Dr. Matteo Mannucci
Psicologo, Guida in Pratiche Meditative
Master DCA, Master in Sessuologia, Conoscitore in psicosomatica
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Il transfert nella psicoterapia contemporanea: verità, responsabilità e relazione

Il transfert oggi: una questione di verità emotiva

Il transfert nella relazione analitica è senza dubbio una delle nozioni centrali – se non la nozione centrale – dell’esperienza psicoterapeutica e psicoanalitica.

Parlare di transfert significa interrogarsi sul cuore stesso della relazione tra analista e paziente, sulla dinamica emotiva che si sviluppa nello spazio protetto della stanza d’analisi, ma anche sulle sfide che tale relazione pone.

Durante un seminario tenuto dal dott. Fabrizio Alfani, psichiatra, psicoterapeuta e analista junghiano, questo tema è stato affrontato in maniera approfondita e multidimensionale. Il seminario ha offerto una riflessione colta e appassionata che ha saputo attraversare la teoria classica, l’evoluzione del concetto e la pratica clinica.

Il transfert nelle sue origini: da Freud a Jung

Il concetto nasce con Freud, che lo descrive come un processo endopsichico di spostamento di sentimenti, desideri e fantasie inconsce – spesso infantili – sull’analista. In questo modello iniziale, l’analista è una sorta di schermo neutro, un catalizzatore muto su cui si proiettano i contenuti rimossi del paziente.

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Nel tempo, questa concezione monopersonale si è evoluta. Si è fatto strada il concetto di controtransfert, ovvero la reazione emotiva dell’analista alla relazione con il paziente.

A partire dagli anni ’50, grazie a figure come Paula Heimann e Harold Searles, si è iniziato a riconoscere che l’analista partecipa attivamente alla dinamica relazionale, con la propria soggettività, emozioni e inconscio.

Verso una psicoanalisi bipersonale e relazionale

Il transfert non è solo un fenomeno che nasce nel paziente, ma si sviluppa nella relazione tra paziente e analista, in uno spazio condiviso, un campo analitico.

Come afferma Thomas Ogden, si genera un “terzo soggetto”, una realtà psichica emergente che appartiene a entrambi ma non è completamente riconducibile a nessuno dei due.

Jung anticipa molte di queste visioni, sostenendo che il transfert è “il tentativo del paziente di creare un rapporto psicologico con il terapeuta”, necessario per integrare le parti scisse della personalità. La relazione, dunque, è strumento di individuazione.

Il transfert è il cuore vivo della relazione analitica, un laboratorio dell’inconscio dove l’analista è al contempo testimone, catalizzatore e partecipante.

Il transfert vissuto nella relazione analitica

Alfani pone grande enfasi sulla dimensione esperienziale del transfert. Questo si manifesta fin da subito, anche prima dell’inizio della terapia, come dimostra il caso clinico del paziente psicotico Felice. Il pensiero onnipotente “posso fare qualcosa per lui”, emerso ancor prima dell’incontro, anticipava una lunga esperienza di impotenza terapeutica.

Questo scarto tra l’aspettativa e la realtà divenne materia viva della terapia, fino al momento trasformativo in cui l’analista, riconoscendo il fallimento, entra finalmente nella verità della relazione. Una verità difficile, spiazzante, ma profondamente autentica. Proprio lì si apre uno spazio di cambiamento.

Il transfert come alchimia relazionale

Nel testo “Psicologia del transfert”, Jung interpreta le immagini del Rosarium Philosophorum, antico testo alchemico, come rappresentazioni simboliche del processo terapeutico: coniunctio, dissoluzione, morte e rinascita.

Il transfert diventa così energia psichica trasformativa, che guida il paziente (e l’analista) attraverso esperienze emotive estreme verso l’integrazione.

L’eros che permea il transfert non è da intendersi in senso riduttivamente sessuale, ma come spinta archetipica verso l’unione degli opposti, verso una totalità possibile.

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L’ambiguità feconda del transfert: vero e falso insieme

Una delle intuizioni più potenti del seminario è che il transfert è al tempo stesso vero e falso. Vero, perché genera emozioni autentiche, un profondo coinvolgimento, il bisogno reale di essere accolti e compresi. Falso, perché accade dentro un setting artificiale, delimitato dal contratto professionale e dal denaro.

Prepararsi a essere spiazzati – è questo, secondo Alfani, il miglior modo per affrontare il transfert.

Il transfert è quindi una verità emotiva in un contenitore simbolico: come una palestra dell’anima, dove si vivono emozioni che altrove non troverebbero espressione.

L’amore di transfert: contenitore e trasformazione

Come ricorda Nina Coltart, il vero amore terapeutico non si misura nell’intensità del sentimento ma nella capacità di contenere l’odio, la noia, la delusione. L’amore di transfert è il grande spazio simbolico dove si può essere visti, odiati, dimenticati e ritrovati.

Il transfert è il cuore vivo della relazione analitica perché può contenere tutto ciò che altrimenti sarebbe espulso.

Glossario essenziale del transfert

  • Transfert: proiezione inconscia di sentimenti passati su una figura attuale (analista).
  • Controtransfert: reazioni emotive dell’analista ai sentimenti del paziente.
  • Co-transfert: visione relazionale e intersoggettiva del fenomeno transferale.
  • Campo analitico: spazio psicologico condiviso e generativo tra analista e paziente.
  • Coniunctio: unione simbolica di opposti, processo di integrazione psichica.

Un’etica della presenza nella relazione terapeutica

Il seminario di Fabrizio Alfani ci invita a considerare il transfert non come tecnica, ma come spazio etico, emotivo, simbolico. Un fenomeno che non si risolve, ma si abita. Che non si interpreta soltanto, ma si attraversa, con tutta la propria soggettività.

Nel transfert, l’analista non è uno specchio neutro, ma un essere umano chiamato a una forma radicale di presenza e responsabilità. Prepararsi a essere spiazzati, come ci ricorda Alfani, è forse l’unico modo autentico per abitare davvero la relazione analitica.

Pubblicato il
19 Giugno 2025

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