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Psicoanalisi, Neuroscienze e Medicina: Emozioni e trauma

La connessione tra psicoanalisi, neuroscienze e medicina rappresenta un territorio affascinante e complesso, dove le scoperte scientifiche e le intuizioni filosofiche si incontrano per esplorare le profondità della mente umana.

Le recenti ricerche hanno evidenziato come le strutture cerebrali, in particolare quelle dell’emisfero destro, giochino un ruolo cruciale nella regolazione emotiva e nell’elaborazione delle esperienze traumatiche.

Questo articolo si propone di esplorare questi concetti, unendo teorie neuroscientifiche e psicoanalitiche in un’analisi integrata.

Il cervello emotivo: l’emisfero destro come centro della regolazione affettiva

L’emisfero destro del cervello umano, in particolare la corteccia orbitofrontale, è stato identificato come un centro critico per la regolazione delle emozioni e delle risposte autonome.

Questa regione è profondamente connessa con strutture sottocorticali come l’amigdala, l’ipotalamo e l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene, che insieme formano un sistema integrato per la gestione dello stress e delle emozioni intense.

Secondo le ricerche di Cerqueira et al. (2008) e Schore (1994, 2000), la corteccia orbitofrontale destra rappresenta un sistema di regolazione centrale per l’elaborazione degli affetti, agendo come una sorta di “telefono rosso” per rispondere rapidamente alle sfide ambientali.

Questa struttura è fondamentale per la regolazione delle funzioni autonome come:

  • la frequenza cardiaca
  • la pressione sanguigna
  • la respirazione

Queste funzioni sono essenziali per il mantenimento dell’omeostasi durante situazioni di stress.

Risposte al trauma: attivazione e dissociazione

Il modello bifasico di risposta al trauma

Il trauma attiva inizialmente il sistema nervoso simpatico, generando una reazione di allerta, attacco o fuga. Se la minaccia persiste o è percepita come ineluttabile, subentra una risposta dissociativa.

Questa strategia psicobiologica consente di scollegarsi momentaneamente da ciò che è troppo doloroso da elaborare.

Bion definiva questi contenuti come “bocconi indigesti”, esperienze non digeribili emotivamente che restano congelate nei meandri del subconscio. A lungo termine, questa dissociazione può dar luogo a:

  • ansia cronica
  • depressione resistente
  • disturbi dissociativi

Esempio clinico

Un paziente che ha subito abusi nell’infanzia può, da adulto, reagire con blackout emotivi o comportamenti impulsivi, senza sapere esattamente da dove provengano. Questi comportamenti sono spesso guidati da memorie implicite non integrate, che rappresentano complessi autonomi influenzanti il comportamento.

L’affettività come fondamento della personalità

Carl Jung sottolineava:

“Il fondamento essenziale della nostra personalità è l’affettività. Pensiero e azione non sono che sintomi dell’affettività.”

Questa intuizione è stata scientificamente confermata da Allan Schore, secondo cui le esperienze affettive precoci sono determinanti per lo sviluppo dell’identità, dell’autoregolazione e della resilienza.

L’interazione empatica con il caregiver nei primi anni di vita plasma le strutture neurali dell’emisfero destro, radicando la capacità di riconoscere e regolare gli stati emotivi.

Polarizzazione e frammentazione sociale

Dalla mente individuale alla società

Il meccanismo della dissociazione può rispecchiarsi anche a livello collettivo. Le crisi globali – come la pandemia COVID-19 o i conflitti geopolitici  – hanno accentuato le polarizzazioni sociali.

Queste manifestazioni sono l’equivalente collettivo delle scissioni interne: difese primitive contro realtà troppo ansiogene da elaborare.

“Quando la mente non può integrare, frammenta.” – principio valido sia per l’individuo che per i gruppi sociali.

Un parallelo interessante

Così come la psiche dissociata oscilla tra fasi iperattive e stati di ritiro, anche le società moderne vivono tra estremismi ideologici e anestesia collettiva.

La connessione tra psicoanalisi, neuroscienze e medicina aiuta a comprendere questi fenomeni con uno sguardo interdisciplinare.

Verso l’integrazione

L’integrazione delle parti dissociate della psiche — incluse le memorie traumatiche e i complessi autonomi — è cruciale per il benessere individuale e sociale. È necessario facilitare un dialogo interno tra le diverse parti del sé, come suggerito dalla psicologia junghiana e supportato dalle neuroscienze affettive.

La connessione tra psicoanalisi, neuroscienze e medicina non è solo una metafora accademica, ma un approccio concreto che offre nuove prospettive per la cura dei traumi e la promozione della salute mentale.

Risorse utili

Per approfondire l’impatto delle neuroscienze sulle terapie psicodinamiche, si consiglia la lettura del seguente articolo: Neuroscience and Psychotherapy – Frontiers in Psychology

Ringrazio AIRP per aver ispirato questo articolo in occasione del master “I teatri dell’anima”.

Pubblicato il
18 Maggio 2025

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