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Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA): un’introduzione

Lo scorso 12 Dicembre 2020 è cominciato un nuovo cammino di studi all’interno del progetto: MASTER DCA in Clinica dei Disturbi del Comportamento Alimentare infanto-adolescenziali e dell’età adulta, ideato dall’AIRP (Associazione Italiana Ricerca Psicosomatica) no-Profit di Livorno.

A partire dall’Open Day gli spunti di riflessione sono stati molti, provo a metterli insieme cercando di creare un discorso intorno al problema del Disturbi del Comportamento Alimentare: anoressia, bulimia, obesità.

Mengheri: «Occorre trovare non un, ma il senso della nostra vita»

Mario Mengheri Dottor

Dott. Mario Mengheri

La riflessione introdotta da Mario Mengheri, psicoterapeuta, psicologo analista junghiano e didatta AIPA, osserva come l’anoressia esista solo nei paesi in cui riscontriamo “benessere”: «In Africa l’anoressia non c’è», chiosa Mengheri.

Il DCA è un disturbo che spinge il corpo a farsi attaccare dalla psiche, sia per quanto riguarda la bulimia (corpo che tende a eccedere) che per quanto riguarda l’anoressia (corpo che tende a divenire sottile).
In un modo o nell’altro siamo in presenza dell’unilateralità, non c’è dialogo tra psiche e corpo.

Il pensiero di Carl Gustav Jung, introdotto da Mengheri, va subito a toccare il nucleo della questione ovvero la mancata integrazione degli opposti e la conseguenza prevaricazione dell’uno sull’altro.
Gli opposti (coscienza/inconscio, maschile/femminile, etc…) devono poter esser messi in giusta tensione perché la loro natura è quella di cercare “contatto”.

Lettura consigliata

Ovunque ci sia unilateralità c’è anche Hybris, la tracotanza, il peccato mortale del mondo greco.

Più siamo tracotanti meno diamo senso alla nostra vita.
Infatti: dove c’è senso non ce nevrosi, dove c’è nevrosi non c’è senso.

Mario Mengheri

Sardella: come leggere la sintomatologia dei Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA)

luigi

Dott. Luigi Sardella

Luigi Sardella, psicologo clinico e psicoterapeuta, introduce alla prospettiva della psicologia costruttivista che concepisce il sintomo psichico come la risposta maggiormente adattativa che l’individuo realizza rispetto a un problema.

In questo senso nei Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA) il corpo e le forme del corporeo divengono gli estremi di un’attenzione ossessiva che per la persona è l’unica modalità per raggiungere un equilibrio.
Secondo l’approccio costruttivista il paziente è visto come continuum di un processo di adattamento all’ambiente, non come una categoria separata da esso.

Nei DCA il sintomo è una modalità di esistere

Il DCA non è un mal funzionamento psichico, piuttosto un funzionamento che consente di sopperire a delle mancanze.

A rappresentare il paziente non è tendenzialmente un solo e specifico sintomo, spesso sono tre i sintomi che oscillano nella sfera dei DCA:

  • anoressia restrittiva
  • bulimia psicogena
  • obesità

All’interno di queste tre categorie possiamo trovare tantissime differenze, ciò che occorre comprendere è come la persona vive e racconta il suo significato (senso) e quali sono le modalità adattative impiegate all’interno della malattia.

Si tratta sempre di patologie che mettono la vita a repentaglio e a seconda della gravità del DCA la vita comunque risulta più breve rispetto alle altre persone.

Il significato e il disturbo alimentare psicogeno (DAP)

Nel costruttivismo si cercano i significati, il disturbo alimentare psicogeno (DAP) è un disturbo che rappresenta molto bene come il significato sia importante per l’individuo.
I significati personali interni all’individuo si sviluppano secondo direttive di ereditarietà e in base alla qualità delle relazioni primarie, si parla di disturbi primari di psicogenesi quando i genitori non sono in grado di cogliere il significato dei segnali emotivi dei bambini.

Le ricerche hanno dimostrato come bambini piccoli in età preverbale possono mostrare sintomi legati a disturbi alimentari di tipo psicogenetico, tuttavia quando i genitori, dopo esser stati istruiti, cominciano a cogliere certi aspetti della comunicazione dei figli, questi interrompono il disturbo del comportamento alimentare.
Se questa sintonizzazione non avviene, nel corso degli anni si tenderà a strutturare una dinamica famigliare nella quale il bambino ha ormai compreso che l’unico elemento per attirare l’attenzione dei genitori è il cibo.

L’elemento esterno, il cibo, diventa un elemento interno di comunicazione. I bisogni interni non interpretati dai genitori uniti alla conseguente incapacità per il bambino ad interpretare i suoi stessi contenuti andranno a strutturare un DAP.

Il cibo, un modo per esprimersi

I bisogni emotivi non compresi porteranno allo sviluppo di una narrativa autobiografica che si organizza in modo discontinuo, e che causa una costante inibizione dell’espressione funzionale.
Il cibo diventa il modo per esprimere le esperienze vitali, una modalità tra la soddisfazione dei propri bisogni interpersonali e quelli sociali. Relazioni mai soddisfacenti e iper-adeguatezza (tendenza al perfezionismo, iperattività, comportamenti che anticipano e neutralizzano le disconferme e  le sconfitte) spingono il soggetto ad adottare una strategia che provoca angosce sempre maggiori.

Marzioni: Il trattamento psicoterapeutico DCA in ottica costruttivista

barbara marzioni

Dott.ssa Barbara Marzioni

Barbara Marzioni, psicologo clinico e psicoterapeuta, affronta la psicoterapia dei DCA fondata sulla sintonizzazione del bisogno affettivo.
I bambini DCA comprendono che il cibo arriva nella modalità di un accudimento e quindi per loro il cibo si lega alla richiesta di affetto.
Una volta adulti il corpo sarà visto come rappresentazione della propria identità, sarà riempito o svuotato, asessuato, oppure riempito con un aumento di massa grassa, tanto da farne una gabbia.

Il corpo e la regolazione affettiva

Un corpo che diventa asessuato si rende invisibile nei rapporti, non c’è più un’identità, oppure il corpo diventa una gabbia non permettendo al soggetto di relazionarsi con gli altri. Il corpo nei pazienti affetti da Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA) è il costante centro di tutti i pensieri e angosce, è vissuto come qualcosa di estraneo che spesso neanche si percepisce.
Il corpo diventa un nemico, l’identità un giudizio esterno.

Il primo vero effetto terapeutico è quindi un approccio esplicativo che consenta di sviluppare il potere di cambiare la propria condizione.

Comprendere che qualcosa, seppur negativo, ci appartiene apre alla possibilità dello star meglio.
Altrimenti siamo vittime di una malattia che ci è estranea.

L’auto-inganno del DCA

Il DCA è un processo auto-ingannevole, si basa sull’organizzazione stessa del significato personale vissuta in modo inconsapevole.
Il paziente DCA può mettere in discussione la propria struttura di base, il proprio significato personale, e affrontare la crisi, oppure mantenere l’auto-inganno dando sempre lo stesso senso alla propria vita, nonostante questo comporti sintomi anche gravi.

Creare una narrazione condivisa attraverso la perturbazione strategicamente orientata, permette di trovare un senso che integra l’esperienza che viviamo.

Barbara Marzioni

Raggi: Diagnosi differenziale DCA e Psicopatologia del DCA

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Dott. Alessandro Raggi

Alessandro Raggi, psicoterapeuta, psicologo analista junghiano, si occupa del tema della classificazione dei DCA: «Adesso si chiamano disturbi di alimentazione e nutrizione con relative specifiche sotto-categorie», introduce Raggi.

I DCA rappresentano una sfida sia diagnostica che terapeutica per il tipo di cultura che possiamo mettere in atto, i manuali spesso non sono sufficienti a rendere di conto della complessità del soggetto.

Il DCA non si esprime come diagnosi specifica come disturbo vero e proprio, ma spesso il disturbo DCA si esprime come sintomo e come sindrome.

Capita che un soggetto con DCA possa venire rifiutato dalle strutture pubbliche perché non esprime il disturbo in maniera pura. Gravi sintomi non sono oggi classificati come anoressia, ma come psicosi. Oppure al contrario, a un soggetto con disturbo borderline viene indicato di andare in un centro di educazione alimentare.

I DCA presentano la cruciale questione relativa alla nostra difficoltà nell’eseguire delle diagnosi complesse, la diagnosi complessa dice chi è il soggetto, non lo categorizza soltanto.

I DCA necessitano di un equipe interdisciplinare perché la psicoterapia non può essere specifica, si fonda come abbiamo visto sul livello di organizzazione strutturale del soggetto.

Molte terapie possono fallire, tipo quelle che hanno una modalità di intervento specifica sul sintomo perché rispondono già alla visione scissa che collude con la scissione interna del soggetto.

Alessandro Raggi

La psicoterapia non può essere standardizzata occorre comprendere il soggetto dietro al disturbo, dietro al sintomo anoressico o bulimico.
La clinica dei Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA) è una clinica che assomiglia molto a quella delle dipendenze patologiche che va oltre alla diagnosi nosografica.

Puleggio: l’attenzione multifattoriale al fenomeno DCA

Antonio Puleggio, psicologo, psicoterapeuta, dirigente sanitario ASL6 di Livorno, ci parla dei fenomeni dell’intrapsichico come cornice che circonda l’anima.

L’attenzione del terapeuta, secondo Puleggio, si deve arricchire di più fattori al fine di trovare significati calibrati sulla persona al di là della mera definizione nosografia, una “complessità” che ci permette di aprire molte porte ai tanti sé che ci abitano.
Complessità che fa riferimento non solo a quello che avviene intorno a noi, ma anche a ciò che accade prima dell’avvento della nostra coscienza. Dimensioni criptate condizionanti modelli patologici che il soggetto DCA ha ormai fatto propri.

Una dimensione transgenerazionale

L’inconscio famigliare e la mente sistemica individuale improntano l’essere: il vissuto avviene prima della coscienza.

Transgenerazionale è la complessità di quella cornice che indica ruoli sociali, regole invisibili e tramandate.
Quando il soggetto DCA si riappropria di qualcosa che esiste nel suo mondo interiore realizza un’evoluzione.
La dimensione del sintomo è un’espressione particolare che permette di uscire dalla nosografia rispettando l’unicità del soggetto.

La nostra vita è un “testo” da leggere in modo ermeneutico.
Il sintomo serve sempre a qualcosa e qualsiasi cosa lo attivi svolge la funzione di mantenere un omeostasi.

Antonio Puleggio

È proprio in nome dell’omeostasi che il soggetto DCA rinuncia alla costruzione di una propria identità. Rimanendo nel sintomo che distrae la coscienza verso zone periferiche, lontane dal dolore della regolazione affettiva.

Un libro sull’anoressia

Alla fine dell’intenso percorso di studi relativo al master sui Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA), ho pubblicato un volumetto per approfondire e comprendere il problema dell’anoressia.

Passa per di qua, tra mente e corpo, la via della cura verso il recupero degli opposti, scissi e in lotta tra loro, nella trasformazione salvifica di un pensiero concreto desiderante un corpo astratto (etereo, asessuato, effimero, leggero) nel pensiero astratto di un corpo concreto (solido ponte e tramite efficace, fucina, laboratorio creativo).

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Pubblicato il
20 Gennaio 2021
Ultima modifica
23 Dicembre 2021 - ora: 18:12

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