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Conoscenza, scienza, psicoanalisi

Il pensiero prescientifico era già conoscenza

La scienza non ha direttamente a che fare con la conoscenza, ma l’ideale della conoscenza è antecedente all’approccio scientifico, dunque la scienza ha a che fare non con la verità, ma con il reale.

Secondo la tradizione occidentale l’oggetto che costituisce la realtà deve essere distinto dall’oggetto della conoscenza.

L’oggetto della conoscenza ha certamente qualcosa a che fare con l’oggetto della realtà, salvo il fatto di essere velato, mascherato e tutto da scoprire:

La natura ama nascondersi.
Eraclito

Lungo i secoli in Occidente si persegue la ricerca dell’oggetto della conoscenza, una ricerca che in un certo momento sembra aver passato il testimone alla scienza, tuttavia la scienza, pur derivando dalla filosofia, se ne distacca radicalmente per una discriminante fondamentale: la scienza non ricorre più alla meditazione come mezzo per raggiungere questo livello nascosto dell’oggetto da conoscere.

La conoscenza per la filosofia greca si basava proprio sul fatto che esiste una comune natura tra soggetto (anima) e oggetto, collegati tra loro da una presunta armonia (un travaso del conoscente nel conosciuto), questo principio di “connaturalità” sembra proprio essere abbandonato dalla scienza.

Il saggio dunque arriva a conoscere i fenomeni solo nella misura in cui si sottopone a un certo rigore, disciplina, tenendo a bada la propria “cupido sciendi”.

La conoscenza è un premio che spetta a coloro che hanno saputo ben contenere il precipitarsi su una conoscenza rapida, superficiale.

Il precipitare della sete del conoscere era tenuto a bada con una rigorosa disciplina, ascesi, meditazione.

La meditazione che porta alla conoscenza si svolge all’interno di una contemplazione la quale equivale ad assumere una posizione ritirata rispetto al mondo, di contenimento e imbrigliamento di un primigenio desiderio di conoscere.

Nella scienza come nella psicoanalisi, non si tratta più della conoscenza quale era stata perseguita dalla filosofia, ma di un processo di cattura dell’esperienza per il tramite di catene simboliche.

Il prototipo del saggio che conosce non è più quello del saggio antico che si ritira dal mondo che sprofonda nella meditazione, per raggiungere il traguardo estremo della contemplazione dell’oggetto, l’equivalente moderno che si muove all’interno della scienza non è più l’asceta, perché il metodo non è più la meditazione, ma la possibilità di arrivare a scrivere attraverso delle equazioni matematiche l’esperienza intorno alla quale si formula delle ipotesi per poterla catturare.

Le attuali posizioni della fisica sono lontane dall’antico ideale della conoscenza filosofica.

Ad esempio attraverso la celebre formula di Einstein per cui E = mc2 (l’energia è uguale alla massa moltiplicata per la velocità della luce elevata al quadrato) si ha possibilità di incidere sul reale fabbricando un bomba atomatica e sviluppare un’energia commisurata.

Dunque la scienza non è una contemplazione dell’oggetto

Il soggetto moderno ha qualcosa che oltrepassa ciò che sarebbe conoscibile attraverso la contemplazione e con cui non ci si può identificare: substrato comune tra scienza e psicoanalisi.

L’equivalente di quello che era per il saggio antico l’oggetto di contemplazione quale si dischiudeva al temine della meditazione, per lo scienziato è qualcosa che abita ai confini del discorso, sul limitare del discorso, una volta che è stato scritto, enunciato, articolato, troviamo il punto, il taglio del discorso che prende il posto dell’oggetto della conoscenza degli antichi.

La scienza oltrepassa il livello in cui i tagli del reale riflettono i tagli del simbolico.

La scienza esibisce dei “tagli creatori” di qualcosa di nuovo e la cui proliferazione da un certo momento in poi diventa inarrestabile.

Occorre distinguere tra tagli naturali del discorso sulla natura, vedi filosofia, e il taglio sovvertito dalla scienza.

Prima di questa prospettiva la natura era considerata fatta per essere conosciuta e la speculazione vi si adagia sopra cercando di fare una fotografia il più possibile fedele possibile perché appunto la natura è pronta per emergere, farsi vedere, spontaneamente riprodotta, quindi il discorso umano, simbolico, ha in sé la proprietà di ricalcare i tagli che la natura offre.

Platone parlava di un bravo cuoco che sa far passare il coltello nel punto giusto in cui deve passare per rispettare i tagli della natura animale, seguire le linee potenziali di quel pezzo di organismo, senza introdurre nuove linee sopraggiunte es: tagliare l’osso.

Quello che la modernità introduce è che il soggetto ha rapporto con questo taglio, non sa che egli stesso è in un determinato discorso inconscio; egli non sa di essere questo taglio.

Se il soggetto è da porre nei tagli del discorso, significa la decaduta dell’umanesimo, il soggetto può accedere all’avvenimento del taglio nella misura in cui fa esperienza del fantasma.

Questo taglio con cui il soggetto si identifica ha a che vedere con la presenza di immagini fisse, parassite, permanenti che abitano la psiche umana.

Da Galileo in poi la scienza non si interessa più alle qualità delle cose per estrarre (astrazione) delle essenze, l’intuizione non è più di alcun aiuto nella costruzione di questa conoscenza.

Secondo A. Koyré la vera rivoluzione copernicana non avviene tanto con Copernico, se pur ponendo il sole al centro dell’universo e non più la terra, ma comunque rimaniamo in un universo che si muove in modo circolare.

Il vero salto in avanti si compie nel momento in cui con Keplero l’orbita dei pianeti passa ad avere una forma elittica e non più circolare.

L’astronomia si libera di un pregiudizio immaginario introducendo un forma non perfetta come il cerchio, ma come l’elisse.

Questo schiude la via al completamento della vera rivoluzione copernicana che poi arriverà a Newton.

Analogamente la psicoanalisi non si interessa a fenomeni di coscienza più o meno qualificabili come morbosi (aspetti secondari), ma solo al discorso in quanto suscettibile di deciframento (discorso decifrabile).

Secondo Lacan il soggetto può trovare un appiglio di identificazione ai confini del discorso, nel taglio con cui il discorso giunge al suo limite.

Attese Lucio Fontana – 1958 – 1968

Una lezione del Prof. Carmelo Licitra Rosa per Uninettuno.

Pubblicato il
26 Febbraio 2023

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