In questo articolo
Il nostro pregiudizio sul vuoto: quando “vuoto” vuol dire pericolo
Se ci chiediamo di trovare un’espressione in italiano in cui la parola “vuoto” abbia un significato positivo, probabilmente facciamo fatica:
- discorso vuoto
- persona vuota
- animo vuoto
- tasche vuote
- cadere nel vuoto
Il vuoto, nel nostro linguaggio quotidiano, è quasi sempre associato a qualcosa di minaccioso, di mancante, di insidioso. È il luogo dove si cade, dove si perde appoggio, dove “non c’è niente” – e quel niente fa paura.
Non si tratta solo di un dettaglio linguistico, ma è il riflesso di un intero immaginario culturale; dal “vuoto” ci difendiamo.
Il vuoto sembra annichilire, ridurre all’inesistenza, cancellare.
Se però vogliamo capire che cosa significa davvero vuoto per la scienza contemporanea – e il vero significato del vuoto nella fisica moderna – dobbiamo prima smontare questo pregiudizio. Altrimenti è come guardare il cielo con un paio di occhiali opachi: vediamo solo ombre, non le forme.
Oriente e Occidente: due modi di pensare il vuoto
In molte tradizioni orientali il vuoto non è rivestito di connotazioni negative:
- Nel buddhismo, la śūnyatā (vacuità) non significa “non esistenza”, ma assenza di essenza fissa; è condizione di una realtà interdipendente, in perenne trasformazione.
- Nel taoismo, il vuoto è ciò che rende utile la forma: il vuoto della brocca permette di contenere l’acqua
Dal Tao Te Ching:
È il vuoto al centro della ruota che permette alla ruota di girare
Il vuoto non sarebbe propriamente ciò annienta, ma ciò che permette. Non è il buco nero dell’angoscia, ma il respiro dello spazio.
L’Occidente, al contrario, ha edificato la propria identità culturale su un’attenzione quasi ossessiva all’ente, all’io, alla cosa, alla sostanza: tutto ciò che non è “cosa” diventa sospetto, minaccioso.
Democrito e l’apparizione del vuoto: atomi che danzano nel nulla
Con Democrito e gli atomisti (V e IV secolo a.C.) entra in scena un’idea che anticipa in modo sorprendente la fisica moderna:
tutto è composto da atomi che si muovono in un vuoto immenso
La cosa affascinante è che Democrito arriva a questa conclusione usando la stessa logica ferrea degli Eleati (scuola filosofica presocratica, colonia greca in Campania):
- Se prendo un sasso e lo spezzetto in parti sempre più piccole, posso continuare all’infinito?
- No, perché arriverei a trasformare un ente in non-ente, un essere in non-essere.
- Quindi devo fermarmi a un punto: l’atomos, l’indivisibile.
Ma se tutta la materia è fatta di atomi, questi atomi devono pur muoversi da qualche parte. Hanno bisogno di un contenitore: e quel contenitore è il vuoto.
È straordinario che proprio uno dei possibili “padri fondatori” della scienza moderna, Democrito, abbia bisogno del vuoto per far funzionare la sua teoria.
L’universo diventa allora una sorta di danza di atomi nel vuoto, una coreografia materiale immersa in un “fondale” apparentemente nullo ma indispensabile.
Però questa finestra sul vuoto, nel corso dei secoli, verrà quasi richiusa: prevarrà l’impianto aristotelico, continuità dei corpi, etere, rifiuto del nulla. Per circa un millennio il vuoto resterà un’idea sospetta, quasi bandita.
Carlo Sini, l'uomo e le macchine

https://youtu.be/C9flkpSxppk L’umano senza la tecnica non c’è mai stato! È uno dei titoli che il filosofo Carlo Sini lancia in questo bel contributo video reperibile su youtube che affronta la
Galilei e Torricelli: immaginare il vuoto per capire la caduta dei gravi
Bisogna aspettare il Seicento perché il vuoto torni in primo piano, e non a caso proprio nel momento in cui nasce la scienza moderna.
Galileo Galilei vuole capire come cadono i corpi. Fa esperimenti in aria, in acqua, in olio: capisce che il mezzo in cui un corpo cade introduce attrito, resistenza, rallentamento.
A questo punto compie un balzo tanto semplice quanto rivoluzionario:
E se togliessi del tutto il mezzo?
Immagina un luogo senza aria, senza attrito: un vuoto ideale in cui lasciare cadere una piuma e una palla di cannone. E scopre – concettualmente – che cadrebbero insieme.
Questo esperimento mentale presuppone il vuoto come strumento concettuale. Galilei sa benissimo che, all’epoca, un vuoto “assoluto” non si può produrre in laboratorio, e che Aristotele lo considera impossibile in natura. Ma proprio quell’ipotesi “scandalosa” lo aiuta a formulare la legge di caduta dei gravi.
Il rapporto tra il finito e l'infinito: tra filosofia e scienza

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Subito dopo, il vuoto diventa anche oggetto fisico:
- Il suo allievo Evangelista Torricelli, cercando di capire perché le pompe di Firenze non riuscivano a far salire l’acqua oltre una certa altezza, realizza il famoso esperimento del tubo di mercurio rovesciato in una bacinella.
- Sopra la colonna di mercurio resta uno spazio, circa 760 mm, che non contiene né aria né mercurio: lì nasce il primo vuoto torricelliano.
Quando gli chiedono: “Ma lì dentro che cosa c’è?”, Torricelli, risponde: “Non lo so.” (Capisce di trovarsi davanti a qualcosa che contraddice secoli di filosofia).
Da quel momento in poi, però, il vuoto è riproducibile, studiabile, misurabile. Diventerà uno strumento di laboratorio quasi comune.
Newton: svuotare l’universo per far funzionare la gravità
Un altro grande scossone arriva con Isaac Newton. Newton formula la legge di gravitazione universale, che spiega con un’unica equazione le orbite dei pianeti, la caduta dei gravi, il moto della Luna. Le orbite ellittiche studiate da Keplero trovano finalmente una giustificazione.
Ma perché la teoria funzioni, Newton deve fare qualcosa di radicale:
- deve eliminare l’etere aristotelico
- svuotare lo spazio interplanetario di ogni fluido materiale che provocherebbe attrito
- lasciare i pianeti a muoversi in un grande vuoto meccanico
L’universo diventa un’enorme arena quasi vuota, in cui i corpi si attraggono a distanza.
C’è però un problema:
- la luce si comporta, in molte situazioni, come un’onda
- Ma un’onda ha bisogno di qualcosa che oscilla: l’aria per il suono, l’acqua per le onde del mare
- Come fa la luce a viaggiare nel vuoto? Che cosa oscilla?
Per risolvere questo paradosso, si introduce un nuovo protagonista: l’etere luminifero, un mezzo impalpabile che riempie l’universo e trasmette le onde elettromagnetiche.
La luce e la nascita della meccanica quantistica

Newton: la luce come particella Isaac Newton, durante l’isolamento causato dalla peste del 1665, condusse esperimenti con un prisma che lo portarono a sostenere che la luce fosse composta da
Di nuovo: riempiamo il vuoto che avevamo appena costruito. È come un’altalena concettuale: vuoto, pieno, di nuovo vuoto.
Einstein: svuotare, riempire e piegare lo spazio-tempo
A fine Ottocento gli esperimenti per rivelare l’etere (come quello di Michelson e Morley) fanno emergere un dato scomodo: la velocità della luce sembra costante in tutte le direzioni, indipendentemente dal moto della Terra.
È qui che entra in scena Albert Einstein.
Con la relatività speciale (1905) Einstein mostra che non abbiamo bisogno dell’etere per spiegare la propagazione della luce: le onde elettromagnetiche si muovono nel vuoto a velocità costante, e questa costanza è una legge fondamentale dell’universo.
Lo spazio e il tempo si fondono in un’unica entità: lo spazio-tempo.
Dieci anni dopo, con la relatività generale (1915–1916), compie un passo ancora più radicale:
- la gravità non è più una forza che “agisce a distanza”, come in Newton,
- è l’effetto della curvatura dello spazio-tempo provocata dalla presenza di massa-energia.
L’immagine più usata per spiegare questo concetto è quella del telo elastico:
- Metti una sfera pesante (il Sole) su un telo,
- il telo si incurva
- una biglia (la Terra) che rotola sul telo segue una traiettoria curva: non perché sia “tirata” dal Sole, ma perché si muove nella geometria deformata del telo.
Ora, quando diciamo che “lo spazio-tempo si incurva”, stiamo attribuendo allo spazio-tempo una natura quasi materiale. Non possiamo piegare un concetto astratto, ma possiamo deformare qualcosa che ha proprietà fisiche.
È come se Einstein ci dicesse:
L’universo è fatto di due componenti materiali: la massa-energia (stelle, pianeti, particelle, radiazione), lo spazio-tempo che le contiene e che può deformarsi
Non vediamo quasi mai questa seconda componente: di solito guardiamo solo gli oggetti – come guardare un tavolo e non vedere l’aria che lo circonda. Ma c’è, e ha effetti misurabili.

L’energia negativa del legame gravitazionale
C’è un’altra conseguenza, meno intuitiva, della relatività generale e della fisica classica: la gravità introduce una energia negativa.
Quando due corpi si attraggono – la Terra e un satellite, ad esempio – il sistema possiede un’energia potenziale negativa:
- per liberare il satellite dall’attrazione terrestre, devo fornire energia positiva
- esattamente uguale in valore assoluto all’energia negativa di legame
Questo vale non solo per satelliti artificiali, ma:
- per le stelle tenute insieme nelle galassie
- per gli ammassi di galassie
- per qualunque struttura in cui la gravità giochi un ruolo
Immagina ora di estendere questo ragionamento all’universo intero:
- tutta la materia e la radiazione portano con sé un’enorme quantità di energia positiva;
- ma lo spazio-tempo incurvato da tutte queste masse contiene una gigantesca energia negativa di legame gravitazionale.
Le misure cosmologiche degli ultimi decenni suggeriscono che, nella somma algebrica fra energia positiva (materia, radiazione, materia oscura, energia oscura) e energia negativa gravitazionale, il risultato complessivo sia sorprendentemente vicino a zero.
In altre parole, l’universo potrebbe essere un sistema a energia totale nulla.
L’universo come stato di vuoto
A partire dagli anni ’60, gli astrofisici hanno cominciato a trattare l’universo come se fosse un unico oggetto fisico, con dei “numeri quantici” da determinare:
- ha un momento angolare globale?
- è carico elettricamente nel complesso?
- qual è la sua energia totale?
Le osservazioni indicano:
- momento angolare medio: zero (le rotazioni delle galassie si compensano)
- carica globale: zero (cariche positive e negative si bilanciano)
- energia totale (positiva + negativa): compatibile con zero
Ora, in fisica uno stato di vuoto è definito proprio come lo stato che ha numeri quantici fondamentali pari a zero. Quando due sistemi fisici hanno gli stessi numeri quantici, diventano indistinguibili.
Dire che l’universo ha – entro le nostre incertezze – numeri quantici 0,0,0 equivale a dire qualcosa di scioccante:
L’universo, nella sua totalità, può essere descritto come uno stato di vuoto
Qui il significato del vuoto nella fisica moderna si capovolge completamente rispetto al senso comune: non è “assenza di tutto”, ma uno stato fisico estremamente ricco, con proprietà ben definite, da cui possono emergere strutture complesse.
Il vuoto quantistico: non il nulla, ma un mare di fluttuazioni
Entra ora in scena la meccanica quantistica, il cuore pulsante della fisica contemporanea.
Fisica quantistica e interconnessione

Introduzione: dalla divulgazione alla scoperta di sé In questo articolo esploreremo due aspetti centrali: L’olismo, ovvero l’idea che l’intero sia più della somma delle parti L’interconnessione, resa celebre dal fenomeno
Nel quadro della teoria quantistica dei campi, ogni particella (elettrone, fotone, quark…) corrisponde a un campo quantistico diffuso nello spazio-tempo.
Il vuoto non è allora “spazio vuoto”, ma lo stato fondamentale di tutti questi campi.
Sembra ancora astratto, ma il punto cruciale è questo:
- nello stato di vuoto non ci sono particelle reali
- ma i campi quantistici non possono rimanere “piatti” e immobili
Il principio di indeterminazione di Heisenberg vieta di fissare contemporaneamente con precisione arbitraria energia e tempo: su intervalli temporali molto brevi, l’energia di un sistema può fluttuare.
Risultato:
- anche nel vuoto si generano continuamente minuscole fluttuazioni quantistiche,
- coppie di particelle/antiparticelle che appaiono e scompaiono in tempi brevissimi,
- come una schiuma quantistica che ribolle su scale microscopiche
Se potessimo vedere, con un microscopio impossibile, un volume di “vuoto perfetto”, non vedremmo il nulla ma qualcosa che assomiglia a:
- minuscole bollicine di spazio-tempo che si accendono e si spengono,
- campi che si eccitano per un attimo e poi ritornano allo stato fondamentale
Queste fluttuazioni non sono solo una curiosità teorica: hanno effetti misurabili, come il caso Casimir (due piastre conduttrici che si attraggono nel vuoto) e contribuiscono alle proprietà osservabili delle particelle.
Effetto Casimir
l’Effetto Casimir (dal nome del fisico olandese Hendrik Casimir, che lo predisse nel 1948). Si tratta di una delle dimostrazioni macroscopiche più sorprendenti della meccanica quantistica e della natura “viva” del vuoto.
L’Effetto Casimir è una forza attrattiva molto debole che si manifesta tra due superfici metalliche parallele, piatte e non cariche, poste a una distanza estremamente ravvicinata (pochi nanometri) nel vuoto.
La cosa rivoluzionaria è che questa forza non è generata da cariche elettrostatiche o dalla gravità, ma deriva dalle fluttuazioni quantistiche del vuoto stesso.
La meccanica quantistica, in contrasto, descrive il vuoto come un “mare” ribollente di energia, costantemente attraversato da particelle virtuali (come i fotoni) che si creano e si annientano in continuazione per brevissimi istanti (in accordo con il principio di indeterminazione di Heisenberg).
Queste fluttuazioni generano un campo elettromagnetico di punto zero che ha energia infinita. Insomma, il vuoto quantistico è tutto tranne che vuoto nel senso banale del termine.
Come Funziona l’Effetto
Immagina lo spazio come un ambiente pieno di onde elettromagnetiche (i fotoni virtuali) di tutte le lunghezze d’onda possibili.
- Esterno alle lastre: Fuori dalle due lastre metalliche, tutte le lunghezze d’onda possono esistere liberamente.
- Interno alle lastre: Quando si posizionano due lastre molto vicine, esse agiscono come muri che limitano le onde che possono “stare” nello spazio intermedio. Solo le lunghezze d’onda che si adattano perfettamente allo spazio tra le lastre sono permesse (come in uno strumento musicale a fiato).
- La Differenza di Pressione: C’è quindi un numero minore di onde e fluttuazioni quantistiche tra le lastre rispetto all’esterno, dove tutte le onde sono permesse.
- La Forza: Questa differenza di densità di particelle virtuali crea una “pressione” maggiore all’esterno che spinge le due lastre l’una verso l’altra. Questa è la forza di Casimir.
Bollicine di vuoto e nascita dell’universo: un pasto gratis cosmico
Immagina ora un piccolo volume di spazio-tempo nella schiuma quantistica: una bollicina.
In quella bollicina, per un istante, avvengono due cose:
- si estraggono dal vuoto delle particelle
- lo spazio-tempo dentro la bollicina si incurva a causa della loro massa-energia.
Se l’energia totale della bollicina (materia + energia negativa gravitazionale) non è zero, la fluttuazione deve “rientrare nei ranghi” molto rapidamente: la bollicina nasce e muore.
Ma se, per un gioco finissimo di equilibrio, fin da subito:
- l’energia positiva della materia
- e l’energia negativa dello spazio-tempo incurvato
si bilanciano esattamente a zero, allora quella bollicina non “costa” energia al vuoto. Non c’è debito da restituire.
In linea di principio, una fluttuazione di questo tipo può durare… quanto vuoi. Anche 13,8 miliardi di anni.
In questo quadro concettuale, estremamente semplificato ma compatibile con alcuni modelli di inflazione cosmica e di nascita quantistica dell’universo, il nostro cosmo sarebbe proprio una di queste bollicine:
- un universo che nasce dal vuoto,
- senza dispendio di energia netta,
- un enorme “pasto gratis” cosmico
La cosa impressionante è che questa immagine non è poesia “new age”, ma una possibile lettura, rigorosa e matematica, di ciò che le nostre migliori teorie suggeriscono.
Lo spazio-tempo che vibra: onde gravitazionali e vuoto che si increspa
Finora abbiamo parlato di uno spazio-tempo che si curva. Ma Einstein aveva previsto anche un’altra cosa: lo spazio-tempo può vibrare.
Le sue equazioni ammettono soluzioni “ondulatorie”: le onde gravitazionali, cioè increspature dello spazio-tempo che si propagano alla velocità della luce quando masse enormi subiscono accelerazioni violentissime (come due buchi neri che spiraleggiano uno verso l’altro).
Einstein stesso dubitava che le avremmo mai rilevate: lo spazio-tempo è estremamente rigido, serve un pugno cosmico per farlo oscillare in modo misurabile.
Quel pugno è arrivato:
- il 14 settembre 2015, gli interferometri di LIGO hanno registrato per la prima volta un segnale compatibile con la fusione di due buchi neri di circa 36 e 29 masse solari, a 1,3–1,4 miliardi di anni luce da noi.
- Il segnale, battezzato GW150914, è durato una frazione di secondo e ha modificato la lunghezza dei bracci degli interferometri di una quantità pari a circa un millesimo del diametro di un protone.
Qui il vuoto non è una scena immobile: è il mezzo stesso che si increspa, un tessuto elastico che porta informazione da un capo all’altro del cosmo.
Vuoto, morte e fragilità: un’intermezzo esistenziale
Potremmo ora chiederci: “Dentro questo sistema, la morte dove va a finire?”
La risposta, tradotta in termini molto semplici, è:
- la morte è un processo ordinario
- il passaggio da forme complesse e instabili a stati più semplici e duraturi,
- non riguarda solo gli esseri viventi, ma qualunque struttura materiale
Lucrezio l’aveva detto già in epoca romana: gli atomi si aggregano e si disgregano in forme sempre nuove, non c’è ingiustizia nel dissolversi delle forme individuali se il gioco complessivo continua
La fisica moderna porta questa intuizione a un livello ancora più radicale:
- anche le stelle muoiono
- anche le galassie si trasformano
- persino il nostro universo, secondo alcuni calcoli, potrebbe essere metastabile, cioè soggetto – in un tempo immensamente lungo – a una possibile “catastrofe del vuoto” legata al campo di Higgs
Questo scenario, noto come instabilità del vuoto elettrodebole, suggerisce che il meccanismo che dà massa alle particelle potrebbe non essere in uno stato definitivamente stabile. Non è qualcosa che debba inquietarci sul piano pratico (le scale temporali coinvolte sono enormi), ma introduce l’idea di una fragilità intrinseca del nostro universo.
A livello psicologico e psicoanalitico, il tema del vuoto si intreccia con quello della morte, della perdita, della dissoluzione:
- per Freud, esiste una pulsione di morte che tende a riportare l’organismo a uno stato inorganico, quasi a un “grado zero” di eccitazione
- per Lacan, il desiderio nasce da una mancanza, da un vuoto strutturale: il soggetto non è mai pienamente identico a se stesso, e questa mancanza è al tempo stesso ferita e motore;
- per Winnicott, è nello spazio potenziale – un vuoto protetto fra madre e bambino – che nascono il gioco, la creatività, la capacità di simbolizzare.
In queste prospettive, il vuoto non è solo abisso angosciante, ma talvolta matrice di possibilità:
- se è troppo vuoto, non contenuto, diventa spaventoso;
- se è sostenuto da una cornice (relazionale, simbolica, culturale), diventa spazio di gioco, di pensiero, di trasformazione.
È interessante notare come la fisica, la filosofia e la psicoanalisi, pur usando linguaggi diversi, si incrocino su un punto: non è sano né pensare il vuoto come pura minaccia, né negare che esista.
Il problema non è il vuoto in sé, ma il modo in cui ci rapportiamo ad esso.
Antropologia del pieno: quando il vuoto ci spaventa nella vita quotidiana
Non dobbiamo andare nel cosmo per vedere quanto ci faccia paura il vuoto: basta guardare una giornata tipo.
- Appena abbiamo un minuto libero, tiriamo fuori lo smartphone
- Le agende sono piene fino all’orlo: “non avere niente da fare” è vissuto come fallimento o perdita di tempo
- Le case si riempiono di oggetti, souvenir, libri mai letti, vestiti mai messi
- Il silenzio nelle conversazioni è vissuto come imbarazzante: qualcuno deve sempre “riempire”
È come se la nostra cultura contemporanea fosse costruita contro il vuoto:
- contro il vuoto di tempo (la noia)
- contro il vuoto di spazio (minimalismo spesso vissuto come privazione)
- contro il vuoto interiore (momenti di sospensione, meditazione, ascolto)
In molte società tradizionali, il vuoto rituale ha invece una funzione precisa:
- il silenzio prima di un rito
- il deserto come luogo di prova e trasformazione
- il digiuno come vuoto del corpo che apre uno spazio simbolico
Riscoprire il significato del vuoto nella fisica moderna – come stato ricco, dinamico, fertile – può aiutarci anche a ripensare il nostro rapporto esistenziale con il vuoto: non solo come mancanza, ma come condizione di possibilità di nuove forme, nuove storie, nuovi sguardi.
Domande aperte: che cos’altro nasconde il vuoto?
Per quanto ne sappiamo oggi, siamo solo all’inizio dell’esplorazione del vuoto.
Alcune domande aperte:
- Lo spazio-tempo è davvero continuo, o a scale estremamente piccole è granulare, “quantizzato”?
- Cosa succede dietro l’orizzonte degli eventi dei buchi neri, in quelle regioni di spazio-tempo da cui nemmeno la luce può uscire?
- Che tipo di informazioni trasportano le onde gravitazionali sulle condizioni estreme del vuoto vicino ai buchi neri o alle stelle di neutroni?
- In che modo la materia oscura e l’energia oscura (che rappresentano la maggior parte del contenuto energetico dell’universo) si collegano alle proprietà profonde del vuoto quantistico?
Teorie come la gravità quantistica a loop, le stringhe, o altri approcci ibridi cercano di conciliare relatività generale e meccanica quantistica, cioè:
- la descrizione geometrica del vuoto come spazio-tempo curvo,
- e la descrizione quantistica del vuoto come stato fondamentale dei campi
Non abbiamo ancora una risposta definitiva, ma è chiaro che la prossima grande svolta teorica passerà quasi certamente da una comprensione più profonda del vuoto.
Quando – che sia una ragazza in una scuola media di Shanghai, un ragazzo in un liceo di Bergamo o una ricercatrice in un laboratorio indiano – qualcuno riuscirà a scrivere le equazioni che descrivono la struttura più intima dello spazio-tempo, non solo avremo fatto un salto di comprensione, ma nasceranno tecnologie che probabilmente faranno impallidire tutto quello che oggi consideriamo “avanzato”.
In quell’orizzonte, il significato del vuoto nella fisica moderna sarà ancora una volta riscritto, ampliato, raffinato.
Conclusione: il vuoto che si veste a festa
Siamo partiti da un pregiudizio:
- vuoto come minaccia
- vuoto come mancanza
- vuoto come nulla che inghiotte
Abbiamo attraversato:
- l’intuizione atomistica di Democrito
- gli esperimenti concettuali di Galilei e quelli fisici di Torricelli
- la rivoluzione di Newton e poi di Einstein
- la nascita del concetto di spazio-tempo come entità materiale
- la scoperta delle fluttuazioni quantistiche del vuoto
- l’idea che l’universo stesso sia uno stato di vuoto a energia totale nulla
- le vibrazioni dello spazio-tempo nelle onde gravitazionali
- le risonanze antropologiche e psicoanalitiche del nostro rapporto con il “vuoto”
Alla fine, il quadro che emerge è quasi paradossale:
L’intero universo – galassie, stelle, pianeti, noi, le nostre paure e i nostri entusiasmi –
potrebbe essere nient’altro che un vuoto che si è vestito a festa
Per 2500 anni abbiamo pensato che per creare “qualcosa” dal nulla fosse necessario un gesto titanico, una forza enorme, un atto creativo fuori portata. Le teorie più recenti ci suggeriscono, invece, un’immagine inaspettata:
- il vuoto è uno stato fisico pieno di potenzialità
- non ha bisogno di energia per “metamorfosarsi” in universo
- ciò che chiamiamo “pienezza” è, forse, una particolare configurazione del vuoto stesso
Non si tratta di trasformare tutto questo in una nuova religione del vuoto, ma di lasciarsi toccare da una possibilità:
- che ciò che ci spaventa (l’assenza, il silenzio, la sospensione) possa essere anche matrice di bellezza
- che ciò che abbiamo chiamato per secoli “nulla” sia, in realtà, il più discreto e potente dei “qualcosa”
E forse, quando guarderemo il cielo notturno – sapendo che tra quelle stelle, tra quelle nebulose, tra i filamenti galattici c’è soprattutto vuoto – potremo sentirci un po’ meno minacciati e un po’ più complici di questa elegante meraviglia del vuoto.
Questo articolo è stato tratto dal seguento video

Psicologo clinico, Guida in pratiche Meditative, Facilitatore in Mindfulness (ric. IPHM), Master DCA (Disturbi del Comportamento Alimentare), Master in Sessuologia Clinica, Master in Linguaggi della Psiche, Conoscitore in psicosomatica
