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Chi sono io? la domanda al centro di tutto
Viviamo in un’epoca in cui l’identità personale è continuamente esaltata e, allo stesso tempo, messa in crisi. I social media ci spingono a costruire un’immagine di noi stessi da esibire, mentre le trasformazioni culturali, sociali e tecnologiche ci pongono ogni giorno davanti a domande radicali:
- Chi sono davvero?
- Sono separato dagli altri o parte di una rete più ampia?
- È possibile essere felici da soli?
In questo contesto, riscoprire il significato di “sé” – e la possibilità di andare oltre il conosciuto – diventa una sfida fondamentale.
Il sé nel buddhismo: impermanenza, relazione, compassione
Nel pensiero buddhista, il sé non è un’entità stabile, ma un processo dinamico, composto da cinque fattori in costante mutamento: forma, sensazione, percezione, formazioni mentali, coscienza.
L’illusione di un io solido e indipendente è la fonte principale della sofferenza.
Eppure, il buddhismo non nega l’esistenza del soggetto: semplicemente, ci invita a guardarlo con occhi diversi.
Non si tratta di eliminare il sé, ma di comprenderne la natura interdipendente.
Solo così possiamo smettere di difenderlo, proteggerlo, armarlo, e iniziare a prenderci cura del mondo e degli altri.
Un’altra visione del sé anche in occidente
Anche nella filosofia occidentale troviamo profonde riflessioni sul tema dell’identità e dell’alterità. Platone, Hegel, Levinas, Spinoza – e persino i testi evangelici – ci mostrano un sé relazionale, aperto all’altro, definito attraverso il dialogo e la cura.
Il filosofo Emmanuel Levinas parla dell’“io ferito dal volto dell’altro”: la soggettività nasce dall’incontro, non dall’isolamento.
Psicoanalisi Lacaniana: il soggetto, il significante, l'Altro

Il significante fa scoccare la scintilla della significazione Se il segno rappresenta qualcosa per qualcuno, il significante è ciò che rappresenta il soggetto e il significato per un altro significante.
La frase evangelica «Chi perde la propria vita, la salverà» risuona con sorprendente armonia con la visione buddhista del non-sé: per trovare sé stessi, dobbiamo uscire da noi stessi.
La cura come via per andare oltre sé
In entrambe le tradizioni – orientale e occidentale – emerge un concetto chiave: la cura.
Nel buddhismo, si parla di karuṇā, compassione attiva e concreta. Nell’etica occidentale, la cura è al centro del pensiero contemporaneo (si pensi a filosofi come Carol Gilligan o Joan Tronto).
Curare non è solo aiutare: è riconoscere la vulnerabilità dell’altro come fondamento dell’etica.
Andare oltre sé significa, dunque, disinnescare l’egocentrismo che ci isola, e aprirci a una pratica di vita fondata sull’ascolto, sulla responsabilità e sull’interdipendenza.
Meditazione: non solo benessere, ma trasformazione
Oggi la meditazione è spesso associata al rilassamento, alla gestione dello stress, al benessere psicofisico. Ma la meditazione – nella sua radice autentica – è molto di più.
Meditare significa guardare profondamente dentro di sé per comprendere la natura della mente, rompere l’illusione dell’io, coltivare consapevolezza e compassione.
Come ci ricorda l’etimologia latina di “meditare” (da medeor, curare), la meditazione è un atto di cura interiore.
Il silenzio: lo spazio che lascia spazio (una riflessione)

https://youtu.be/ofKIUGBge5Q Questa riflessione nasce in un contesto particolare ovvero quello di un ritiro di due giorni di meditazione Vipassana avvenuto presso l’Istituto Lama Tzong Khapa di Pomaia. All’interno di questo
In questa luce, andare oltre sé non è una fuga, ma una riconnessione radicale con la realtà, con gli altri, con il presente.
Modernità e interdipendenza: una nuova via per il sé
Viviamo in una realtà sempre più complessa, interconnessa, fragile. I confini tra individuo e collettività si fanno più sottili: crisi ambientali, pandemie, conflitti globali, ci mostrano quanto il benessere dell’uno sia legato a quello di tutti.
In questo scenario, il mito dell’individuo autosufficiente mostra tutta la sua inadeguatezza.
Serve una nuova consapevolezza del sé: non più fondato sulla separazione, ma sulla relazione.
Andare oltre sé, allora, non è solo un concetto spirituale o filosofico, ma una risposta necessaria alla complessità del nostro tempo.
Spunti pratici: come andare oltre sé ogni giorno
Ecco alcune pratiche quotidiane che possono aiutarci a vivere in modo più consapevole, relazionale, autentico:
- Ascolta senza voler rispondere subito
Pratica l’ascolto profondo, sospendi il giudizio, accogli l’altro - Domandati: “Chi sto proteggendo?”
Ogni volta che reagisci con rigidità, indaga cosa stai difendendo. Forse non è te stesso, ma un’idea fissa di te - Coltiva momenti di silenzio
Il silenzio è uno spazio fertile in cui può emergere l’altro, può dissolversi l’ego - Agisci con gentilezza gratuita
Un atto disinteressato rompe le dinamiche dell’io-centrismo e crea connessione
Meditazione e azione: il silenzio che trasforma

Meditare è trasformazione, ma cos’è veramente la meditazione e come possiamo viverla in modo autentico, oggi? La meditazione viene spesso considerata un fatto “orientale”, spirituale, a volte persino esotico. Ma
Andare oltre il sé per ritrovarsi
Il nostro tempo ha urgente bisogno di una nuova visione dell’umano.
Una visione capace di integrare la profondità della filosofia, la concretezza della pratica e la bellezza dell’incontro.
Andare oltre il sé non significa perdere sé stessi, ma ritrovarsi in una dimensione più ampia, più vera, più libera.
È un cammino che richiede coraggio, consapevolezza, apertura. Ma è anche la chiave per una felicità più profonda, duratura, condivisa.
Quanto hai appena letto è stato tratto da questo video

Psicologo clinico, Guida in pratiche Meditative, Facilitatore in Mindfulness (ric. IPHM), Master DCA (Disturbi del Comportamento Alimentare), Master in Sessuologia Clinica, Master in Linguaggi della Psiche, Conoscitore in psicosomatica