Dr. Matteo Mannucci
Psicologo clinico, Guida in Pratiche Meditative, Master DCA, Master in Sessuologia, Conoscitore in psicosomatica
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Esperienza pura: William James, Bergson e l’empirismo radicale

Oltre il modello soggetto-oggetto

Nel precedente articolo abbiamo visto come il senso comune riduca l’esperienza a un rapporto tra soggetto e oggetto. Ma già filosofi come William James e Henri Bergson hanno mostrato che questo schema è insufficiente.

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Per loro, alla base di ogni rappresentazione cosciente c’è una realtà più profonda, impersonale e anonima: la esperienza pura.

William James: “Does consciousness exist?”

Nel 1904, William James pubblica un saggio destinato a cambiare il corso della filosofia: Does Consciousness Exist? (traducibile come “La coscienza esiste?”).

La sua tesi è sorprendente:

  • se intendiamo la coscienza come una sostanza assoluta e separata, la risposta è no
  • ciò che esiste realmente è un flusso di esperienza pura, che precede sia il soggetto sia l’oggetto

La coscienza individuale (“io penso, io sento”) non è originaria, ma un effetto dell’esperienza. L’esperienza pura è impersonale, senza proprietà privata, e solo in un secondo momento si organizza in un “io” che dice io sono.

L’urlo del neonato: un esempio concreto

Per comprendere meglio, immaginiamo la scena di un neonato che urla.

  • Dal punto di vista del senso comune, quell’urlo è interpretato come la richiesta di cibo: “ho fame”
  • Ma in realtà, all’origine, non c’è ancora un soggetto che pensa “io ho fame”. C’è soltanto un evento impersonale: un urlo

La madre, rispondendo con il seno o con il biberon, costituisce retroattivamente quell’urlo come segno di fame, dando forma all’io-bambino.

In questo senso, l’io non è un dato originario, ma un prodotto della relazione e del linguaggio. L’esperienza pura è ciò che accade prima: un orizzonte anonimo che contiene già in sé sia il bambino sia la madre, prima che diventino soggetto e oggetto.

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Bergson e la “pura immagine”

Anche Henri Bergson, amico e contemporaneo di James, elabora una visione simile. Per lui l’esperienza originaria non è fatta di rappresentazioni soggettive, ma di pura immagine.

Prima ancora che ci sia un “io” che percepisce e un “mondo” percepito, c’è un campo di immagini in movimento, un flusso vitale in cui siamo già immersi.

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La Teoria Olografica e la Coscienza

Teoria Olografica e Coscienza

La teoria olografica è una proposta affascinante in fisica teorica che suggerisce come l’universo possa essere descritto attraverso informazioni bidimensionali proiettate in tre dimensioni. Parallelamente, il buddhismo offre una visione

Bergson chiama questo approccio empirismo radicale, perché prende sul serio l’esperienza immediata, senza incrostazioni concettuali.

Stati di crisi e affiorare dell’esperienza pura

James e Bergson sottolineano che in alcuni stati limite si può percepire più chiaramente questa dimensione impersonale:

  • il moribondo, che descrive una percezione globale e intensificata del mondo,
  • chi sperimenta droghe psichedeliche, che sospendono le forme abituali della coscienza,
  • le esperienze di déjà-vu, in cui il tempo sembra raddoppiarsi e il presente si fissa,
  • situazioni di coma o crisi profonda, in cui le strutture ordinarie dell’io si dissolvono

In tutti questi casi emerge uno strato dell’esperienza che non è ancora individualizzato, che non appartiene a nessuno e che non ha un oggetto preciso: è l’esperienza pura.

Il fascino del paranormale e la ricerca psichica

Un aspetto curioso e poco noto della biografia di William James e Henri Bergson è il loro interesse per i cosiddetti fenomeni psichici.

Entrambi furono membri della Society for Psychical Research, fondata a Londra nel 1882, una delle prime organizzazioni a studiare con rigore fenomeni come la telepatia, la medianità e le esperienze paranormali.

  • James dedicò oltre 30 anni allo studio delle medium americane, arrivando a instaurare legami di amicizia e stima con alcune di esse
  • Bergson, sostenuto anche dall’interesse della moglie, partecipò a conferenze e ricerche sull’argomento in Francia e Inghilterra

Per loro questi fenomeni non erano semplici curiosità, ma occasioni per mettere alla prova la teoria dell’esperienza pura: se l’esperienza è un campo comune e impersonale, allora non stupisce che possano emergere forme di comunicazione “insolite” che sfuggono al modello classico soggetto-oggetto.

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Esperienza pura e filosofia come veggenza

Per James, il compito della filosofia è una forma di veggenza: saper risalire dal mondo già costituito (fatto di io, mondo, oggetti) al piano originario in cui tutto questo nasce.

L’esperienza pura è l’orizzonte comune da cui scaturiscono sia la coscienza sia il mondo, e riconoscerla significa comprendere che la vita stessa non appartiene mai solo a noi, ma è un campo condiviso, impersonale, vitale.

Conclusione: un nuovo empirismo

Il contributo di James e Bergson è fondamentale perché ci invita a superare il dualismo tra soggetto e oggetto, e a riconoscere che prima di ogni coscienza c’è già esperienza.

In questo senso, l’esperienza pura non è un concetto astratto, ma una realtà che sperimentiamo nei momenti più radicali della vita, nelle crisi, nelle trasformazioni, negli stati in cui l’io vacilla.

Pubblicato il
20 Agosto 2025

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