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Neurologia: nuovi approcci

Nuove tecniche e nuovi approcci metodologici

Poco dopo la metà del ‘900 la storia scientifica individua l’inizio di una seconda fase della neuropsicologia, motivo per cui la parte nata con Broca e chiamata neuropsicologia classica, mentre dalla metà del ‘900 incontriamo la neuropsicologia cognitiva.

Per quanto riguarda la neuropsicologia classica mancava un modello che potesse davvero spiegare in che termini il cervello e la mente vanno studiati insieme e con quali strumenti concettuali.

A partire dagli anni 60 si sviluppa un movimento di ricerca interdisciplinare sulla mente che vede convergere studiosi molto diversi tra di loro, psicologi, filosofi della mente, linguistici, neurologi, psichiatri, ma anche ingegneri informatici, robotici, perché la psicologia cognitiva è basata sulla metafora mente-computer. C’è una direttrice teorica che orienta la ricerca: la nostra mente funziona ed elabora le informazioni come un computer.

Il Wada Test

Il Wada Test è un test attraverso il quale iniettando un anestetico nella carotide si anestetizzata soltanto l’emisfero omolaterale, ovvero se viene iniettato a sinistra si anestetizzata l’emisfero sinistro, e viceversa. In questo caso sottoponendo la persona a una serie di test siamo certi del fatto che stia rispondendo con l’emisfero destro; una prima simulazione di separazione funzionale.

La presentazione tachistoscopica

È una presentazione di stimoli visivi per una manciata di millisecondi esclusivamente ad un emisfero. Si chiede al soggetto di guardare un punto centrale dello schermo e di non spostare gli occhi, poi per pochissimi millisecondi si presenta uno stimolo visivo nell’emi-campo visivo destro o sinistro, che sappiamo raggiunge l’emisfero contrapposto, se il soggetto non ha il tempo di spostare gli occhi. Quello che accade è che risponderà in relazione all’emisfero che è stato effettivamente stimolato. La presentazione tachistoscopica comporta che se vediamo una parola scritta “casa”:

  • nell’emi-campo visivo controllato dall’emisfero sinistro, mi si chiede che cosa io abbia visto, io sono in grado di dire che ho visto una casa.
  • se la si presenta all’emisfero destro tendenzialmente l’emisfero sinistro ritiene di non aver visto nulla

È questo è un modo agevole di interrogare in maniera singola gli emisferi senza avere la necessità di trovarsi di fronte ad un caso clinico molto critico.

L’ascolto dicotico

La versione uditiva della presentazione tachistoscopica si chiama ascolto dicotico:

  • si invia con delle cuffie due segnali diversi contemporaneamente alle orecchie
  • due segnali diversi contemporaneamente ai due emisferi
  • se si chiede di riconoscere una musica, sarà quella ascoltata con l’emisfero destro
  • se si chiede che parola è stata vista si risponderà con la parola che è stata vista dall’emisfero sinistro

Le figure chimeriche

Si ottengono, ad esempio, tagliando l’immagine di un volto e ricomponendola con due metà sinistre o con due metà destre. In questo caso un altro dato molto rilevante e che le due metà sinistre sono fortemente più espressive delle due metà destre, perché le due metà sinistre sono controllate dall’emisfero destro che è quello più coinvolto nella elaborazione, gestione, ricezione delle emozioni e quindi anche in questo modo è stato possibile, anche soltanto studiando i volti delle persone ottenere una prova di questo collegamento differenziale con le emozioni fra i nostri due emisferi.

Neuroimaging

Negli anni 80 c’è l’esplosione del neuroimaging, la possibilità di vedere come funziona un cervello vivo, e un cervello sano. Lo vediamo dal punto di vista morfologico, dettagliato, tridimensionale e soprattutto: lo possiamo vedere mentre funziona.

La neuropsicologia contemporanea

Con le nuove tecniche e con il modello teorico di riferimento rappresentato dal cognitivismo entriamo dentro la neuropsicologia contemporanea anche detta: neuropsicologia cognitiva.

L’oggetto naturalmente è rimasto immutato: lo studio del rapporto tra il cervello e le funzioni cognitive, il rapporto fra il cervello e la gestione del nostro comportamento.

I metodi

Mentre nella neuropsicologia classica il metodo era il metodo anatomo-patologico, si deduceva sulla base delle lesioni osservate in sede di autopsia e le si collegava con i sintomi e con le informazioni raccolte nell’anamnesi e nella permanenza clinica del paziente, adesso per la neuropsicologia cognitiva abbiamo l’impatto fortissimo e quindi il validissimo supporto strumentale delle nuove tecnologie.

L’obiettivo

È lo stesso, ovvero capire quale sia il rapporto fra la mente il cervello e sviluppare dei modelli cognitivi che siano al tempo stesso dei modelli neurofunzionali, di funzionamento cerebrale.

Le applicazioni

Sono moltissime la neuropsicologia cognitiva propone lo studio e l’analisi di una vastissima gamma, di un range molto ampio di problemi cognitivi:

  • si basa sull’analisi dei singoli disturbi
  • ma al tempo stesso poi è in grado di trattare statisticamente i dati,
  • formula ipotesi per un bilancio cognitivo della singola persona,
  • e questa ipotesi diventa la base per una procedura individualizzata di riabilitazione

Abbiamo la sinergia fra il versante cognitivo è il versante neuro che si incontrano alla base di modelli che sono neurobiologicamente fondati.

Per capire i rapporti fra componenti funzionali e strutture nervose si procede misurando i diversi deficit e integrando nello studio dei pazienti l’approccio basato sui casi singoli e quello sui grandi gruppi; da sempre un punto dolente della ricerca psicologica in generale, perché se un’elaborazione scientifica tende all’oggettività a individuare dei principi che siano generalizzabili, in realtà la scienza moderna è nata proprio con l’obiettivo di arrivare a formulare le leggi scientifiche.

Nel caso della psicologia la dimensione irrimediabilmente e fortunatamente individuale di ciascuno di noi crea dei problemi ad una elaborazione esclusivamente statistica, la malattia è sempre malattia di un singolo individuo, la patologia è sempre una patologia individuale. Ed individuale, profondamente individuale e il modo in cui una stessa lesione si esprime.

L’elaborazione statistica comporta naturalmente l’approccio probabilistico, il problema è che l’approccio probabilistico, l’elaborazione statistica, necessariamente riduce la variabilità individuale che invece è notevole sia nell’estensione delle lesioni, non ci sono mai due lesioni esattamente uguali, e nella produzione del disturbo cognitivo, che può essere diverso sul piano fenomenico.

Quello che fa la psicologia è studiare quelle che vengono definite dissociazioni fra funzioni danneggiate o risparmiate e quindi, per esempio, il paziente di Broca è un esempio di dissociazione, perché non riesce a produrre linguaggio ma ne mantiene la capacità di comprenderlo. L’idea che sottende l’approccio basato sullo studio delle dissociazioni è che in qualche maniera la lesione, l’inceppamento diciamo dentro un luogo del cervello disattivi una componente, cioè sottragga alcune componenti alla realizzazione complessiva e armonica della funzione di cui si sta studiando la natura.

Assunzioni e limiti del metodo sottrattivo

L’analogia mente-computer comporta la lettura di una lesione cerebrale nei termini del malfunzionamento della disattivazione di un modulo. Si assume che il sistema cognitivo si è organizzato in modo modulare e naturalmente che esso fosse normale prima della lesione.

Si assume che la prestazione cognitiva alterata abbia con il sistema cognitivo danneggiato la stessa relazione che la prestazione normale ha con il sistema normale.

Si assume anche che gli effetti del danno cerebrale siano modificazioni locali del sistema cognitivo, dunque che sia possibile isolare i processi unitari e che la loro sottrazione lasci inalterato il resto del sistema e invece non è così, non è così perché un sistema al variare di una condizione, al venir meno per esempio di una componente si riorganizza le relazioni, si ridefiniscono, come diceva la Gestalt, le relazioni sono più importanti delle singole parti.

Dissociazioni e associazioni tra sintomi

L’idea della multi-componenzialità e più probabile della modularità del nostro cervello, i diversi tipi di dissociazione forte o debole dimostrano che effettivamente ci sono luoghi preposti in maniera preferenziale all’assolvimento di un certo compito, ma questo in realtà non è possibile leggerlo nei termini chiari di un abbinamento zona-competenza.

Ci sono luoghi candidati, privilegiati all’assolvimento di una funzione, dentro un quadro necessariamente molto più articolato e quindi necessariamente più confuso di quello che si pensava potesse essere fino a pochi anni fa.

Si danno sintomi isolati puri, associazione di sintomi, e i complessi sintomatologici hanno un valore euristico, il valore euristico dei complessi sintomatologici risiede proprio nel dimostrare che non è così scontato assumere che se viene meno un componente si disattiva una funzione specifica.

Si presuppone che vi siano aree cerebrali particolari per ciascuna attività funzionale, ovvero che ci sia una generale modularità, una suddivisione del cervello in tante parti funzionalmente diversificate e selettivamente danneggiabili, naturalmente il tutto basato dell’analogia mente-computer.

In copertina Foto di Raphael Koh su Unsplash

fonte uninettuno

 

Pubblicato il
28 Febbraio 2023

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