C. dal sovrano di Qin, il primo imperatore celeberrimo per la ingente quantità di soldati di terracotta che ha voluto lo accompagnassero nella sua sepoltura.

L’epoca in cui nasce questa ricerca dell’armonia, così enfaticamente celebrata da tutto il pensiero della Cina antica, è un’epoca di grande disarmonia e quindi il pensiero, coraggiosamente, cerca il pensiero dell’età assiale.

Consapevoli dei conflitti e quindi della necessità di creare un ordine nuovo, di creare una nuova armonia che non sia quella fondata sulla pura sopraffazione. Un nuovo ordine del mondo rispetto al quale ci sono ricette diverse: i confuciani ne hanno una, i taoisti un’altra.

La ricerca dell’armonia, a partire dal conflitto e dalla disarmonia, è la grande istanza che percorre tutto il pensiero dell’età assiale.

Vorrei sottolineare un’altra caratteristica del Neye che lo accosta al Laos, lo definirei appunto il pensiero portante. Ne cito un passaggio:

dentro il cuore, un altro cuore è presente, questo cuore dentro il cuore è pensiero che precede le parole

Questo appena citato è uno dei passaggi suggestivi che scava all’interno del cuore umano per cercare l’afflato dell’armonia cosmica, l’energia vitale che pervade tutto il mondo, dal basso all’alto, dalle costellazioni ai fili d’erba.

Questo incipit molto bello e molto suggestivo, cosmico delle idee, mi ha fatto in qualche modo pensare al grande incipit del De rerum natura.

Allora perché rileggere questo testo antico?

Certamente i filologi hanno le loro motivazioni, ma io penso che possa essere un testo interessante anche per molti altri lettori, che potrebbero chiedersi se questi testi antichi, se e in quale misura possano diventare una risorsa per pensieri moderni.

Tianxia significa: “tutto quanto sta sotto il cielo”, ossia il mondo, sia la dimensione politica delle idee che quella dell’arte, si tratta di ordinare sé stessi, di dare armonia a se stessi.

Spesso si contrappone l’energia confuciana allo spirito contemplativo taoista, in realtà non è così, c’è uno spirito contemplativo anche in tante pagine di Confucio e di Mencio, così come c’è una fortissima energia attiva: una vocazione al governo del mondo. Così anche i testi taoisti tanto il Laos quanto il Neye ce ne danno una prova: Il sogno della grande armonia

Grazie ad Amina Crisma.

Pubblicato il
4 Dicembre 2022

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