In questo articolo
Il mistero del Dio Ignoto nell’esperienza di Nietzsche e Jung
Appunti estratti dal contributo video pubblicato sul canale youtube del CIPA
L’Ignoto come centro della riflessione filosofica e spirituale
Nietzsche scrive: “Voglio conoscerti, Ignoto, tu che arrivi a toccare le profondità della mia anima, tu che passi attraverso la mia vita come una raffica di vento, raffica selvaggia inconcepibile, eppure in relazione con me. Voglio conoscerti, persino servirti.”
Questa frase, così carica di tensione spirituale, richiama il famoso episodio di San Paolo ad Atene, quando si riferì al “Dio Ignoto”. Che Dio sarebbe, infatti, se non fosse ignoto?
L’Ignoto e il mistero di Dio, nelle tradizioni Vediche
Nelle più antiche Upaniṣad Vediche (VIII sec. a.C.), troviamo un’affermazione potente:
“Tutto l’universo un tempo era indifferenziato. Fu poi reso distinto secondo il nome e la forma con le parole (…). Soltanto parziale è la sua apparizione: quando respira si chiama respiro, quando parla, voce (…). Ma queste sono soltanto denominazioni per le sue attività. Colui che lo venera in una singola apparizione non lo conosce veramente.”
Dio, dunque, sarebbe ancora Dio se non fosse Ignoto? Un concetto parallelo all’inconscio di Jung, che rimane per definizione non conoscibile direttamente.
Le acrobazie della teologia e il Dio ridimensionato
Il teologo protestante Karl Barth disse: “Quanto sarebbe grande Dio se soltanto gli uomini lasciassero che Dio fosse Dio.”
Per secoli, la teologia ha compiuto acrobazie intellettuali per definire Dio, ma spesso ha ridotto l’esperienza della trascendenza a semplici categorie della coscienza. Le dimostrazioni ontologiche di Sant’Anselmo e San Tommaso ne sono esempi.
Il risultato è che si afferma logicamente l’esistenza di Dio, ma a livello esperienziale non si dice nulla.
La funzione infera della psiche
https://youtu.be/Es4d0uAlSrA?t=2914 Qualche giorno fa su Youtube il canale Centro Culturale Junghiano Temenos (temenosjunghiano.com) ha pubblicato questo interessante video dove l’analista junghiano Robert M. Mercurio affronta e indaga il tema del
La trascendenza secondo Jung
Jung insiste sulla necessità di salvare l’esperienza della trascendenza dal predominio del pensiero razionale. La spiritualità per Jung è la “seria e rispettosa considerazione degli aspetti misteriosi dell’esistenza”, richiedendo un’apertura della coscienza e una sospensione temporanea delle sue categorie.
Il mistero come partner in dialogo
Nietzsche e Jung concordano sull’importanza di relazionarsi al mistero:
“Inconcepibile Ignoto, eppure in relazione con me.”
Per Jung, la trascendenza non è un semplice oggetto di indagine, ma un dialogo vivo con qualcosa di più grande. Questo mistero può provocare precarietà, paura e conforto, e ci cambia profondamente.
L’esperienza religiosa come trasformazione
La religiosità, per Jung, non può essere ridotta a formule dogmatiche, ma deve tornare al centro come esperienza viva e immediata. L’anima, dice Jung nel Libro Rosso, si trova ovunque non ci sia conoscenza accademica.
Il simbolo come sacramento
Il simbolo, per Jung, è il vero “sacramento” che unisce cielo e terra, portando il divino sulla terra. Il contatto con il numinoso rappresenta la vera cura per le sofferenze psicologiche e permette alla coscienza di aprirsi alla trascendenza.
Conclusione: verso una spiritualità viva
Il dialogo con il mistero, secondo Jung, è il cuore della religiosità e della spiritualità. Ciò richiede uno spazio interiore libero da rigidi condizionamenti, capace di risuonare con il mistero e accogliere la trasformazione che ne deriva. La spiritualità è la capacità di partecipare a questo dialogo con onestà e apertura, lasciandosi cambiare e trasformare.
Dottore in Psicologia, Facilitatore in Mindfulness (ric. IPHM), Master DCA (Disturbi del Comportamento Alimentare), Master in Sessuologia Clinica, Master in Linguaggi della Psiche, Conoscitore in psicosomatica, Poeta, Studioso di filosofia e psicologia del profondo