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Disturbi del comportamento alimentare: la funzione simbolica come via per la cura

Giocare è una delle attività che appartengono al genere umano a qualsiasi età, è una forma di comunicazione, è uno stare nella relazione, con noi stessi oppure in due, in tre, e così via.

Si può scoprire di più su una persona in un’ora di gioco, che in un anno di conversazione.

Platone

Attraverso il gioco esprimiamo la nostra interiorità, la nostra psiche, con il giocare possiamo entrare in contatto con parti di noi che non conoscevamo e apprendere in modo soft, in un ambiente che possiamo percepire come una simulazione, un fax-simile della realtà, sentiamo di non correre rischi, il gioco è una situazione tranquilla per l’io sempre attento al giudizio sociale, siamo più propensi a lasciarci andare, quindi a giocare.

La Sand Play Therapy

Foto Sabbiera 6

Foto sabbiera per Sand Play Therapy – © Mario Mengheri – mariomengheri.it

La psicoterapia junghiana annovera tra le possibilità di intervento: interpretazione dei sogni, psicodramma, immaginazione attiva, anche il gioco. Nello specifico si avvale della Sand Play Therapy, o Gioco della Sabbia, o Sand Play Analysis come ho sentito chiamarla durante la seconda lezione relativa Master DCA che sto frequentando a Livorno promosso dall’AIRP.

Il Gioco della Sabbia (Sand Play Therapy) è stato ideato da Dora Maria Kalff, allieva di C. G. Jung, come metodologia di intervento pensata per bambini e poi estesa anche agli adulti.

In Italia l’ente riconosciuto per la formazione al Gioco delle Sabbia è l’AISPT (espressione italiana della International Society for Sandplay Therapy – ISST).

Il Gioco della Sabbia si svolge in una stanza molto particolare caratterizzata da una sabbiera di dimensioni precise standard (cm. 57x72x7) e da alcune scaffalature con su presenti diversi oggetti che la persona può utilizzare per comporre una propria rappresentazione.

Durante un percorso di Sand Play Therapy il soggetto è invitato, a distanza di tempo, a produrre altre rappresentazioni (sabbie) che dovrebbero guidarlo verso la cura, attivando la funzione simbolica che consente di comprendere la natura intima di ogni rappresentazione e quindi anche di sé.

La teoria della Sand Play Therapy  sostiene che, come il “primo sogno”, anche la “prima sabbia” sia prognostica, ovvero mostri il contenuto, il leitmotiv, il motivo profondo, che ha spinto il soggetto all’analisi e dunque, per complementarietà, ne indica la cura.

La Sand Play Therapy è particolarmente efficace a smuovere immagini lontane dalla nostra coscienza portandole in superficie. La sabbia è un corpo: liquida e solida. Liquida assume la forma del recipiente in cui si trova, solida perché fatta di granelli. La sabbia è il corpo che non vogliamo e non è detto sia un corpo solo.

Mario Mengheri

Dal pensiero concreto a quello simbolico

Una della caratteristiche dei pazienti DCA è la difficoltà di accesso al pensiero simbolico:

Mentre il corpo, soprattutto in anoressia, tende a diventare sottile, etereo, “astratto”, il pensiero rimane assolutamente “concreto.”

Mancando di riflessività e simbolizzazione il soggetto esiste nella malattia senza vedersi come malato.

Lettura consigliata

Il gioco della sabbia può rappresentare un valido modo per accedere ai contenuti inconsci della psiche e farli divenire coscienti. Questo perché la psiche è costituita da immagini in movimento, tuttavia le immagini non sono il dato di partenza, il dato di partenza sta nella possibilità delle proto-immagini, che orbitano nelle mente e nel corpo, a divenire immagini.

I segni che i primi uomini lasciarono nelle caverne erano delle proto-immagini dei graffiti che solo in un secondo momento, per decodifica dei segni, giunsero alla coscienza dell’individuo in modo tale da poter scegliere se disegnare un animale o un albero, un mammut oppure una tigre, etc… Senza quei segni, quelle proto-immagini, i graffiti non sarebbero mai apparsi.

Il pensiero simbolico nel paziente DCA

Tutti noi disponiamo della capacità simbolica, anche se ci sono patologie come quella dei DCA che invalidano proprio questa funzione, impedendo di accedere al pensiero simbolico bloccano la visione di aspetti della realtà che pertanto rimangono inconsci.

La psicoanalisi junghiana avvalendosi delle metodologie sopra descritte, persegue l’obiettivo di porre a giusta tensione le coppie di opposti che costituiscono la nostra psiche, al fine di produrre un’energia psichica (libido) in grado di elevare la coscienza dal torpore della patologia verso una vita più sana, autentica e curativa.

In generale quando la coppia di opposti che costituiscono l’asse Io-Sé è in congiunzione non possiamo che stare bene, quando questo non avviene, quando l’Io non contatta il Sé è probabile che ci sia un calo della libido e quindi anche del nostro benessere.

Dove c’è unilateralità, c’è patologia.

M. Mengheri

Eraclito e la Teoria dei contrari

Eraclito (Efeso, 535 a.C. – Efeso, 475 a.C.) antico filoso greco, vede nella connessione (messa in tensione) dei contrari, una legge segreta dell’armonia del mondo.

I contrari in quanto opposti lottano l’un l’altro (Polemos), ma non posso fare a meno dell’altro; niente esisterebbe se nello stesso momento non esistesse anche il suo opposto.

Per Eraclito il logos, la legge universale di natura, nasce proprio da questa messa in connessione degli opposti:

il mondo reale consiste in una combinazione equilibrata di tendenze opposte e dietro alla “lotta degli opposti” esiste un’armonia nascosta che È il mondo. È in questo senso logico, e non come massima militare, che bisogna prendere la sua affermazione “la guerra è la madre di tutto”.

Bertrand Russell[1]

Per Eraclito l’unità degli opposti (contrari), il continuo movimento e il fuoco generatore sono identificati con il Dio.

La divinità è giorno-notte, inverno-estate, guerra-pace, sazietà-fame. Ed essa muta come il Fuoco.

Eraclito (Frammento 67)

La teoria dei quattro elementi (aria, terra, acqua, fuoco) è per Greci il costituente originario del mondo sensibile, per Talete l’elemento originario era l’acqua (ingenerato, imperituro, indivisibile, immutabile), per Platone erano le idee iperuraniche, per Eraclito (secondo Aristotele) l’elemento originario era il Fuoco.

Nonostante la divergenza di opinioni vediamo come tornano gli opposti nella forma di acqua-fuoco e come Platone tenda a pacificare la questione, collocando il principio originario oltre il mondo sensibile, quindi nel Dio dei contrari.

Il fuoco di Eraclito è però da intendersi in senso metafisico, ovvero come principio sempre vivo e in continuo movimento, in ogni momento sempre diverso dal momento precedente, ma sempre uguale a sé stesso. L’arché: nascita-morte, inizio-fine, Mitos e Logos.
Da ricordare che anche la teoria atomistica di Democrito vede nel movimento l’arché.

In un frammento di Eraclito si legge: «Armonia contrastante come quella dell’arco e della lira».

Arco e lira entrambi costituiti dalla forma di mezzo cerchio unito da una corda, la retta che unisce i due estremi.
Vita e morte, Bìos (Vita) e Biòs (Arco), come vediamo il termine è lo stesso, cambia solo la posizione dell’accento.
L’arco è un’arma di difesa, di attacco, di protezione e di morte, arco è anche arco del tempo è avere ancora frecce al proprio arco, ancora vita da spendere.

Ancora qualche frammento per introdurre la lettura consigliata che suggerisco qui sotto, Eraclito: «La natura delle cose ama celarsi» e «L’Armonia nascosta è più forte di quella manifesta».

Lettura consigliata

Un breve riepilogo

I pazienti DCA esibiscono una forma di pensiero concreto che disattiva il pensiero simbolico, dal greco symbállō “metto insieme”. Il corpo diventa etereo, il pensiero no, rimane pesante e concreto. Possiamo intuire che il pensiero concreto possa costituire una difesa inconscia nel paziente DCA.

mercurio alchimia

Simbolo del mercurio igneo, maschile-femminile – wikipedia

Se l’attivarsi del pensiero simbolico consentisse al soggetto di mettere in congiunzione gli opposti, il dentro con il fuori, il concreto con l’astratto, la gabbia dorata della malattia, l’autoinganno, potrebbe venir scovata e l’identità dello stesso (il soggetto DCA si identifica inconsciamente con la malattia) ne sarebbe minacciata.

Lettura consigliata

L’evoluzione della coscienza

Lo psicologo Erich Neumann nel suo celebre volume “Storia delle origini della coscienza” illustra come la coscienza di un individuo possa evolversi per stadi che lo spingono all’individuazione:

Primo stadio: Uroboros e Grande Madre

La coscienza dell’Io si trova ancora a un livello infantile, la vita autonoma è sentita come opprimente e faticosa, l’individuo tende a rientrare nella Grande Madre, attraverso l’incesto uroborico vorrebbe dissolversi e lasciarsi assorbire.

Nota: un tratto che contraddistingue la fisionomia dell’anoressica è il corpo asessuato e di bambina.

Secondo stadio: Desiderio di emancipazione

Solo quando l’Io si pone al centro di se stesso e vuole consolidarsi autonomamente come coscienza di sé, la situazione originaria nel Uroboros materno comincia a incrinarsi.

Nota: l’adolescenza è un periodo critico, un periodo di separazione dai genitori per iniziare a trovare la propria strada, la propria indipendenza. L’anoressia spesso si manifesta proprio in questo periodo.

Terzo stadio: La lotta contro il drago

In questa fase incontriamo la lotta contro il drago uroborico che vorrebbe riassorbire il soggetto. Il drago non è solo madre, è sia madre che padre, sono i genitori originari che l’eroe deve uccidere.

Quarto stadio: L’uccisione dei genitori del mondo

L’eroe o eroina, inteso come il soggetto che tende a emanciparsi, a individuarsi, è caratterizzato dall’avere due padri e due madri. Due genitori personali e due genitori “sovrapersonali” o archetipici.

«In primo luogo è l’umanità, cioè il collettivo, che vede l’eroe come tale e lo considera generato da dio, perché egli devia dalla norma umana. Secondariamente questa idea che l’eroe abbia una duplice natura nasce dall’esperienza che l’eroe  ha di se stesso. In un primo momento è un uomo come gli altri, è terreno, mortale e collettivo; in seguito però oltre a questo egli sente se stesso come estraneo di fronte al collettivo; non solo, ma si accorge di avere in sé anche qualcosa che è costretto a chiamare estraneo, straordinario, divino, benché appartenga a ‘lui’ e sia quasi ‘lui stesso’.»[2]

Quinto stadio: La vittoria e l’individuazione

L’eroe/eroina, l’Io è chiamato a combattere il drago che scatena angoscia e terrore di essere sopraffatto, ma l’eroe ora può contare sull’aiuto del genitore “divino” e riesce a vincere il mostro. L’eroe come portare del nuovo deve uccidere l’antico.

Il paziente DCA in qualche modo è bloccato nel primo stadio, forse nella sua storia di vita probabilmente potrebbe metter piede nel secondo, ma l’angoscia nel procedere autonomamente nel mondo scatena nella psiche un ripiegamento uroborico verso il ri-assorbimento nel materno (fusionalità e Grande Madre). Il rapporto con la madre è pertanto conflittuale, pur rimanendo in fusionalità con la mdre, si rifiuta la maternità e il materno, così la psiche tiranneggia e il corpo si ammala.

rebis alchimia

Rebis alchimia, unione degli opposti

L’attivazione del pensiero simbolico e il passaggio di stato

La via per la cura deve anzitutto procedere partendo dal trovare il giusto setting tra terapeuta e paziente, solo quando le difese “autoingannatrici” saranno abbassate si potrà procedere instaurando un dialogo ermeneutico (Hermes), in grado di portare la coppia terapeuta-paziente oltre le difese dello stesso per vedere con occhi “svegli” la malattia, dunque aprirsi alla possibilità di cambiamento, all’attivazione del simbolo, alla congiunzione degli opposti, e dare nuovo senso alla vita.

L’archetipo della possibilità fa esistere l’immagine nella psiche, l’immagine può divenire realtà solo se prima ha avuto la possibilità di esistere, finché le immagini non sono accomodate nella mente non ne disponiamo. L’immagine che arriva nel sogno è quella più vicina alla nostra coscienza, se si assimilano prima e accomodiamo dopo (Piaget) l’immagine nella mente, andiamo incontro ad una crescita della nostra psiche e della nostra coscienza.

Mario Mengheri

Un libro sull’anoressia

Alla fine dell’intenso percorso di studi relativo al master sui Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA), ho pubblicato un volumetto per approfondire e comprendere il problema dell’anoressia.

Passa per di qua, tra mente e corpo, la via della cura verso il recupero degli opposti, scissi e in lotta tra loro, nella trasformazione salvifica di un pensiero concreto desiderante un corpo astratto (etereo, asessuato, effimero, leggero) nel pensiero astratto di un corpo concreto (solido ponte e tramite efficace, fucina, laboratorio creativo).

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Bibliografia

1 – Wikipedia, Divenire, https://it.wikipedia.org/wiki/Divenire, tratto il giorno 23/02/2021 da Wikipedia – L’enciclopedia libera, https://it.wikipedia.org
2 – E. Neumann, Storia delle origini della coscienza, Astrolabio-Ubaldini Editore, 1978, p. 131.

Pubblicato il
25 Febbraio 2021
Ultima modifica
23 Dicembre 2021 - ora: 18:12

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