Paranoia e personalità
Il pensiero paranoide di per sé non è patologico, la posizione schizoparanoide è una modalità individuata da M. Kleyn che permette all’individuo di organizzare l’esperienza e può mantenersi attiva per tutta la vita. In tale modalità pensieri e sentimenti pericolosi sono scissi dall’Io e proiettati sul mondo esterno, sugli altri.
Gli individui che invece vivono all’interno della posizione schizoparanoide soffrono del disturbo paranoide di personalità, come la maggior parte dei disturbi di personalità tale patologia è egosintonica.
Un individuo paranoide cerca sempre dei significati oscuri, nascosti, irrisolti, è incapace di rilassarsi. Mentre il pensiero paranoide e piuttosto lucido, Il pensiero schizofrenico paranoide è invece delirante.
La difesa agita psichicamente è una scissione, uno stesso oggetto non può essere amato e odiato, o è amato, o è odiato; ogni movimento verso l’integrazione genera un’ansia intollerabile. La cattiveria è tutta proiettata sul mondo, mentre il paziente si sente perseguitato.
I soggetti che soffrono del disturbo paranoide hanno problemi di equivalenza psichica e problemi di mentalizzazione, come accade nel disturbo borderline di personalità. Il paziente paranoide manifesta un estremo bisogno di controllare gli altri, ciò è indice di una stima di sé terribilmente deficitaria, il paziente può apparire come un rigido moralista, quando internamente è debole e timoroso.
La svolta terapeutica è portare il paziente all’insorgere di un “dubbio creativo” sulle percezioni del mondo, dal “tutto è come appare” (equivalenza psichica), al “tutto non è come appare”.
Questo processo porta a una mentalizzazione efficace e a un senso del sé che può mediare l’esperienza al fine di poterla interpretare. Questi pazienti possono rivelare un desiderio nostalgico di accettazione, amore e intimità, associato a esperienze di frustrazione infantili.
Dal disturbo schizoide a quello schizotipico
I due disturbi si trovano su un continuum, il Sé risulta frammentato, scisso in diverse rappresentazioni che rimangono non integrate. L’individuo schizoide può apparire distaccato, autosufficiente, distratto, asessuato, perverso, corruttibile con uno spiccato problema nel relazionarsi con gli altri. Nella storia di questi pazienti incontriamo una figura materna inadeguata e rifiutante. Spesso il soggetto si ritira dal contesto sociale al fine di comunicare intimamente con il suo Sé, mentre al mondo rivolge il falso Sé.
Il compito del terapeuta è quello di sciogliere relazioni oggettuali interne ormai anacronistiche e promuovere tipi di esperienze oggettuali più sane.
La difficoltà delle terapia sta proprio in questo punto, spingere qualcuno alla relazione, quando questi fa di tutto per restarsene fuori. Occorre dunque lasciar esistere il Sé silenzioso proprio per dare spazio al Sé autentico nel quale il paziente trova rifugio, questo permetterà al paziente di aprirsi.
Dottore in Psicologia, Facilitatore in Mindfulness (ric. IPHM), Master DCA (Disturbi del Comportamento Alimentare), Master in Sessuologia Clinica, Master in Linguaggi della Psiche, Conoscitore in psicosomatica, Poeta, Studioso di filosofia e psicologia del profondo