Il rapporto tra mente e corpo
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Il rapporto tra mente e corpo

Il giorno 13 di marzo 2021 ho avuto occasione di partecipare a un webinar, organizzato dall’associazione e centro di meditazione KUSHI LING, condotto da Vincenzo Tallarico, maestro di meditazione e psicologo analista.

Gli argomenti toccati  durante il webinar sono stati molti, riporto in questo articolo alcuni spunti per una riflessione e meditazione sul concetto del rapporto tra mente e corpo.

Il rapporto mente e corpo

Affinché sorga un qualsiasi fenomeno ci devono essere cause e condizioni, le condizioni sono esterne alla psiche, mentre le cause sono psichiche. La natura dell’essere umano è la cultura, non è la natura, questo non significa che l’uomo non abbia relazione con la natura, Il corpo è l’esperienza più vicina che possiamo fare della natura.

Vincenzo Tallarico: «Quando parliamo di corpo capita di sentire frasi come: “io sono dentro il corpo”, “la saggezza del corpo”, “il corpo segue i ritmi della natura”, “sto somatizzando”, “la via del cuore”, etc… il corpo è carne e ossa, non è un essere senziente, come fa avere una saggezza il corpo? Non è vero che quella cosa che io chiamo “me” sta qua dentro.   È sbagliato pensare che c’è qualcuno nel corpo che sente il corpo.»

Metodologia di indagine del rapporto mente e corpo

L’epistemologia Buddhista definisce ciò che noi chiamiamo mente o psiche come “ciò che sente”, così il fenomeno è ciò che appare a una mente valida che differenzia il vero dal falso e ha una percezione diretta del fenomeno stesso.
Avere una percezione diretta significa non passare da un’immagine mentale.

Per indagare il rapporto tra mente e corpo Tallarico suggerisce di adottare uno schema di indagine costituito da tre step:

  • nominazione del fenomeno
  • definizione
  • riflessione

All’inizio abbiamo il fenomeno e la sua nominazione, nominare i fenomeni è alla base della comprensione nella cognizione della mente umana.

La mente umana non può comprendere un fenomeno se non lo nomina. Tuttavia nel momento in cui chiamiamo un oggetto ne sacrifichiamo la fusionalità con esso, attraverso la parola smettiamo di essere natura, se mai lo siamo stati, e cominciamo ad essere cultura.

Tallarico «Oggi le nostre parole stanno scomparendo, il nostro linguaggio si popola di parole anglofone, il vocabolario si riduce. Gli antropologi sostengono che se non c’è una parola per dire una cosa, quella cosa non esiste più. Nel Buddhismo abbiamo una meditazione analitica e una concentrativa, quella analitica ha come scopo il “pensare corretto”, un pensiero consequenziale, logico, le cui basi sono spiegate nell’Ottuplice sentiero. Due ali dello stesso uccello, noi abbiamo bisogno di un corretto pensiero e di una corretta concentrazione o meditazione.»

Usiamo la modalità di investigazione sopra indicata per parlare del rapporto mente e corpo

Il corpo

Il corpo occupa uno spazio, lo spazio viene occupato dal mio corpo, il corpo è comporto da atomi e molecole.

La mente

La mente non è composta da atomi e molecole, dunque non occupa uno spazio.

Se la mente non occupa uno spazio non è dentro a un corpo, le mente definita come “ciò che sente”, per prima cosa sente il corpo.

La mente è in stretta interdipendenza con il corpo, il fatto di avere esperienza del corpo non vuole dire che siamo il corpo. Quel qualcosa che fa esperienza è chiamato soggetto, tutto ciò di cui il soggetto fa esperienza è oggetto, il primo oggetto che il soggetto umano incontra nella sua relazione con il mondo è il corpo.

Se la mente non è dentro al corpo, non occupa uno spazio, qual’è la relazione tra il soggetto dell’esperienza e il corpo?

La relazione del rapporto mente e corpo è la prima relazione di interdipendenza, il soggetto io/me per prima cosa entra in relazione con il corpo e decodifica il mondo attraverso le sensazioni del corpo.

Dire che la mente è dentro il corpo è un errore che parte da un principio materialistico che vede la mente come qualcosa di molecolare, che deve occupare uno spazio e questo spazio è il corpo.

Vincenzo Tallarico

Riepilogando:

nominazione > corpo

definizione  > ciò che occupa uno spazio

riflessione > se la mente non è il corpo, non occupando uno spazio, se la mente è in relazione con il corpo e mediante il corpo fa utilizzo dei sensi per decodificare il mondo, quando il corpo cessa di funzionare questo non implica la stessa cosa per la mente.

Come definiamo la mente?

Il “soggetto dell’esperienza”, “ciò che sente”, “ciò che ha un’esperienza”, questo è imperituro.

Attenzione a non identificare la mente con il nostro io/me, la mente è la psiche, l’io/me è un complesso della psiche. Ciò che cessa con la morte del corpo, sicuramente è il complesso dell’io, mentre ciò che nella visione Buddhista rimane oltre la morte del corpo è la mente di chiara luce, o mente sottile, chiamata dai tibetani Rigpa, la mente aperta all’interdipendenza, mente connessa inconscia e collettiva.

La parola separa e immette a nuova esperienza

Dunque abbiamo visto come la parola etichetta l’oggetto, ne attribuisce una funzione, ma questo immette a una nuova esperienza, che non è l’esperienza della fusionalità con l’oggetto prima della sua nominazione.
La nominazione ha come scopo il superamento della nominazione stessa, verso un’altra posizione definita come “percezione diretta dell’oggetto”.

La psicologia dinamica si muove verso la decodifica delle dinamiche psichiche. La dinamica psichica è animata da un iter costituito in primis da un’immagine mentale, poi sulla base dell’immagine mentale si genera una sensazione, sulla base della sensazione sorge un’emozione, dall’emozione sorge la nominazione, quindi il fenomeno diviene piacevole, spiacevole o neutro.

Lettura consigliata

La nominazione ci orienta nel mondo, dietro ad ogni nominazione c’è una storia che ad esempio nelle patologie mentali diventa “la storia”. In particolare nelle dipendenze, l’oggetto diventa un qualcosa che ha a che fare con la sua nominazione e di conseguenza con la sua storia.

Il corpo, uno dei primi oggetti con cui facciamo relazione

In un percorso introspettivo analitico o meditativo, possiamo andare a decodificare la storia che sta dietro all’esperienza di ognuno di noi, spingendoci fino a individuare la modalità della relazione con l’oggetto.
Relazione che può turbare o catturare, relazione ossessiva o dipendente, vedi le tossicomanie, le dipendenze alimentari, etc… In certe patologie la storia viene considerata definitiva, l’oggetto viene definitivamente nominato in un certo e preciso modo, anche se l’oggetto in sé non possiede le qualità imputate.

Il modello associativo, per associazioni, è il processo con cui la relazione inconscia con l’oggetto si va a formare.

Per Tallarico l’inconscio sarebbe più corretto venisse chiamato come “ciò di cui non siamo consapevoli”, per non dare l’impressione che ci sia qualcosa da scoprire che si nasconde, piuttosto qualcosa di cui non siamo consapevoli.
La differenza è sottile, personalmente condivido questo pensiero solo in parte. Forse inconscio è una parola che nasconde una certa asprezza, solennità, forse è proprio questa asprezza che connota un limite a qualcosa di cui non potremo mai essere totalmente consapevoli. Inconscio come qualcosa di cui non siamo consapevoli, del quale possiamo esserne più consapevoli, ma solo in parte.

L’inconscio personale è sicuramente più praticabile, perché ci riguarda da vicino, l’inconscio collettivo è sicuramente più arduo da illuminare.

Lettura consigliata

La funzione infera della psiche

jung snake salome

https://youtu.be/Es4d0uAlSrA?t=2914 Qualche giorno fa su Youtube il canale Centro Culturale Junghiano Temenos (temenosjunghiano.com) ha pubblicato questo interessante video dove l’analista junghiano Robert M. Mercurio affronta e indaga il tema del

I modelli inconsci che instaurano la relazione con l’oggetto sorgono per associazioni, non sono scelti consapevolmente, ma prendono atto delle associazioni che si susseguono nel continuo mentale.

Così il mito è sempre presente come narrazione immaginale individuale e collettiva.

Rigpa
non c’è nulla che può sorgere dal nulla
e non c’è qualcosa che può diventare nulla.

 

Ajna Simbolo 2

© ilgiornaledelloyoga.it

Grazie a Vincenzo Tallarico per questa preziosa riflessione sul rapporto tra mente e corpo.

Il “corpo esploso”

Condivido un bellissimo contributo sul “corpo esploso” a cura dell’associazione di filosofia Mechrì.

L’intreccio muove da due recenti pubblicazioni dedicate ad Antonin Artaud: la nuova edizione integrata dei suoi “Messaggi rivoluzionari”, a cura e con due saggi di Marcello Gallucci (Jaca Book, 2021) e il libro di Florinda Cambria “Antonin Artaud: il corpo esploso” (Jaca Book, 2021). Cambria e Gallucci ne parlano con Tommaso Di Dio, sul filo di temi emersi a Mechrí nel Seminario delle arti dinamiche del 2019-2020 intitolato “Corpi musici, la conoscenza che danza” (audio e materiali reperibili nell’Archivio on line del sito www.mechri.it).

Pubblicato il
19 Marzo 2021
Ultima modifica
14 Dicembre 2023 - ora: 13:24

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