Per secoli abbiamo cercato di rispondere all’enigmatica domanda: che cos’è la mente? Filosofi, psicologi, neuroscienziati, antropologi, mistici e matematici hanno proposto modelli, metafore e teorie per spiegare l’origine e il funzionamento di questo complesso sistema che ci permette di percepire, immaginare, ricordare, agire e costruire un senso di identità.
Per molto tempo una delle metafore dominanti è stata quella del computer: la mente come processore di informazioni, impegnato a calcolare, immagazzinare, organizzare input ed output. Questa visione, tuttavia, soprattutto nell’ultimo decennio, è stata progressivamente affiancata e superata da un nuovo paradigma proveniente dalle neuroscienze contemporanee: la mente come macchina predittiva.
Grazie al lavoro di studiosi come Friston, Rizzolatti, Seth, Benedetti, la mente viene oggi interpretata come un sistema evoluto la cui funzione primaria non è reagire allo stimolo, bensì prevederlo prima che accada, anticiparlo, simularlo, costruirlo sulla base di esperienze pregresse.
Questa rivoluzione scientifica, oltre a trasformare la nostra comprensione della cognizione, apre nuove prospettive sulla psicoterapia, sulla cultura, sulla costruzione dell’identità e persino sul significato dell’esperienza corporea.
In questo articolo percorriamo un lungo viaggio transdisciplinare – neuroscientifico, antropologico e psicoanalitico – per comprendere la mente come macchina predittiva, il suo funzionamento profondo e le sue implicazioni sul nostro essere nel mondo.
In questo articolo
La nascita del paradigma predittivo: dal caos evolutivo alla free energy
Uno dei contributi più rivoluzionari alla comprensione contemporanea della mente arriva da Friston, neuroscienziato inglese della University College London, ideatore della celebre teoria della free energy.
Friston si è posto una domanda che, a prima vista, appartiene più alla biologia evolutiva che alle scienze cognitive:
Come fa un organismo vivente a sopravvivere in un ambiente caratterizzato dal caos e dall’imprevedibilità?
La risposta sembra semplice: prevedendo ciò che accadrà, anticipando gli eventi prima che si manifestino, così da preparare risposte adeguate.
In realtà, questo processo è profondamente complesso. Il mondo è rumoroso, instabile, incerto; i dati sensoriali sono parziali, frammentari e spesso ingannevoli. Un organismo che dipendesse solo dalla reattività immediata sarebbe troppo lento.
È qui che emerge il modello rivoluzionario: per Friston il cervello non è un passivo ricevitore di informazioni, ma un generatore di previsioni che costruisce attivamente modelli del mondo e poi li confronta con i segnali provenienti dai sensi.
Meditazione e neuroscienze: come cambia il cervello, cosa accade al corpo

La meditazione rafforza la materia grigia dell’ippocampo e riequilibra il sistema nervoso La meditazione non è solo una pratica spirituale o una tecnica per rilassarsi. Le neuroscienze dimostrano che può
Quando la realtà non coincide con ciò che la mente si aspettava, si genera un errore di previsione.
L’obiettivo biologico è minimizzare costantemente questa discrepanza – chiamata free energy – al fine di mantenere stabilità, ordine e sopravvivenza.
In altre parole, il cervello è una macchina di minimizzazione della sorpresa: non viviamo la realtà così com’è, ma come la nostra mente prevede che sia.
Antropologia della previsione: l’umano come stratega del futuro
Questa teoria trova conferme anche in prospettive antropologiche e storico-evolutive.
I primi ominidi sopravvivevano solo perché erano in grado di anticipare:
- l’arrivo di un predatore
- la caduta della notte
- la scarsità di cibo
- il comportamento dei membri del gruppo
L’essere umano non è solo un animale che percepisce: è un animale che proietta, immagina scenari alternativi, prefigura rischi e opportunità.
La capacità predittiva si è tradotta in strumenti culturali come:
- il linguaggio (anticipare e condividere ciò che non è presente)
- il mito (organizzare in narrazioni l’incertezza)
- il calendario (prevedere cicli e stagioni)
- l’economia (anticipare bisogni futuri)
- la scienza (formalizzare la previsione tramite modelli)
Dal punto di vista antropologico, l’idea della mente come macchina predittiva non è altro che la formalizzazione neuroscientifica di ciò che l’essere umano fa da millenni: ridurre l’incertezza attraverso la costruzione di mondi possibili.
Friston e la free energy: aggiornare il mondo o modificare la realtà
Secondo Friston la mente utilizza due strategie per ridurre la distanza tra ciò che prevede e ciò che accade:
- Aggiornare le previsioni
Quando scopriamo che l’aspettativa è sbagliata, modifichiamo il nostro modello interno.
È quello che avviene quando apriamo il frigorifero aspettandoci un vasetto di pesto e non lo troviamo: aggiorniamo mentalmente la lista della spesa. - Modificare il mondo tramite l’azione (active inference)
La mente agisce per rendere vera la sua previsione.
Se ci aspettiamo di avere il pesto, ma non c’è, andiamo al supermercato a comprarlo.
Questa seconda strategia è una forma di profezia che si autoavvera, una dinamica che la psicoanalisi conosce da più di un secolo e che oggi le neuroscienze dimostrano dal punto di vista biologico.
La psicoanalisi incontra la predizione: desiderio, aspettativa e proiezione
Molte dinamiche psicologiche classiche – dalla proiezione alla ripetizione nevrotica – possono essere reinterpretate attraverso il modello predittivo.
Freud parlava del ripetersi compulsivo come del “ritorno dell’uguale”: l’individuo, anche quando è dannoso, tende a ripetere modelli di relazione conosciuti perché sono prevedibili, riducono l’incertezza psichica e confermano aspettative radicate.
Plasticità e memoria

Come la plasticità cerebrale struttura la memoria La plasticità cerebrale è la capacità del cervello di modificare in modo irreversibile le proprie strutture per renderle virtualmente più efficienti. Capacità è
In termini neuroscientifici, la mente preferisce continuare a generare previsioni anche sbagliate, piuttosto che affrontare un errore di previsione troppo costoso.
Allo stesso modo, le teorie delle relazioni oggettuali e della psicologia del Sé descrivono una mente che costruisce delle matrici aspettuali:
- “gli altri non sono affidabili”,
- “nessuno mi ascolta”,
- “non valgo abbastanza”.
Queste credenze non sono semplicemente pensieri, ma predizioni radicate nella memoria emotiva. Il soggetto tenderà a selezionare, percepire e interpretare il mondo in modi che confermino tali modelli.
La neuroscienza predittiva è, in questo senso, una potente alleata della psicoterapia psicoanalitica.
Ottimismo e pessimismo: due stili predittivi
Gli studi sulla cecità attenzionale dimostrano che il cervello vede solo ciò che si aspetta di vedere.
In questo quadro, ottimismo e pessimismo non sono solo temperamentali, ma rappresentano due diversi stili predittivi:
- L’ottimista indica al cervello di attendersi eventi positivi. Di conseguenza, li riconosce più facilmente, li registra con maggiore intensità e li memorizza meglio.
- Il pessimista segnala al cervello che è più probabile che si verifichino eventi minacciosi. Questo lo porta a notare il negativo più intensamente.
In questo senso la mente come macchina predittiva diventa una lente per interpretare anche la qualità della vita e del benessere psicologico.
La statistica bayesiana: la matematica della previsione
Il funzionamento predittivo della mente è formalizzato dal teorema di Bayes, secondo cui la probabilità di un evento dipende da ciò che sappiamo in precedenza.
Il cervello calcola continuamente probabilità condizionate:
- “dove mi trovo?”
- “cosa sto vedendo?”
- “quale intenzione ha l’altro?”
Proprio come un pesce che, essendo vissuto quasi sempre in acqua, prevede di trovarsi in acqua anche quando un’onda lo spiaggia: l’errore aggiorna il modello.
Azione e percezione unite: la scoperta dei neuroni bimodali
A rafforzare il modello predittivo arriva la scoperta dei neuroni canonici e dei neuroni specchio, identificati dal gruppo di Rizzolatti all’Università di Parma.
Questi neuroni:
- si attivano quando compio un’azione
- si attivano quando vedo un oggetto verso cui potrei dirigere un’azione
- si attivano quando vedo qualcun altro compiere quell’azione
Percezione e azione non sono processi separati: utilizzano lo stesso codice motorio.
Per il cervello vedere un bicchiere, afferrarlo e osservare un altro che lo afferra sono variazioni di un unico schema predittivo motorio.
Corpo come modello simulativo: dal fantasma dell’arto, all’anoressia
Una delle implicazioni più sorprendenti della neuroscienza predittiva riguarda il corpo. Molti ritengono che l’esperienza corporea sia diretta, “concreta”, immediata: eppure non è così.
Il corpo che sentiamo è una costruzione predittiva multisensoriale, un modello dinamico aggiornato costantemente sulla base di:
- segnali propriocettivi
- segnali visivi
- segnali tattili
- modelli pregressi dell’immagine corporea
La sindrome dell’arto fantasma lo dimostra: il cervello continua a sentire un arto che non esiste più perché il modello predittivo del corpo fatica ad aggiornarsi.
Lo stesso accade, in forma diversa, nell’anoressia nervosa: il modello predittivo dell’immagine corporea resta irrigidito e non si aggiorna nonostante evidenze sensoriali opposte.
Da "L'uomo senza inconscio" di Massimo Recalcati: l'anoressia

Condivido in questo post alcuni frammenti del volume di Massimo Recalcati “L’uomo senza inconscio, figure della nuova clinica psicoanalitica” (Raffaello Cortina Editore) Il tema affrontato in questi frammenti è quello
Predictive coding: l’algoritmo del vivere
Secondo Friston e i teorici della mente predittiva, la cognizione è un ciclo continuo:
- Predizione
Il cervello simula ciò che dovrebbe accadere - Azione
Il corpo si muove per rendere la predizione vera - Percezione
I sensi confermano o smentiscono il modello - Aggiornamento
La mente ricalibra i suoi modelli
È un processo incessante, che unisce corpo, ambiente e mente in un’unica architettura predittiva.
Psicoterapia contemporanea: l’ACT e la defusione predittiva
Le nuove terapie psicologiche, come l’Acceptance and Commitment Therapy (ACT), si fondano su una visione simile: i pensieri non sono verità, ma previsioni che la mente formula automaticamente.
Un pensiero come: Sono negato in matematica
non è un dato di realtà: è un modello predittivo linguistico che:
- limita il comportamento
- condiziona l’esperienza
- genera azioni che confermano la profezia
La mindfulness, centrale nell’ACT, serve proprio a creare spazio tra la predizione e la realtà, permettendo aggiornamenti più liberi del modello interno.
La mente affettiva: Jung, Panksepp e il sogno tra compensazione e prospettiva

Che cosa unisce la clinica junghiana, la neuroetologia di Jaak Panksepp e le attuali teorie sul cervello come sistema predittivo? Questo articolo dalla proposta di Antonio Alcaro di rileggere i
Effetto placebo e nocebo: quando le parole cambiano il corpo
Gli studi d Benedetti mostrano che le aspettative terapeutiche – cioè le predizioni del cervello – attivano gli stessi circuiti dei farmaci reali.
L’effetto placebo è una forma estrema di predizione biologica:
- se credo che una sostanza mi farà bene,
→ il mio cervello anticipa il beneficio
→ attiva le vie biochimiche appropriate
→ e produce un reale miglioramento
Allo stesso modo, il nocebo genera sintomi reali sulla base di aspettative negative.
È la prova più evidente che la mente come macchina predittiva non è solo un modello teorico, ma una realtà neurobiologica misurabile.
Conclusioni: vivere prevedendo
Il paradigma della mente predittiva ci offre una nuova comprensione dell’essere umano:
- Non reagiamo al mondo: lo anticipiamo
- Non percepiamo la realtà: la costruiamo attivamente
- Non viviamo di dati sensoriali: viviamo di previsioni
Questa prospettiva unisce neuroscienze, filosofia, psicologia clinica, antropologia e psicoanalisi, restituendoci un’immagine dell’essere umano più dinamica, complessa e affascinante.
Comprendere questo processo non è solo un esercizio teorico: è un atto profondamente trasformativo.
Significa riconoscere che molte nostre sofferenze derivano da predizioni rigide, dalle quali possiamo imparare a distanziarci, aggiornare, trasformare.
Significa riconoscere che il futuro non è ciò che accadrà, ma ciò che la nostra mente prevede che accada. E significa, soprattutto, riappropriarsi della possibilità di cambiare il proprio modo di vedere – e quindi di vivere – il mondo.

Psicologo clinico, Guida in pratiche Meditative, Facilitatore in Mindfulness (ric. IPHM), Master DCA (Disturbi del Comportamento Alimentare), Master in Sessuologia Clinica, Master in Linguaggi della Psiche, Conoscitore in psicosomatica
