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Il deterioramento cognitivo

Con questo termine si definisce una condizione caratterizzata dalla presenza di progressivi deficit cognitivi che interferiscono con la vita quotidiana.

Le caratteristiche quindi essenziali di questa condizione sono – DSM V (disturbo neurocognitivo maggiore – demenza).

Landamento progressivo è il fatto che i disturbi vanno ad instaurarsi come un decadimento rispetto ad un livello precedentemente raggiunto, escludiamo i disturbi dello sviluppo, quelli che compromettono una normale acquisizione dell’età cognitive. La definizione di deterioramento cognitivo è cambiata nel corso degli anni, se nel DSM III un elemento fondamentale era la presenza di disturbi di memoria in grado di interferire con l’indipendenza nelle attività della vita quotidiana, con il DSM V la definizione cambia lievemente, innanzitutto lo viene introdotto il termine di disturbo neurocognitivo maggiore che va a sostituire il termine di demenza che tuttavia è ancora accettato, e che fondamentalmente stabilisce che il disturbo cognitivo può comprendere uno qualsiasi dei domini cognitivi, quindi non è più richiesto una compromissione predominante della memoria. È richiesto che questo deficit interferisca con l’indipendenza nelle attività quotidiane – quando invece abbiamo un deficit cognitivo che non interferisce con l’indipendenza nell’attività quotidiana parliamo in questo caso di disturbi cognitivi lievi o Mailed Cognitive Impairment.

Altre caratteristiche sono che il disturbo non si presenti unicamente nel contesto di un delirium e che i disturbi non siano meglio spiegati da altre condizioni per esempio psichiatriche come, d’esempio la depressione maggiore o la schizofrenia.

Il delirium

Con il termine delirium si intende una condizione caratterizzata:

  • da un’alterazione acuta dell’attenzione, e della consapevolezza, è una patologia frequente soprattutto negli anziani ospedalizzati
  • ha un esordio acuto, subacuto e delle rapide fluttuazioni nel corso della giornata, quindi questo lo rende ben diverso dalla progressione del disturbo cognitivo in una demenza
  • i disturbi dell’attenzione e della consapevolezza e dell’orientamento possiamo avere disturbi cognitivi aggiuntivi, quindi disturbi ad esempio della memoria, disturbi del linguaggio, dispercettivi, allucinazioni
  • il disturbo non è dovuto a una condizione di demenza preesistente, può senza dubbio instaurarsi su pazienti con un deterioramento cognitivo ma non è il deterioramento cognitivo e la demenza la causa
  • la causa nei casi di delirium va sempre ricercata innanzitutto in una condizione medica o in altre condizioni come per esempio l’effetto di farmaci, dell’alcool, disturbi vascolari soprattutto se il delirium è associato a sintomi neurologici, gli squilibri metabolici e per esempio gli effetti dell’anestesia generale

In generale sono quindi distinti dei fattori scatenanti, come quelli che abbiamo piena elencato e dei fattori predisponenti. Più sono i fattori predisponenti meno saranno i fattori scatenanti necessari.

  • I fattori predisponenti (fattori di rischio) sono innanzitutto:
  • l’età, la presenza di un preesistente declino cognitivo così come la presenza di deficit sensoriali, o storie di alcolismo, storie di depressione
  • è importantissima in questi pazienti l’anamnesi farmacologica, quindi identificare: inizio, aumento di dosaggio di farmaci, sospensione brusca o per esempio l’interazione tra farmaci che ne possano modificare l’efficacia. Tra i farmaci più frequentemente implicati abbiamo le benzodiazepine, gli analgesici oppioidi, l’alcool, gli antistaminici, gli anticolinergici, gli antiepilettici, ma non solo
  • valutare condizioni come la presenza di disidratazione, di squilibri elettrolitici, di infezioni o in generale di altre patologie internistiche

Pseudodemenza

Un’altra condizione, inoltre che va identificata e la pseudodemenza, con questo termine si indicano dei disturbi cognitivi che avvengono nel contesto di altre patologie, ad esempio di disturbi psichiatrici nel contesto della depressione maggiore.

Ha delle caratteristiche che vanno identificate e distinte da quelle di un deterioramento cognitivo su base organica

  • in genere un esordio che può essere rapido, può mostrare una scarsa evolutività, è una tendenza a delle fluttuazioni – non fluttuazioni nell’arco della giornata ma fluttuazioni nell’arco di giorni o di settimane
  • possono prevalere aspetti confusionali o aspetti di rallentamento cognitivo
  • possono essere presenti deficit di concentrazione, di comprensione e di fatica
  • possono coesistere la depressione e l’ansia, in tutti questi casi quindi l’atteggiamento più indicato sarà quello di proporre una rivalutazione del paziente a distanza, ad esempio dopo aver iniziato un trattamento per questi disturbi

Diagnosi del deterioramento cognitivo

La diagnosi di deterioramento cognitivo ha inizio in un momento che viene riferito dal paziente o dai familiari in cui fondamentalmente viene notata una incongruenza fra le prestazioni, le attività del paziente e le aspettative dei congiunti o le aspettative sociali rispetto alla sua performance.

Questo viene identificato con il termine di incompetenza cognitiva ecologica. 

A partire da questo momento i familiari e il paziente si rivolgono al medico generale o al neurologo e quindi, bisognerà iniziare un processo che preveda delle fasi ordinate che sia volto al raggiungimento di una diagnosi. Una fase importante sarà la raccolta dell’anamnesi, questa non comprende soltanto aspetti generali, come ovviamente la familiarità per malattie neurodegenerative, la scolarità, la professione, sarà importante ad esempio inquadrare l’esordio dei sintomi, quindi quali attività sono state in qualche maniera alterate dalla comparsa di disturbi cognitivi.

È proprio l’aspetto dell’anamnesi cognitivo-comportamentale che è molto importante poiché con le domande giuste bisognerà indagare alcuni aspetti che riguardano i diversi domini cognitivi, quindi memoria, attenzione, linguaggio, funzioni visuo-spaziali, disturbi esecutivi e comportamentali così come emergono le difficoltà nella vita quotidiana, quindi ponendo ad esempio se ci sono disturbi di memoria, dimenticanze, difficoltà nel ricordare appuntamenti presi, se ci sono disturbi attentivi, disturbi del linguaggio, nel reperimento dei vocaboli, nella comprensione dei discorsi e così via.

Le informazioni che vengono ricavate in questa fase sono estremamente importanti per impostare la fase successiva: la valutazione tramite dei test neuropsicologici.

Per quanto riguarda la valutazione neuropsicologica quindi questa ha l’obiettivo tramite la somministrazione di test standardizzati, innanzitutto di confermare i deficit notati dal paziente o dai familiari, e in seguito di fornire una diagnosi specifica e quindi facendo una diagnosi differenziale da possibili altre condizioni.

Test di screening

Il Mini Mental State Examination MMSE o il Montreal Cognitive Assessment MoCA, questi sono delle batterie rapide, contengono 30 domande e possono essere somministrate in pochi minuti. È ovvio che per una diagnosi servono dei test più approfonditi, questi sono tuttavia degli strumenti di rapida somministrazione che possono essere somministrati in momenti successivi per avere un’evoluzione, un’idea dell’evoluzione.

Possiamo poi utilizzare delle batterie di test, quindi dei test già selezionati per indagare tutti i diversi domini – Addebroke’s cognitive examination (ACE-III), Mental deterioration battery (MDB). In seguito si potrà passare, se necessario soprattutto per la diagnosi differenziale a una valutazione neuropsicologica estesa.

Importante in questa fase è valutare anche gli aspetti comportamentali, gli aspetti dell’umore, quindi sarà importante valutare la presenza di depressione, di ansia, di apatia, sarà importante valutare gli aspetti comportamentali con dei questionari specifici e sarà infine essenziale valutare l’indipendenza nelle attività quotidiane con delle scale che misurino appunto gli aspetti funzionali. Questi aspetti sono importanti non solo perché i disturbi dell’umore, i disturbi comportamentali fanno parte dei sintomi di esordio di alcune patologie neurodegenerative, quindi sono elementi indispensabili per la diagnosi, ma sono anche degli elementi che hanno un forte impatto sulla qualità della vita tanto del paziente quanto del caregiver. Pertanto, identificarli e riconoscerli e trattarli è un obiettivo estremamente importante.

In definitiva quindi, abbiamo detto che la valutazione neuropsicologica ha quindi il ruolo di fornire una conferma dei deficit e fornire un inquadramento. È estremamente importante quindi nelle fasi iniziali di un deterioramento cognitivo fare una valutazione completa che permetta di identificare i diversi quadri cognitivi in base al profilo di esordio. Infatti, questo è un aspetto estremamente importante, possiamo distinguere in base al profilo dei sintomi di esordio quattro sostanzialmente profili differenti per le patologie neurodegenerative:

  • abbiamo patologie con esordio con amnesia progressiva, che sarà quindi caratterizzata dall’interessamento anatomico delle strutture del lobo temporale mesiale soprattutto, ed è il classico esempio di esordio della malattia di Alzheimer
  • possiamo avere forme di deterioramento con esordio con afasia progressiva, in cui ad essere interessata sono le strutture dell’emisfero sinistro associate all’elaborazione del linguaggio
  • possiamo avere forme con esordio con disturbi visuo-spaziali, con cui l’esordio è invece focalizzato sulle aree parietali e occipitali
  • una forma con disfunzione comportamentale prevalente, in cui la disfunzione principale a livello di circuiti frontali

Diagnosi eziologica

È importante identificare se è presente un profilo specifico all’esordio perché guida la diagnosi e soprattutto perché col passare degli anni tutte le demenze per la diffusione del processo patologico ad altre aree tendono a diventare meno specifiche come fenotipo clinico e tendono fondamentalmente ad assomigliarsi con il progredire della patologia.

I dati dell’esame neuropsicologico insieme ai dati clinici e dell’esame neurologico possono essere quindi combinati insieme e soprattutto insieme agli esami strumentali per arrivare ad una diagnosi eziologica. Esami di laboratorio ed esami come la TAC e la risonanza magnetica, l’elettroencefalogramma sono sicuramente utili per la diagnosi o per la diagnosi differenziale così come sono importanti esami come la PET che permette di studiare il metabolismo cerebrale o la deposizione di specifici biomarcatori (biomarker) o la puntura lombare che ancora una volta può permettere di mostrare anche in questo caso la alterazione di alcuni biomarcatori specifici per patologie neurodegenerative.

Lo scopo di questo procedimento è quello di arrivare ad un inquadramento generale che innanzitutto prevede una distinzione fra:

  • patologie degenerative primarie, ad esempio la malattia di Alzheimer, la demenza frontotemporale o la demenza corpi di Lewy
  • patologie invece non primariamente degenerative che possono comprendere cause vascolari, patologie come i tumori, l’idrocefalo, il trauma cranico, patologie endocrino metaboliche o infettive

Sarà importante arrivare ad una diagnosi eziologica anche perché in alcuni casi ci troviamo di fronte a patologie comunque suscettibili di trattamento e per le quali quindi bisogna cercare di intervenire.

Degenerazione frontotemporale

Con questo termine intendiamo una serie di patologie caratterizzate da atrofia dei lobi frontale e temporale, e dal punto di vista clinico sono invece caratterizzate da una prevalenza di disturbi comportamentali, disturbi disesecutivi e disturbi del linguaggio.

Rappresenta la terza causa di demenza, seconda causa invece nei pazienti al di sotto dei 65 anni; la prima causa rimane sempre la malattia di Alzheimer.

Sono state distinte all’interno della degenerazione frontotemporale diverse forme cliniche: sono stati descritti dei pazienti con marcate alterazioni comportamentali, presenti all’esordio della patologia, e caratterizzati da un pattern di atrofia che come vedete si distingue nettamente da quello della malattia di Alzheimer che come vedete ha una disposizione temporale e posteriore, al contrario in questi pazienti si aveva un’atrofia soprattutto del lobo frontale e della porzione anteriore dei lobi temporali.

In seguito, sono stati descritti anche altri fenotipi di malattia in questo spettro, e sono state definite afasie primarie progressive. Sono stati descritti tre tipi diversi di afasia primaria in base alla presentazione, quindi:

  • delle forme non fluenti
  • delle forme semantiche
  • delle forme logopeniche

Come vedete tutte queste tre forme sono caratterizzate da un’atrofia prevalente dell’emisfero sinistro, anche se vedete che per la forma semantica abbiamo una variante che interessa anche il polo temporale destro. Diverso è per ognuno di questi tipi il pattern è dell’atrofia e vedremo anche la sintomatologia clinica.

Caratteristica di questo spettro di patologie è di avere un substrato neuropatologico come vedremo abbastanza variabile, questo ci può senza dubbio spiegare anche la variabilità clinica di queste forme. Anatomicamente troviamo perdita di neuroni piramidali e degenerazione microvacuolare negli strati secondo e terzo della corteccia frontale e temporale. Troviamo in queste forme un accumulo patologico di proteine, quindi distinguiamo:

  • delle forme FTLD TAU positive
  • delle forme FTLD TDP, TAU negative invece positive per la proteina TDP43

Le forme con accumulo di proteina TAU comprendono

  • la classica malattia di Pick in cui troviamo degli accumuli intracellulari di proteina TAU
  • delle forme definite quattro R. in cui abbiamo una sovrapposizione clinica con delle patologie come la degenerazione corticobasale e la paralisi sopranucleare progressiva.

Infine, nelle forme TDP43 positive abbiamo un accumulo di questa proteina che e una proteina nucleare che troviamo invece accumulata in forma patologica ubiquitinata e iperfosforilata nel citoplasma dei neuroni.

Conoscere la neuropatologia di questa condizione ci aiuta meglio a capire lo spettro delle presentazioni cliniche. Innanzitutto, abbiamo detto che possiamo avere una sovrapposizione fra forme di degenerazione frontotemporale e le patologie e alcuni disturbi patologici neurodegenerative del movimento (Parkinsonismi). Tra questi abbiamo:

  • la paralisi sopranucleare progressiva
  • la degenerazione corticobasale

Queste patologie sono classicamente classificate all’interno dei parkinsonismi ovvero sono patologie che si manifestano con sintomi simili a quelle della malattia di Parkinson quindi con rigidità muscolare, rallentamenti, impoverimento dei movimenti – in generale hanno

  • un fenotipo di tipo rigido acinetico
  • sono caratterizzate rispetto alla malattia di Parkinson
  • da una scarsa risposta alla terapia farmacologica
  • da una più frequente presenza di sintomi clinici già in fase di malattia precoce

Un’altra patologia con cui abbiamo un’importante sovrapposizione nella degenerazione frontotemporale è la sclerosi laterale amiotrofica SLA e le patologie del motoneurone. La sclerosi laterale amiotrofica è classicamente considerata una patologia che colpisce il primo e il secondo motoneurone – è una patologia molto grave che porta al decesso nel giro relativamente pochi anni per insufficienza della muscolatura respiratoria.

In questi pazienti è stato dimostrato un interessamento corticale più diffuso di quanto pensato in un primo momento, infatti, fino al 50% dei pazienti con SLA possono presentare dei sintomi cognitivi in genere dei sintomi che hanno a che fare con sintomi comportamentali, sintomi disesecutivi, e molto importante, fino al 5-15% di questi pazienti può ricevere una diagnosi di variante comportamentale di degenerazione frontotemporale.

È vero anche il contrario, i disturbi del motoneurone sono frequenti in pazienti con degenerazione frontotemporale, questo ci indica che c’è una sovrapposizione, si parla quindi di spettro di patologia fra la SLA e la demenza frontotemporale.

Una migliore comprensione anche di questa sovrapposizione viene dallo studio della genetica di questa malattia. La genetica della demenza frontotemporale ci mostra un’importante familiarità (40%) di questa patologia e un’importante componente di forme ereditarie (10%). Sono stati descritti vari geni associati a questa patologia, in particolare:

  • mutazione del gene per la proteina TAU associata ai microtubuli MAPT
  • gene della progranulina GRN
  • gene c9orf72 – guanine nucleotide exchange
  • altri come, per esempio TDK1 o VCP (valosin containing protein)

L’importante scoperta del gene c9orf72 è relativamente la più recente e ha dimostrato chiaramente, quindi la sovrapposizione fra le forme familiari di demenza frontotemporale e patologie del motoneurone.

Iniziamo ad analizzare le diverse varianti, iniziamo parlando della variante comportamentale. La variante comportamentale (bvFTD) rappresenta la forma più frequente.

I sintomi iniziali in questa condizione possono comprendere

  • le alterazioni del comportamento che possono andare tanto in senso di una riduzione dell’iniziativa, presenza di apatia, appiattimento emotivo, quanto invece possono presentarsi con una marcata disinibizione
  • a perdita di empatia è importante, tra l’altro è aggravata da un genere scarso insight del paziente, scarsa consapevolezza dei propri disturbi
  • i disturbi comportamentali possono comprendere comportamenti stereotipati, comportamenti ripetitivi, compulsivi
  • i marcati possono essere anche i disturbi delle abitudini alimentari che possono comprendere da un cambiamento dei gusti a franche alterazioni, ad esempio della quantità o della frequenza

Non è infatti infrequente che questi pazienti vista anche la scarsità dei sintomi cognitivi ricevano in prima battuta una diagnosi psichiatrica, ad esempio

  • diagnosi di depressione
  • disturbo ipomaniacale

Per quanto riguarda l’anatomia abbiamo detto che l’atrofia in è queste forme:

  • inizia soprattutto a livello della corteccia ventro-mediale orbito-frontale
  • interessa anche però regioni mediali, ad esempio la corteccia cingolata anteriore
  • al contrario le porzioni laterali della corteccia prefrontale come la dorsal lsteral prefrontal cortex sono interessate in una fase lievemente successiva

Questo si riflette anche nel fatto che all’esordio quelli che dominano sono i sintomi comportamentali, al contrario l’alterazione nei test che valutano la funzione esecutiva, la pianificazione, programmazione di strategie, ad esempio tendono ad essere risparmiati all’inizio.

Questo si riflette anche nei criteri diagnostici per questa forma. Come vedete infatti, i criteri diagnostici comprendono:

  • una precoce disinibizione comportamentale
  • precoce apatia o inerzia
  • precoce perdita di empatia
  • comportamento perseverativo, stereotipato, compulsivo
  • iperoralità, modificazione abitudini alimentari
  • un criterio che riguarda invece il profilo neuropsicologico, la presenza quindi di deficit esecutivi, generativi con risparmio relativo di memoria e di funzioni visuo-spaziali

Emerge chiaramente che quindi per una diagnosi clinica di possibile variante comportamentale di degenerazione frontotemporale, hanno un effetto, un’importanza predominante i disturbi comportamentali.

Passiamo adesso a parlare delle afasie primari progressive PPA. Vedete questa tabella è stata ripresa da un articolo di Gorno & Tempini (Neurology – 2011) che contiene i criteri diagnostici per le afasie primarie progressive e ulteriormente poi i criteri per le singole forme. I criteri lo vediamo in questa tabella richiedono principalmente:

  • la presenza di disturbi del linguaggio come disturbo primario
  • devono essere questi la principale causa di ripercussione sulle abilità della vita quotidiana
  • devono essere un deficit pressoché isolato o comunque predominante nelle fasi iniziali di malattia

Tra i criteri di esclusione abbiamo invece il fatto

  • che il disturbo possa essere spiegato da altre patologie neurodegenerative o sistemiche
  • che i disturbi cognitivi possono essere spiegati da una malattia psichiatrica
  • che siano presenti deficit prevalenti di memoria episodica, di memoria visiva o disturbi visuo-percettivi
  • infine che siano preminenti le alterazioni comportamentali all’esordio

Vediamo adesso quali sono i criteri invece per distinguere le tre forme cliniche che all’interno delle afasie primarie progressive distinguiamo la variante non fluente si caratterizza per due aspetti principali, questi sono: l’agrammatismo, e le difficoltà articolatorie (aprassia), quindi un eloquio faticoso, interrotto, con errori fonologici, distorsioni articolatorie variabili, questo sintomo è definito anche aprassia del linguaggio e fa sì che l’eloquio del paziente quando valutato nella produzione spontanea o per esempio quando chiediamo di descrivere un’immagine appaia come un eloquio non fluente con una marcata riduzione della lunghezza delle frasi, con una semplificazione della struttura sintattica, mancanza ad esempio di articoli, di coniugazione dei verbi – questi sono gli aspetti principali dell’agrammatismo e dall’aprassia dell’eloquio

Al contrario, altri aspetti, come la comprensione, sono più risparmiati, i pazienti potranno mostrare ad esempio dei deficit solo per frasi lunghe o sintatticamente complesse, è conservata la comprensione di singole parole così come è conservata la conoscenza degli oggetti.

Anatomia

In queste forme abbiamo un’atrofia del lobo frontale sinistro che riguarda in particolare nelle forme con aprassia dell’eloquio isolata, una atrofia della corteccia supplementare motoria e delle sue connessioni con l’opercolo frontale inferiore sinistro, questo è stato quindi identificato il fascio di Asland che connette queste due aree con una regione specificamente alterata in queste forme.

Nelle forme di agrammatismo si ha invece un interessamento più diffuso delle strutture dell’emisfero sinistro soprattutto quelle prefrontali, temporali e i fasci di conduzione.

In queste forme è importante valutare quindi l’anatomia patologica come è stato fatto in questo lavoro di Spinelli (2017) uscito su Annual Neurology che ha mostrato molto bene come la maggior parte di queste forme siano associate a delle Taupatie, in particolare a forme come la Cortico-Basal Degeneration o la paralisi sopranucleare progressiva, ma anche con la classica forma di Pick.

Parliamo adesso della variante semantica caratteristica della variante semantica sono:

  • le abilità articolatorie, morfo-sintattiche sono risparmiate
  • al contrario quello che abbiamo è una progressiva compromissione della memoria semantica

Il disturbo riguarda soprattutto la denominazione, si manifesta con anomie e con parafasie semantiche. Il deficit della comprensione delle parole e della semantica non verbale è il disturbo predominante che emerge soprattutto con il proseguire della patologia.

È importante dire che nella variante semantica distinguiamo due varianti diverse in base all’esordio dei sintomi, in particolare al lato di esordio – queste forme si caratterizzano infatti per il fatto che all’inizio l’atrofia è estremamente selettiva e anche asimmetrica e tendono invece poi con il decorso a diventare bilaterali.

Nelle forme con esordio sinistro abbiamo una prevalenza di difficoltà nel reperimento dei vocaboli, utilizzo di parole passepartout, perdite del significato delle parole, agnosia marcata.

Al contrario le forme con interessamento dell’emisfero destro abbiamo una prevalenza di alterazioni comportamentali così come un appiattimento emotivo, una mancanza di empatia, disturbi diversi che andranno a riguardare per esempio il riconoscimento dei volti, mentre i disturbi del linguaggio appaiono più tardivamente. In generale questa sindrome è stata di estremo interesse per i neuropsicologi poiché in queste patologie si manifesta una compromissione della memoria semantica con una selettività estrema e quindi estremamente utile per l’inquadramento del profilo psicologico di questi pazienti e le nostre comprensioni sull’organizzazione della memoria semantica.

Per la diagnosi clinica di questa forma, quindi saranno essenziali deficit di denominazione, i deficit di comprensione di parole, e oltre a questi la presenza di deficit nella conoscenza di oggetti, dislessia o disgrafia superficiale, devono essere indenni da ripetizioni e normale l’eloquio nei suoi aspetti motori e grammaticali, quindi un eloquio fluente.

Vediamo adesso l’ultima forma – definita variante logopenica. È stata descritta per la prima volta da Gordo & Tempini nel 2004 ed è caratterizzata principalmente da un eloquio rallentato con frasi sintatticamente semplici ma corrette, frequenti pause per il reperimento dei vocaboli. In queste forme l’atrofia riguarda principalmente la porzione posteriore del giro temporale superiore medio e del lobulo parietale inferiore di sinistra – e la maggior parte dei casi, anzi nella totalità dei casi nello studio di Spinelli nel 2017, è stato associato a un quadro patologico di tipo Alzheimer.

I criteri per questa forma sono: un deficit del recupero lessicale nell’eloquio spontaneo e nelle prove di denominazione, un deficit di ripetizione di parole e frasi, e inoltre la presenza di errori fonologici nell’eloquio spontaneo e nella denominazione, la comprensione di parole isolate e identificazione degli oggetti che è intatta, così come è intatta l’articolazione.

Ovviamente anche l’assenza di agrammatismo ovviamente distingue questi pazienti dai pazienti con le forme non fluenti.

In copertina Foto di Ussama Azam su Unsplash

fonte uninettuno

Pubblicato il
11 Marzo 2023

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