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I processi decisionali

Le decisioni economiche

Altri studi hanno dimostrato che segnali registrati a livello della corteccia orbito-frontale possono darci un’idea sulle preferenze dell’animale. In particolare, in uno studio si registrava l’attività dei neuroni della corteccia orbito-frontale in un compito in cui un macaco doveva scegliere fra due stimoli presentati simultaneamente.

Questi due stimoli erano associati a due ricompense di tipo diverso, per il quale l’animale mostrava delle chiare preferenze.

Le neuroscienze sembrano fornire l’idea che il comportamento di scelta sia in qualche modo indagabile strumentalmente.

Il termine di reward, infatti, che viene generalmente tradotto con ricompensa può avere significato più ampio. Per i biologi i reward riflettono le esigenze dell’animale, in particolare le esigenze di sopravvivenza e le esigenze riproduttive sono quindi definiti reward primari o anche omeostatici o riproduttivi.

Esistono tuttavia dei reward non-primari, dei reward che possono consistere ad esempio in beni preziosi o denaro ma anche in cose immateriali. Il reward quindi, di fatto non si limita soltanto ad essere un oggetto, ma può essere identificato con questo termine qualsiasi evento, stimolo o azione che agisca da reward.

I reward in neuropsicologia rappresentano fondamentalmente dei rinforzi positivi, al contrario per gli economisti i reward sono i beni fra i quali i soggetti scelgono, appare quindi chiaro che questo concetto sia particolarmente adatto per il dialogo fra scienze diverse.

Altri studi hanno dimostrato che effettivamente il segnale dopaminergico è in grado di codificare variabili legate al processo di scelta.

Anche nell’uomo utilizzando la risonanza magnetica funzionale è stato dimostrato un simile sistema di aree che codifica delle variabili allegate al processo decisionale.

Tra queste troviamo alcune aree della corteccia prefrontale, come per esempio la corteccia orbito-frontale e la corteccia cingolata anteriore, ma anche regioni parietali e regioni sottocorticali in particolare lo striato.

Decisioni ed emozioni

I soggetti sembrano valutare rischi e perdite in maniera non del tutto razionale, è stato proposto che il sistema decisionale non consista in un insieme di processi totalmente razionali, ma che sia invece meglio descritto da un bilanciamento, un’interazione fra sistemi di tipo diverso (Dual System Hypothesis) ed in particolare fra:

  • un sistema di tipo 1 (intuitivo-euristico) che opera velocemente, richiede minime risorse attentive ed è indipendente dalla memoria,
  • un sistema di tipo 2 (esecutivo-analitico) relativamente lento, dipendente dalla memoria di lavoro e dai processi attentivi volontari

In sostanza nella vita reale, per limiti di tempo, per limiti di informazioni a disposizione, il sistema 2 non sarà sempre in grado di fornire una risposta razionale.

Il rischio

In tutti questi casi sarà necessario avere il supporto o l’interazione con un sistema di tipo 1 che tende a fornire delle risposte rapide. Quello che è importante, e che vedremo adesso, il sistema di tipo 1 sembra essere fortemente influenzato dalle emozioni.

Anche che le cortecce prefrontali potrebbero avere non soltanto un ruolo nel gestire aspetti prettamente razionali delle decisioni, ma potrebbero avere un ruolo nell’integrare segnali provenienti da aree deputate all’analisi di componenti prettamente emotive.

Dilemmi morali

il dilemma è posto in una maniera personale ed evoca come evidente un maggior conflitto nel soggetto.

Lo vediamo anche dal fatto che se registriamo i tempi di risposta, nel caso in cui un partecipante di una risposta utilitaristica a un dilemma posto in forma personale, cioè quando decide di buttar giù la persona, i tempi di risposta sono notevolmente più allungati, indicando che si deve in qualche modo risolvere un conflitto.

Interessante notare che test con risonanza funzionale hanno evidenziato come molte aree, comprese le cortecce prefrontali, siano attive in questo test ed è stato anche evidenziato che i pazienti con lesioni della corteccia ventro-mediale prefrontale tendono a fornire più spesso risposte utilitaristica quando il modello è in una formulazione personale.

In ruolo delle emozioni nella decisione lo vediamo bene anche in alcuni test come in particolare: Ultimatum Game. In questo test si gioca un soggetto contro l’altro oppure un partecipante contro il computer. In questo test abbiamo un partecipante che gioca da offerente e un altro da ricevente, il teste consiste nel fatto che vi è una certa somma, per esempio di 10 $ a disposizione dell’offerente, questa può decidere di dividerla come preferisce con il ricevente, tuttavia è il ricevente che deve dire se accetta o no la proposta. Se l’accetta entrambi vanno a casa con la somma pattuita, se non l’accetta nessuno riceve niente. In teoria il soggetto ricevente non avrebbe nessun interesse a rifiutare l’offerta, qualsiasi offerta anche soltanto un dollaro e comunque un guadagno rispetto all’alternativa di non ricevere nulla. Ed effettivamente i soggetti ragionano così quando giocano contro un computer e accettando più o meno qualsiasi offerta che viene fatta. Tuttavia, quando i soggetti giocano contro un umano, il ricevente tende a non accettare delle proposte che ritiene in qualche maniera ingiuste o svantaggiose, come ad esempio quando viene proposto meno di 3 su 10.

Interessante notare che studi che hanno utilizzato la risonanza magnetica hanno mostrato come un’area che è l’insula, in particolare l’insula destra, è particolarmente attiva nella condizione in cui riceviamo offerte sleali da parte di un giocatore umano.

Non si vede la stessa attivazione quando il soggetto è convinto di giocare contro computer. Quello che vediamo anche è che la possibilità, la frequenza con cui accettiamo l’offerta sleale è inversamente proporzionale al grado di attivazione in quest’area.

È interessante notare che l’insula, in particolare l’insula di destra, è un’area cerebrale associata all’elaborazione di sensazioni del corpo, d’esempio sensazioni enterocettove, sensazioni come il disgusto e la nausea si associano ad un’attivazione di quest’area. È interessante che anche il disgusto quando vediamo per esempio delle immagini sgradevoli si associa all’attivazione di quest’area ed è a questo punto non più sorprendente il fatto che anche per offerte sleali si abbia l’attivazione di un’area che esprime sentimenti e sensazioni fisiche di disgusto.

Le emozioni entrano prepotentemente nel processo decisionale fornendo dei segnali indispensabili.

Accanto a un sistema deputato al calcolo di variabili prettamente economiche, al calcolo dell’utilità soggettiva, nel quale abbiamo visto hanno sicuramente un ruolo i segnali dopaminergici e l’attività delle cortecce prefrontali, abbiamo un sistema deputato al calcolo, al computo delle conseguenze emotive delle decisioni.

Decisioni e gambling

Per gambling, o gioco d’azzardo si intende un’attività in cui generalmente una somma di denaro viene messa in gioco nell’aspettativa di un guadagno superiore.

Può prendere molte forme diverse, pensiamo alle lotterie di Stato, ai giochi da casinò, ai giochi elettronici, i gratta e vinci, le scommesse sportive e c’è chi considera come forma di gambling anche gli investimenti in borsa.

Il primo dato che dobbiamo considerare è che la stragrande maggioranza delle persone riferisce di aver giocato almeno una volta, ed effettivamente a conferma come queste attività siano piacevoli e diffuse, sono di fatto presenti in tutte le società umane e già da migliaia di anni.

Tuttavia, in una piccola parte della popolazione il gioco d’azzardo può assumere la forma di un disturbo, in Italia le stime parlano dell’1-2% della popolazione. Tuttavia, questa incidenza aumenta notevolmente se consideriamo determinate popolazioni a rischio, pensiamo ai pazienti psichiatrici, ai soggetti con dipendenze da sostanze, ai pazienti con malattia di Parkinson e inoltre sono considerate un fattore di rischio in genere la giovane età e il sesso maschile – anche se la differenza fra sessi spa decisamente diminuendo con il passare degli anni.

I criteri diagnostici delle DSM V, il disturbo del gioco d’azzardo è stato spostato all’interno delle dipendenze da sostanze perché come vedremo anche dai criteri diagnostici condivide con esse alcune caratteristiche peculiari:

  • il soggetto tende a giocare somme crescenti di denaro per ottenere lo stesso grado di soddisfazione
  • il soggetto tende ad essere irritabile, irrequieto quando tenta di ridurre o interrompere il gioco
  • il soggetto può aver tentato ripetuti sforzi infruttuosi per ridurre, interrompere il gioco
  • il soggetto è spesso preoccupato per il gioco d’azzardo, passa tempo a fantasticare, a rimuginare sul risultato del gioco e sulle prossime giocate.
  • tende a giocare quando si sente in difficoltà e quindi per evaderle da situazioni per esempio stressanti o frustranti
  • mostra in alcuni caso di dei comportamenti come quello definito di inseguire le perdite, è la tendenza che a volte mostrò alcuni giocatori ad aumentare l’entità della scommessa per rientrare delle perdite subite
  • ulteriori criteri sono inoltre il fatto di aver accumulato difficoltà economiche, relazionali, lavorative a causa del gioco

Dopamina e striato

È stato proposto che nei giocatori problematici possa esserci un’anomalia di quel sistema che abbiamo descritto fino adesso e che gestisce la percezione del Reward e in generale la nostra capacità di prendere decisioni economicamente valide.

Alcuni dati sembrano suggerire questo, infatti, in giocatori patologici è stata evidenziata:

  • un’aumentata connettività e volume dello striato ventrale
  • una ridotta attivazione dello striato nelle fasi di anticipazione e della ricompensa
  • un maggiore rilascio di dopamina nello striato durante un task di gambling
  • in particolare in questi soggetti durante il craving per il gioco d’azzardo, quindi indotto dalla visione di stimoli che inducono a giocare, abbiamo un’aumentata attivazione dell’insula e un’aumentata connettività fra lo striato e la corteccia prefrontale mediale

Processi decisionali e gambling

È stato ipotizzato infatti che il nostro cervello non sia così in grado di rappresentare con correttezza delle probabilità molto alte o molto piccole. Pensiamo ad esempio quando giochiamo a una lotteria, la nostra capacità di figurarci quale sia una possibilità su 1 milione è molto scarsa, è anche un piccolo errore di calcolo potrebbe determinare un errore nel calcolo dell’accettabilità economica dell’opzione di comprare un biglietto.

Vediamo qualche altro fenomeno simile: abbiamo descritto il fenomeno di inseguire le perdite, un altro fenomeno frequentemente descritto è quello dell’illusione di controllo.

Si definisce come una immotivata aspettativa soggettiva di successo più alta di quelle che sono le probabilità oggettive. Questa tende a comparire soprattutto in quelle condizioni in cui un gioco il cui risultato è totalmente dipendente dal caso, siano contenuti degli elementi che ricordano dei giochi di abilità, pensiamo anche banalmente a quando si direbbe tirare il dado o per esempio quando i soggetti tendono a voler scegliere loro il numero della lotteria.

Altri esempi sono rappresentati dal fenomeno dalla fallacia dello scommettitore e dal fenomeno della quasi vincita, che vedremo adesso nel dettaglio.

Il fenomeno cosiddetto della fallacia dello scommettitore è considerato come il ritenere che un evento casuale possa avvenire con frequenza maggiore o minore in base ai risultati precedenti.

Pazienti con lesioni dell’insula sembrano avere abolito quest’effetto, vedete che mentre gli altri soggetti, con pazienti con altre lesioni cerebrali e soggetti sani tendono a ridurre la loro tendenza giocare mano a mano che un colore esce più volte consecutivo, quest’effetto non si vede nei pazienti con lesioni dell’insula.

Un fenomeno molto conosciuto è il fenomeno della quasi vincita (o near-miss), è noto, infatti, che se un giocatore ottiene un risultato “quasi vincita” in una slot-machine o in un gratta e vinci, è più portato a giocare nuovamente.

È stato dimostrato che i risultati di “quasi vincita” attivano i circuiti della ricompensa in maniera molto simile alle vere vincite.

Questo ovviamente appare come un controsenso poiché in un gioco di caso, un gioco il cui risultato è casuale, un risultato di quasi vincita non è in nessuna maniera differente da una perdita totale. Tuttavia, il nostro sistema, il nostro cervello sembra utilizzare un meccanismo che si è evoluto per le azioni invece in cui il modo in cui li abbiamo eseguite è determinante. È evidente che in un compito che dipende dall’abilità personale, il cervello segnali un risultato di quasi vittoria come un qualcosa di molto simile effettivamente a un buon risultato. Tuttavia, questo sistema che evidentemente continua a funzionare anche per eventi casuali come il gioco d’azzardo, segnala in qualche maniera al nostro sistema di essere andato vicino alla vittoria anche in un caso in cui il nostro intervento, la nostra abilità sono del tutto irrilevanti, fornendo quindi un segnale errato che stimola la propensione a giocare.

In copertina Foto di Javier Allegue Barros su Unsplash

fonte uninettuno

Pubblicato il
8 Marzo 2023

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