Meditare è trasformazione, ma cos’è veramente la meditazione e come possiamo viverla in modo autentico, oggi?
La meditazione viene spesso considerata un fatto “orientale”, spirituale, a volte persino esotico. Ma è davvero così?
O forse è una risorsa universale che parla a ogni essere umano, oltre ogni cultura?
In questo articolo
Da Cartesio allo yogin: cosa ci viene in mente quando parliamo di meditazione?
Quando si nomina la parola “meditazione”, raramente ci viene in mente un filosofo europeo del Seicento, come Cartesio. Eppure, nel 1641, proprio lui pubblicò il trattato Meditationes de prima philosophia, una pietra miliare della riflessione occidentale.
Il reale che genera angoscia

Lo strutturalismo di Lévi-Strauss come struttura autosufficiente al di sopra del soggetto Lévi-Strauss è stato uno dei più grandi antropologi del ‘900, ripreso da Lacan per le sue ultime teorie.
L’immaginario moderno, soprattutto in ambito yoga, associa la meditazione non al pensiero razionale, ma al silenzio interiore: un praticante seduto, il corpo immobile, lo sguardo rivolto all’interno, il respiro che fluisce con naturalezza.
Oggi, il significato di “meditare” è passato da “riflettere intensamente” a un’esperienza meno definibile, più intuitiva, legata a simboli come il mandala, a pratiche sonore come i mantra, e soprattutto alla ricerca del centro di sé.
Questo spostamento semantico è il segno di un cambiamento culturale profondo, che ci accompagna verso una dimensione del sentire, più che del pensare: meditare è trasformazione.
In questo senso, la meditazione è davvero il silenzio che trasforma.
L’occidente e l’ossessione dell’agire
Viviamo in un mondo orientato al fare, il valore dell’individuo è spesso misurato sulla base di ciò che produce, ottiene, cambia. In questo contesto, fermarsi appare come un atto quasi rivoluzionario, se non addirittura una perdita di tempo.
Ma è proprio in questa pausa che si apre lo spazio della meditazione.
Meditare è sospendere l’azione. Non per rifiutarla, ma per osservare ciò che siamo quando non agiamo.
La difficoltà sta nel nostro presupposto implicito: ci identifichiamo con il nostro corpo, con i nostri sentimenti, con i nostri pensieri. Ma la meditazione nasce dalla domanda opposta: e se noi non fossimo solo questo?
Questo interrogativo, così semplice, è anche dirompente. Ci costringe a riconoscere che l’azione, per quanto nobile, non può sostituire la conoscenza di sé. Per questo, la meditazione è il silenzio che trasforma.
Meditazione come sospensione dell’ego e trasformazione di sé
Uno degli ostacoli principali alla meditazione è l’ego, inteso non come orgoglio, ma come insieme delle abitudini mentali, delle reazioni emotive, dei giudizi automatici che governano le nostre giornate.
Per meditare, occorre spostare lo sguardo dal sé individuale al sé impersonale, dal controllo all’ascolto.
Nell’induismo, questo sé impersonale è l’Atman, il principio divino presente in ogni essere. Nel buddhismo, è il continuo fluire dei fenomeni, privo di un io stabile. In entrambi i casi, meditare significa disidentificarsi da ciò che è mutevole e contingente.
La domanda all'origine dell'essere umano

Mi avvalgo di un aneddoto personale a introduzione di questo articolo. Parlando di origini, se provo a pescare nella mia memoria il ricordo più vecchio ne trovo uno di quando
C’è un termine sanscrito, Sakshin, che significa “testimone”. È quella parte di noi che osserva tutto senza essere coinvolta, senza giudicare. Meditare è dare spazio a quel testimone silenzioso.
Dharana: il potere della concentrazione
La dharana, uno degli otto anga dello yoga di Patanjali, è la concentrazione profonda su un punto o simbolo. Ma quel simbolo non è mai solo un oggetto esterno: è un territorio interiore, una porta verso livelli più profondi della coscienza.
Prendiamo il loto del cuore, immagine centrale nella spiritualità indiana. La sua forma, la sua purezza, il suo fiorire oltre l’acqua, evocano il percorso di elevazione dell’anima. Allo stesso modo, in Occidente, la rosa racchiude simboli di amore, passione, misticismo, trasformazione.
Stadio di completamento nel tantra

Nel tantra ricordiamo che lo stadio di completamento avviene in seguito a quello di generazione, quest’ultimo si divide in grossolano e sottile. Lo stadio di generazione grossolano differisce da quello
Concentrarsi su queste immagini non è un esercizio di immaginazione, ma un’esperienza di conoscenza sintetica e unificata, in cui l’oggetto e il soggetto si fondono. È una via concreta per realizzare che la meditazione è il silenzio che trasforma.
Vipassana e presenza mentale: l’approccio buddhista
Nel Satipatthana Sutta, il Buddha descrive una pratica fondata sulla presenza mentale totale: osservare il corpo, le emozioni, i pensieri, i desideri… senza giudizio.
“Quando in me c’è desiderio, lo so. Quando non c’è, lo so.”
Questa è la base della vipassana, la meditazione di visione profonda. Oggi la chiamiamo anche mindfulness, ma la sua origine è antichissima. Il suo obiettivo non è il silenzio, né l’immobilità, ma la consapevolezza pura, nuda, non condizionata.
A differenza dello yoga classico, qui non si cerca di sospendere la mente, ma di osservarla fino a disidentificarsi da essa. È una strada parallela, ma con lo stesso scopo: uscire dall’ego, accedere a una realtà impersonale, fluida, libera.
Link di approfondimento: Satipatthana Sutta – Traduzione italiana
Meditazione nell’azione: insegnamenti dalla Bhagavad Gita
Secondo la Bhagavad Gita, non è necessario abbandonare il mondo per realizzare se stessi. L’importante è agire senza attaccamento, come se l’azione fosse un sacrificio, un’offerta.
“Anche agendo, in realtà non fa alcunché.” – Bhagavad Gita, IV, 20
Questo è il karma yoga, che ci insegna a vivere la vita quotidiana con uno sguardo meditativo. Non si tratta di escludere l’agire, ma di purificarlo dalle aspettative, dall’ansia, dal desiderio di controllo.
È la forma più difficile e più completa di meditazione: agire nel mondo senza essere del mondo.
La visione di Krishnamurti: la luce interiore
Jiddu Krishnamurti rifiuta ogni autorità esterna, ogni metodo, ogni dogma. Per lui, la vera meditazione nasce solo da una totale attenzione al momento presente.
“Dare completa attenzione a ciò che fate… è parte della meditazione.”
Il suo insegnamento ci ricorda che nessuno può meditare al nostro posto. Nessun maestro, nessuna tecnica. La meditazione autentica è l’arte di vivere nel presente, senza confronto, senza paura, senza desiderio.
Libro consigliato: Questa luce in se stessi – J. Krishnamurti (Astrolabio-Ubaldini)
La meditazione è il silenzio che trasforma
In tutte le tradizioni esplorate – induista, buddhista, contemporanea – la meditazione non è evasione, ma profonda immersione nella realtà. Una realtà non più deformata dall’ego, dal giudizio, dal controllo.
Ogni via propone strumenti diversi: dharana, vipassana, karma yoga, presenza mentale… Ma la meta è sempre la stessa: un contatto diretto con l’essere, con ciò che è eterno, impersonale, silenzioso.
La meditazione è il silenzio che trasforma. E trasformandoci, ci restituisce alla vita – finalmente presenti.
Fonti e approfondimenti

Psicologo, Guida in pratiche Meditative, Facilitatore in Mindfulness (ric. IPHM), Master DCA (Disturbi del Comportamento Alimentare), Master in Sessuologia Clinica, Master in Linguaggi della Psiche, Conoscitore in psicosomatica