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I Quattro fondamenti della consapevolezza di Thich Nhat Hanh

“Trasformarsi e Guarire” di Thich Nhat Hanh è stato il primo testo che ho indagato durante le mie prime meditazioni. Il volume è un commento al Satipatthana Sutta (Il Sutra sui quattro fondamenti della consapevolezza, tradizione Theravada) con venti esercizi per applicare la consapevolezza nella vita quotidiana.

I testi che ci portiamo in meditazione non basta leggerli una sola volta, si deve in qualche modo tornare al testo, tornare a rileggerlo per divenirne affini e poterne cogliere gli insegnamenti profondi.
Come un sentiero di montagna percorso più e più volte permette di scorgere i tanti particolari della natura, così questi antichi volumi, se investigati, consentono di comprendere qualcosa in più circa la natura della mente, per vivere un’esistenza in salute, generativa e consapevole.

Quali sono i Quattro fondamenti della consapevolezza?

Si narra che questa fu la domanda che i monaci (bhikkhu) chiesero al Buddha quando egli passò da Kammassadharma, una città del popolo Kuru.

Il Buddha rispose loro che i quattro fondamenti sono:

  • l’osservazione del corpo nel corpo
  • l’osservazione delle sensazioni
  • l’osservazione della mente nella mente
  • l’osservazione degli oggetti mentali

Quale scopo ha lo studio dei Quattro fondamenti della consapevolezza?

«[…] ‘La via meravigliosa per aiutare gli esseri viventi’. Tale termine usato dal Buddha per descrivere la pratica dei quattro fondamenti della consapevolezza, ci dà un’idea dell’enorme importanza che essa ricoprì negli insegnamenti del Buddhismo durante la sua vita. (p.28) »

Primo fondamento: Osservazione del corpo nel corpo

Il primo esercizio proposto è la respirazione cosciente: si inspira consapevoli di respirare, si espira consapevoli di espirare.
L’esercizio apparentemente banale nasconde una profondità abissale, prestare attenzione ad un respiro è semplice, ma riuscire a rimanere consapevoli contando fino a 21 respiri non è altrettanto facile, impresa ancora più ardua è trascorrere dieci minuti nella completa consapevolezza del respiro.

Non serve sforzarsi, non occorre ostinarsi a cacciare via i pensieri che sorgono durante l’atto meditativo, i pensieri vanno accolti, guardati e lasciati andare portando nuovamente la consapevolezza al nostro respiro.

L’unico sforzo da compiere è quello di mettersi seduti sul cuscino, il resto arriverà come frutto del lavoro che facciamo, la mente cambia e i risultati saranno tangibili.

La mente è un organo

Il tempo e la pratica conducono alla maturazione di capacità di cui già disponiamo (mente di chiara luce),  con costanza e determinazione riusciremo a mantenere stabile la consapevolezza sul respiro e i pensieri disturbanti sorgeranno sempre meno, questo non è un atto di volontà, ma il risultato di una mente che va pacificandosi che non è più eccitata (Nekkhamma).

La mente è da concepire come un organo, se ci impegniamo a correre tutti i giorni, l’allenamento cambierà il nostro fisico, portandoci dal correre un chilometro, poi due, tre e così via. Così accade per la meditazione; allenando la nostra mente, essa si trasformerà, trasformandoci.

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Pubblicato il
23 Novembre 2020
Ultima modifica
14 Dicembre 2023 - ora: 13:24

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