Tempo per la lettura: 5 minuti
L’attenzione

Cos’è l’attenzione?

L’attenzione è la capacità della mente di scegliere un oggetto (stimolo) sul quale convogliare la propria concentrazione.

Photo by Drew Beamer on Unsplash

Esistono tre tipologie di attenzione:

  • divisa: quando l’attenzione è multipla su più oggetti contemporaneamente
  • sostenuta: attenzione prolungata per un periodo medio-lungo
  • focalizzata: quando l’attenzione è su unico oggetto

L’emisfero cerebrale destro si prende carico la gestione dell’attenzione attraverso l’attivazione i 3 network cerebrali quali:

  • Default Mode Network (DMN): la condizione del cervello in condizione di riposo o durante pensieri di tipo autoreferenziali
  • Central Executive Network (CEN): implicato nello svolgimento di compiti cognitivi
  • Salience Network (SN): impegnato nell’identificazione degli stimoli rilevanti

Dall’importanza dello stimolo individuato dal SN si attiva il CEN oppure si attiva il DMN se lo stimolo non è considerato rilevante.
Se il SN non è in grado di gestire e cogliere in modo armonico gli stimoli, si può generare iperattività a carico del CEN da cui possono conseguire patologie come la sindrome da deficit dell’attenzione/iperattività (ADHD).

Modelli teorici dell’attenzione

Uno dei primi modelli teorico rappresentativi dell’attenzione fu elaborato da Broadbent nel 1958 e prende il nome di: Teoria del filtro attenzionale precoce.

La teoria prevede l’esistenza di un “filtro attenzionale” che come un cancello lascia passare solo lo stimolo interessato e blocchi tutti gli altri.

Inizialmente tutte le informazioni sono immagazzinate, poi elaborate in parallelo, infine solo grazie al filtro selettivo alcune informazioni sono passate alla percezione, mentre le altre vengono cancellate.

Un altro modello sviluppato del 1961 è stato quello della Teoria del filtro attenzionale attenuato di Treisman del 1969. Anche in questo caso si parla di un filtro, ma non è pensato come un cancello di sbarramento, piuttosto come un gradiente che attribuisce una salienza (importanza) a tutti gli stimoli che coinvolgono l’individuo.

Secondo questa prospettiva tutti gli stimoli che raggiungono il filtro acquistano un grado di importanza, soltanto lo stimolo che ottiene il grado di importanza maggiore giunge a coscienza.

Il fenomeno attenzionale del cocktail party

Questo modello è molto utile e può spiegare fenomeni come quello del cocktail party.
Immaginiamo di essere ad una festa e che stiamo parlando con una persona. La nostra attenzione è quindi focalizzata sullo scambio di messaggi. Eppure intorno a noi c’è un brusio di fondo e numerosi stimoli che potrebbero distrarci.
In questo caso si dimostra come l’attenzione selettiva ci consenta di focalizzarci solo su qualcosa ignorando tutto il resto. Tuttavia la capacità di ignorare le informazioni vale fino a un certo punto: improvvisamente sentiamo un forte rumore che “distoglie l’attenzione”, un palloncino è scoppiato.

Photo by Antenna on Unsplash

Pur essendo focalizzati su quanto stavamo ascoltando, la nostra attenzione è stata catturata dal rumore improvviso del palloncino esploso.
Grazie alla Teoria del filtro attenzionale attenuato possiamo immaginare che il filtro abbia attribuito un punteggio di salienza maggiore al rumore dello scoppio, piuttosto che alla voce del nostro interlocutore; in questo caso si tratta di un fenomeno protettivo legato ai meccanismi di conservazione.

La cecità del cambiamento

La cecità da disattenzione è un fenomeno che si riscontra quando seppur siamo concentrati sull’oggetto, non ci accorgiamo che qualcosa sulla scena del focus attenzionale è cambiato.

Si tratta di un vero e proprio fenomeno di cecità legato a una distrazione (Cecità al cambiamento) oppure semplicemente a un calo dell’attenzione, disattenzione (Cecità da disattenzione).

L’attenzione e il carico di lavoro mentale

Ci sono alcuni mestieri come ad esempio il controllo del traffico aereo, che richiedono un alto livello di attenzione e concentrazione. Per monitorare le risorse cognitive che una persona ha a disposizione è stato sviluppato il concetto del Carico di lavoro mentale (Mental Workload) si tratta di una grandezza non direttamente osservabile, ma desumibile da alcune rilevazioni. Il Carico di lavoro mentale è una misura:

  • sensibile alla variazione delle risorse mentali
  • diagnostica
  • non invasiva

Il Carico di lavoro mentale dipende da alcuni rilevazioni quali:

  • la dimensione soggettiva dell’individuo
  • il livello di attivazione fisiologica
  • la struttura del compito

Un buon metodo per individuare il Carico di lavoro mentale è attraverso il paradigma del doppio compito.

Il paradigma del doppio compito

Si chiede a una persona di eseguire un compito (compito primario) prendendo nota dei risultati in termini di qualità e quantità. In un secondo momento la persona esegue lo stesso compito questa volta in parallelo ad un altro (compito secondario).
Alla fine si confrontano i risultati dei due compiti primari: se il risultato del compito primario è lo stesso in entrambi i turni, possiamo desumere che i due compiti, quello primario e quello secondario, non entrano in conflitto di risorse.
Al contrario se il punteggio del compito primario eseguito la seconda volta è più basso, allora si può ipotizzare un conflitto di risorse cognitive.

Il paradigma del doppio compito è utile anche a individuare le risorse residue, tramite la differenza tra il punteggio del compito primario, meno la somma del risultato del compito primario, più il risultato del compito secondario.

Attraverso questi studi possiamo determinare un carico di lavoro efficace, inevitabile, relativo alla struttura del compito, e un carico di lavoro inefficace, evitabile, relativo alla caratteristiche dell’operatore che possono migliorarsi con la pratica e l’esercizio.

Infine relativamente alle capacità residue possiamo concludere che mentre per Kahneman le risorse sono uniche, per Wickens (anni ’80) le risorse sono multiple, dimostrabile dal fatto che le risorse sono determinate da elementi diversi:

  • modalità di input, es: visivo o uditivo
  • il codice impiegato dal compito es: spaziale o verbale
  • gli stadi di codice dell’informazione

Per Wickens quindi esistono più serbatoi di risorse, teoricamente eseguendo due compiti bene possiamo attingere da due serbatoi diversi.

L’automazione adattativa per l’efficientamento dell’attenzione

Parliamo di automazione adattiva in presenza dell’esecuzione da parte di una macchina di funzioni eseguite prima da un essere umano.

Ricordiamo come l’impiego di queste forme di tecnologia sia utile a prevenire la sindrome da burnout, anche se è doveroso lasciare all’operatore umano un certo margine di controllo per evitare di cadere nell’alienazione.

Lettura consigliata

 

Pubblicato il
31 Dicembre 2021

Potrebbe interessarti