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Il gruppo come strumento terapeutico

Cos’è la psicoterapia di gruppo?

L’intervento di gruppo in generale prevede una specifica metodologia basata sull’ideazione e attuazione di una strategia per rendere un gruppo più efficace.

La psicoterapia di gruppo si basa su tecniche di conduzione di gruppi, al fine di curare ogni suo membro, e raggiungere lo scopo per cui il gruppo si è costituito.

La psicoterapia di gruppo per un ritorno nella società

Photo by Ryoji Iwata on Unsplash

L’essere umano e la relazione

A partire dal grembo materno, sin dalla condizione di feto, per l’essere umano la relazione con l’altro riveste un ruolo fondamentale.

Il bambino fa esperienza dell’altro durante la fase del “legame di attaccamento (legame madre-bambino).

Il legame di attaccamento è per eccellenza la prima forma di relazione, che influenza processi fisiologici, emotivi, di pensiero. Contribuisce in modo significativo a determinare le modalità di relazione della persona sulla base di come il mondo è stato avvertito; per il neonato la madre rappresenta il mondo.

Se il legame di attaccamento sarà sufficientemente buono (Winnicott) questo si tradurrà in un rapporto sicuro, il bambino potrà quindi procedere nel mondo avendo integrato psichicamente le figure di riferimento. In caso contrario nel bambino potranno andare a manifestarsi disagi come ansia, evitamento, aggressività; il bambino tende comunque ad adattarsi al mondo anche se contrae psicopatologia.

Madre e bambino sono in relazione, ma è altrettanto vero che madre e bambino si trovano all’interno e di un collettivo (famiglia, colleghi di lavoro, amicizie, etc…) e di una collettività (il sociale in senso lato: valori, cultura, tradizioni, usi e costumi).

La psicologia sociale studia come la personalità dell’individuo si plasma all’interno della collettività. La psicologia di gruppo studia il funzionamento di un collettivo (gruppo) e di come questo influenzi, a sua volta, la personalità del singolo che la società a contribuito a forgiare.

Uno degli aspetti che da sempre interessano lo studio dei gruppi è il fenomeno per cui “l’influenza di gruppo” possa liberare il singolo dalla propria personalità (intesa come insieme di valori e credenze), portandolo a uniformarsi al gruppo stesso.

Il singolo si sente svincolato e libero di fondersi con la psiche gruppale (si veda gli aspetti del bullismo e delle dinamiche del branco).

Storia della psicologia di gruppo

Nel 1895 Gustave Le Bon (1841-1931), psicologo e sociologo francese, pubblica un volume dal titolo “Psicologia delle folle” nel quale annotava due definizioni per cui la folla è considerata tale:

  1. Nella folla gli individui che la costituiscono vanno a formarne l’anima comune
  2. La folla è caratterizzata dal bisogno di trovare un leader che viene scelto in modo acritico, senza criteri razionali, ma soltanto sotto l’impulso della ricerca di colui che potrà risolvere i problemi e provvedere al bisogno comune

Da queste due definizioni ne derivano le caratteristiche della folla o massa transitoria:

  • bassa soglia di razionalità
  • alta attivazione emotiva
  • contagio mentale
  • suggestionabilità
  • sentimento di onnipotenza

William McDougall (1871-1938), psicologo britannico, nel 1920 indica i punti fondamentali che possono consentire il passaggio evolutivo dalla massa al gruppo, dunque un gruppo non è una massa in quanto:

  • i suoi membri per un periodo sono sempre gli stessi
  • è presente la consapevolezza di obiettivi comuni
  • sono presenti valori identitari chiari
  • l’interazione è con gruppi simili

Un gruppo che appare più evoluto rispetto al primitivo stato di massa, può regredire alla stadio inferiore, se investito da un urto emotivo tale da far collassare le sue difese cognitive.

Nel 1921 Sigmun Freud (1856-1939) pubblica l’opera “Psicologia delle masse e analisi dell’Io” nella quale individua la “formula della costituzione libidica della massa”.

La massa secondo Freud si costituisce secondo un’asse orizzontale e uno verticale:

  • Lungo l’asse orizzontale troviamo l’affettività verso un ideale e/o bisogno comune che tiene uniti i suoi membri (libido)
  • Sull’asse verticale invece si rappresenta la richiesta di un leader che sappia provvedere ai bisogni del gruppo

Riepilogando:

massa e gruppo si instaurano su un continuum, la massa rappresenta uno stato iniziale (emotivo, pulsionale), il gruppo rappresenta lo stato evolutivo a cui tendere (razionalità, consapevolezza). Più gruppi e sotto-gruppi danno origine alle istituzioni che altro non sono che dei gruppi duraturi.

Il piccolo gruppo

Il piccolo gruppo è un elemento fondamentale che funge da interfaccia tra ogni individuo e la società (collettività). Tutti noi, durante la nostra vita, transitiamo o abbiamo transitato all’interno di piccoli gruppi; anche la famiglia è un piccolo gruppo, o il gruppo di amici, oppure la classe scolastica.

Nel piccolo gruppo il singolo trova la propria identità grazie al gruppo che la riconosce, ovvero: l’identità si conquista sulla base delle funzioni e dei ruoli che si ricopre, dunque delle aspettative che vengono soddisfatte.

Aspettative dell’essere figlio conferiscono l’identità del figlio (che poi sarà messa in crisi al momento dell’adolescenza), l’aspettativa verso lo scolaro danno allo scolaro la sua identità, etc…

Il gruppo primario

Il sociologo Charles Cooley (1864-1929) nel 1902 definisce il concetto di gruppo primario come elemento fondante ogni gruppo a prescindere dalla natura e dallo scopo del gruppo stesso.

Secondo Cooley il gruppo primario è caratterizzato da:

  • contatto faccia a faccia
  • intimità relativa
  • permanenza relativa
  • istanza di ogni gruppo

Michael S. Olmsted, psicologo, pone in relazione funzionale il gruppo primario con il gruppo secondario. Per Olmsted il gruppo primario è il gruppo degli amici, uniti da un legame di affettività, mentre il gruppo secondario è un gruppo formale, il gruppo di lavoro. Secondo Olmsted il gruppo secondario funziona bene quando in esso sono presenti anche le caratteristiche del gruppo primario.

Il gruppo nel mondo del lavoro

La catena di montaggio, i diritti del lavoro e dei lavoratori, il problema della produttiva, sono gli obiettivi delle prime teorie sugli interventi nei gruppi.

George Herbert Mead (1863-1931), padre della psicologia sociale, reputava di grande importanza l’aspetto del ruolo e delle funzioni che ogni membro rappresenta all’interno del gruppo. Quanto più saranno chiarite e organizzate le funzioni tanto meglio funzionerà il gruppo.

Vicino a questo pensiero è il Taylorismo (Frederick Taylor,1856-1915), una teoria che vedeva nel binomio uomo-macchina la proficua riuscita di ogni problema concernente il lavoro di gruppo e il profitto.

L’assunto di Taylor era quella di considerare l’essere umano come estensione della macchina, analogia che richiedeva una sempre più specializzazione e organizzazione tra gli stessi lavoratori.

Di visione opposta è lo psicologo Elton Mayo che fondava ogni presupposto di efficacia del gruppo di lavoro sul concetto di clima (atmosfera che si percepisce all’interno di un gruppo) e di relazioni. Secondo Mayo la positività di questi due fattori incideva maggiormente sul rendimento del lavoratore, piuttosto che orari di lavoro o retribuzione.

I primi gruppi in ambito salute

Nel 1908 il primo a far uso del gruppo in terapia fu lo psicologo Joseph Pratt (1910-1979). Egli si accorse di come il gruppo fosse un ottimo strumento per responsabilizzare e consapevolizzare le persone.

Pratt operò all’interno di un gruppo di pazienti affetti da tubercolosi. Si accorse di come questi tendevano al miglioramento rispetto a quelli che avevano ricevuto le stesse informazioni, ma singolarmente.

Il metodo praticato da Pratt fu definito il class method“: l’influenza benefica di una persona su un’altra.

Cody Marsh sulla scia di Pratt condusse tecniche di gruppo ispirate al “risveglio religioso”: fede condivisa, senso di amore collettivo, cooperazione furono i principi che secondo Marsh portavano il singolo ad essere curato da una moltitudine rappresentativa (il gruppo) della collettività che ne aveva causato la patologia.

Il primo a parlare di interventi per la salute di gruppo è stato lo psicologo Joshua Bierer (1901-1984), un vero precursore delle terapie comunitarie. Per Bierer era estremamente importante il senso della collettività e come operare al fine che ogni singolo possa essere restituito ad essa, potendo rientrare nelle relazioni collettive.

Trigant Burrow (1875-1950), fondatore della Società Psicoanalitica Americana, negli anni ’50 coniò il termine di “gruppoanalisi” per sottolineare come attraverso il gruppo l’individuo potesse rientrare nella società, dopo aver scoperto la sua vera e fondativa essenza.

Michael Balint (1896-1970) fu il primo a portare la terapia in gruppo all’interno degli ospedali. Potendo far si che gli operatori sanitari e i medici avessero occasione di parlare della sofferenza, cui quotidianamente erano esposti, scongiurandone il burnout.

Il gruppo e la terapia

Possiamo concludere che il lavoro di psicoterapia di gruppo consenta al singolo di curare la propria patologia in una modalità diversa, rispetto alla psicoterapia classica.

Nel gruppo la persona vive la relazione nel qui e ora, si osserva in azione, è attivamente all’opera e può giungere a consapevolezza delle proprie modalità di relazione. Nella terapia individuale lo stesso può essere vissuto dal paziente, ma solo a livello di transfert.

Anche nella psicoterapia di gruppo abbiamo il transfert, però in questo caso non è solo diretto verso il paziente, ma anche lateralmente verso i suoi membri.

Il compito dello psicoterapeuta è lasciare che ogni persona possa esprimersi, mettendo in scena proprio quelle attitudini comportamentali, condannate o impedite dalla società, e che sono alla base della nevrosi. Lo psicoterapeuta deve altresì saper intercettare e sciogliere la tensione inconscia, emotiva e irrazionale, che potrebbe far regredire il gruppo allo stato di massa.

Attraverso la psicoterapia di gruppo si assiste a fenomeni quali:

  • transfert (trasposizione di sentimenti provati verso persone significative sullo psicoterapeuta e sui compagni del gruppo)
  • catarsi (forte scarica emotiva)
  • sublimazione (evoluzione del proprio modo di relazionarsi, passando da una modalità primitiva, es: arrabbiarsi se qualcuno non la pensa come noi, verso atteggiamenti più maturi, come lasciare libero l’altro di potersi esprimere
  • sviluppo della consapevolezza circa il proprio modo di relazionarsi agli altri

La mia esperienza di psicoterapia di gruppo

Nel ottobre 2019 ho partecipato a uno psicodramma junghiano condotto dal dott. Leonardo Seidita, psicologo e psicoterapeuta.

L’esperienza dello psicodramma è un’esperienza molto intensa, il tema si basa sulla rappresentazione di un sogno, o di una vicenda, che una persona del gruppo chiede di poter rappresentare.

Nello psicodramma tutti sono protagonisti, proprio perché ognuno si trova a vivere un aspetto di sé rimasto in ombra, fuori dalla propria consapevolezza. Sono rappresentazioni dalla forte scarica emotiva (catarsi) dove spesso la vittima di della vicenda incarna il ruolo del suo persecutore.

Pubblicato il
11 Ottobre 2021
Ultima modifica
24 Maggio 2022 - ora: 13:18

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