Flourens contro le localizzazioni
Studiare la mente vuol dire avere un’idea di uomo, o comunque lavorare per mettere a punto un’idea di uomo e questo comporta naturalmente delle ricadute importanti sul piano sociale, sul piano culturale e sul piano politico, diciamo sul piano ideologico.
Il presupposto ideologico che sta alla base della posizione di Flourens che critica in maniera molto aspra le localizzazioni cerebrali, fondamentalmente è un presupposto cartesiano, ovvero il globalismo cerebrale.
Sappiamo che Cartesio dividendo la res cogitans dalla res extensa ha segnato un confine di demarcazione epistemologica tra il corpo è la mente. Il corpo si può studiare con i metodi della scienza e la mente invece resta di esclusivo appannaggio dell’indagine filosofica, questo perché manca dei requisiti necessari ad un oggetto di studio perché possa essere indagato con la metodologia scientifica, che è una metodologia sperimentale che si basa sulla matematica e quindi sulla misurazione, la quantificazione, lo spezzettamento, quindi l’analisi e poi la sintesi dell’oggetto di studio.
Caratteristiche che nel pensiero di Cartesio sono del tutto inapplicabili se l’oggetto di studio che ci vogliamo porre è la mente, perché la mente, la res cogitans è qualcosa di unitario, di indivisibile, di intangibile, di non misurabile, e né che meno spezzettabile e poi ricomponibile.
La mente sfugge per definizione al metodo scientifico, un ostacolo epistemologico cioè qualcosa che ci impedisce di vedere che le cose stanno in un altro modo. Ed è particolarmente potente l’ostacolo epistemologico che ci impedisce anche di formulare le domande in direzione di risposte diverse, è proprio un binario del pensiero scientifico fondamentalmente scavato e rafforzato e siglato dall’ideologia e dalla metafisica, perché l’idea che la nostra res cogitans sia unitaria, inestesa, non scomponibile, non tangibile si collega direttamente con la sua origine metafisica.
È un problema, dunque, per il neurofisiologo accingersi ad indagare il cervello per tentare di capire che collegamenti ci possono essere con la mente, è un problema perché il globalismo, la dimensione unitaria è indivisibile che si attribuisce la mente si proietta sull’organo cerebrale e questo ostacola la possibilità di riconoscere per esempio la specializzazione funzionale di luoghi cerebrali diversi e la connessione di questi luoghi con le singole funzioni cognitive.
Per Flourens l’assunto è che la mente non si scompone, non si localizza, è inappropriato tentare di individuare dentro la morfologia e la fisiologia dell’organo cerebrale le condizioni di possibilità, le radici, le basi di quelle che conosciamo sotto il nome di funzioni cognitive.
Sottolineo qui in primo luogo dice Cartesio, che c’è una grande differenza fra la mente e il corpo in quanto il corpo è per sua natura sempre divisibile, la mente invece interamente indivisibile. Io cito spesso Cartesio, farò di più, gli dedico il mio libro, scrivo contro una cattiva filosofia e voglio richiamarne una valida, i lobi cerebrali collaborano in un’azione comune nell’esercizio completo e globale delle loro funzioni.
Flourens (neurofisiologo francese della metà 1800)
Localizzazioni in ambito clinico
Nell’ambito clinico le cose vanno in una maniera molto diversa perché i medici, i neurologi, si trovano di fronte delle persone caratterizzate da deficit estremamente selettivi.
Non è un generico ottundimento dell’intelligenza, non è un generico diventare dementi, o comunque offuscare le proprie capacità cognitive, quello che si rileva nelle singole sintomatologie, nei soggetti nella loro concretezza individuale, nella loro dimensione storica è qualcosa di molto diverso.
Le persone in ambito clinico propongono una serie di deficit altamente selettivi che non inficiano l’intero sistema cognitivo ma che bloccano per esempio una funzione specifica, sarà questo il caso indagando il quale Broca nel 1861 arriverà a localizzare il linguaggio, cioè la funzione del linguaggio verbale nell’emisfero sinistro.
Con la clinica si torna a sottolineare il valore della patologia, possiamo formulare dei modelli teorici di carattere generale che vogliamo, ma è la patologia che ci mette di fronte alla realtà del caso singolo e quindi propone la necessità di piegare i modelli rispetto al riconoscimento del dato patologico.
Quello che succede in ambito clinico è che le localizzazioni sembrano essere l’unico modello teorico adeguato per leggere quello che accade.
Siamo di fronte a un certo riconoscimento del fatto che deve darsi una qualche forma di localizzazione cerebrale e dunque una qualche forma di composizione funzionale della mente piuttosto che continuare a assumerla come una res cogitans definitivamente inestesa e indivisibile.
I clinici invocavano l’idea di Gall la cosiddetta frenologia, un’ipotesi sviluppatasi nei primissimi anni del 1800, che si chiamava frenologia proprio perché immaginava di poter essere una sorta di logos, studio scientifico della mente. L’idea di Gall era che la mente dovesse essere riconcepita come un insieme di funzioni e dovesse essere considerata geneticamente legata al cervello; funzioni diverse legate a luoghi diversi del cervello.
L’opera di Gall viene drasticamente condannata perché l’ortodossia era quella incarnata da Flourens e dal suo presupposto metafisico e dunque ingabbiata dentro il suo ostacolo epistemologico.
Nel 1861 Broca è dirompente non solo giunge a localizzare una funzione cognitiva specifica in un luogo specifico del cervello, ma la funzione che localizza è proprio il linguaggio verbale, la funzione cognitiva per eccellenza.
Broca parla alla società di antropologia, comunica il suo lavoro e di fatto quello che fa è irrompere sulla scena con una autorevolezza che Gall non aveva avuto perché la sua proposta frenologica di localizzazione nel cervello delle diverse funzioni non era fondata sperimentalmente, non aveva riscontri clinici, non aveva una base empirica e era talmente contrastante con l’opinione generale e anche con la concezione classica che l’uomo aveva di se stesso, che è stato in qualche maniera facile rifiutarla tout court.
In copertina foto di Robina Weermeijer su Unsplash
fonte uninettuno
Dottore in Psicologia, Facilitatore in Mindfulness (ric. IPHM), Master DCA (Disturbi del Comportamento Alimentare), Master in Sessuologia Clinica, Master in Linguaggi della Psiche, Conoscitore in psicosomatica, Poeta, Studioso di filosofia e psicologia del profondo